2022-09-07
La ricetta horror di Amato per imporci i sacrifici: la dittatura degli scienziati
Giuliano Amato (Imagoeconomica)
Il presidente della Consulta straparla di ambientalismo come argine al sovranismo. Poi spara: «Servono nuovi diffusori di una cultura egemone verde». Poveri noi.Se lo dice Giuliano Amato, forse è il caso di iniziare davvero a preoccuparsi. L’intervista che ha rilasciato ieri a Repubblica iniziava così: «Siamo dinanzi alla sfida più difficile che l’umanità abbia mai dovuto affrontare nella lunga storia di questo pianeta: la sopravvivenza della specie». Immediati i brividi lungo la schiena. Certo, verrebbe da dire che - in realtà - da quando esiste l’homo sapiens lotta per non scomparire. Per altro, nel corso degli anni Amato ci ha messo del suo al fine di rendere più complicata la lotta per la sopravvivenza: il prelievo notturno dai conti correnti che tutti ricordano non ha di sicuro agevolato la serena permanenza degli italiani sulla Terra. Comunque sia, possiamo apprezzare la nuova, apocalittica incarnazione del presidente della Corte costituzionale: egli si è scoperto profeta dell’ambientalismo. Chiamatelo Giuliano Thunberg. Da una parte, non possiamo non ammirarlo: come nessun altro Amato sa cogliere lo spirito del tempo, e poiché ora va il verde egli - come Terminator - si rigenera e si ripresenta sotto forma di ecologista radicale. Va detto però che la sua preoccupazione per il futuro dell’ambiente e dell’umanità appare sincera. A ben vedere, infatti, egli ha tutto l’interesse a far sì che il mondo non vada a fuoco nel breve periodo: così potrà conservare almeno un posto di potere il più a lungo possibile.Ma se non abbiamo dubbi sul fatto che egli abbia a cuore il benessere degli alberi, ci viene qualche sospetto in più sul fatto che possa essere interessato a tutelare il nostro, di benessere. Il fatto è che le sue esternazioni green suonano leggermente inquietanti. Il nostro eroe spiega con soddisfazione che «con le recenti modifiche costituzionali per la prima volta è entrato nella Carta il tema del cambiamento climatico». Ora, il fatto che la Costituzione - con la modifica degli articoli 9 e 41 - tuteli anche «l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni», si occupi degli animali e stabilisca che le imprese debbano evitare di arrecare danni alla salute e all’ambiente non è necessariamente una brutta cosa. Leggermente più discutibile è il fatto che Amato sposti subito lo sguardo sulla lotta alle emissioni, cosa che potrebbe influire non poco sul destino di tante aziende italiane. Soprattutto, l’intervista concessa a Repubblica ci sembra più che altro un modo per ribadire quale sia la linea da seguire da qui ai prossimi anni: dovremo contribuire tutti alla rivoluzione verde, che ci piaccia o meno. Anche se le conseguenze drammatiche della transizione ecologica accelerata le stiamo già sperimentando e stiamo pagando caramente la svolta green dell’Unione europea. Ci viene da pensare, di conseguenza, che a breve potremo dover subire anche di peggio. E gli indizi in questo senso non mancano. Amato, ad esempio, dice che le orrende pale eoliche contro cui Vittorio Sgarbi si batte da una vita sono tutto sommato benvenute, perché ci servono a mantenere l’aria respirabile anche se deturpano il volto dell’Italia. In compenso, però, egli non gradisce alcune cose fatte in Africa. «Il Congo», dice, «ha foreste che sono patrimonio dell’umanità, ma pochi mesi fa ha messo a gara una trentina di concessioni di ricerca di idrocarburi». Uscita davvero curiosa: probabilmente il caro Giuliano non ricorda che, qualche mese fa, furono proprio Mario Draghi e Luigi Di Maio a organizzare una strabiliante missione in Congo al fine di stringere accordi per aumentare le forniture energetiche, così da «emanciparci dal gas russo». Che si trattasse di una trovata surreale non ci sono dubbi, ma forse è il caso di chiarirsi un pochino le idee, che ne dite? Se non vuoi rovinare le foreste degli africani, allora puoi evitare di chiedergli più forniture energetiche, no? Tuttavia che i discorsi di Amato appaiano contraddittori non importa granché, perché il messaggio da lui recapitato è cristallino: toccherà sacrificarsi in nome dell’ambiente. O, meglio, toccherà seguire ciò che dall’alto ci verrà presentato come tutela ambientale. E di fronte a questo genere di imposizioni, a nulla servirà evocare l’interesse nazionale. Il novello Signor Thunberg non lascia spazio a fraintendimenti: «Tutto ciò che riguarda l’ambiente cancella il sovranismo. Ovunque viviamo, abbiamo tutti lo stesso destino: se continuiamo a usare il carbone là, si inquina l’aria di qua. Non esistono più confini». A nulla servirebbe far notare che invece i confini esistono, che ogni nazione è diversa dall’altra e che sono diversi pure i territori (e che, per inciso, un nuovo impulso al carbone lo ha dato ancora una volta Draghi sempre per sopperire alla mancanza di gas). Le politiche green devono valere per tutti, ovunque, e pazienza se ci manderanno in rovina. Amato, però, non è stupido, anzi. Egli sa che certi diktat potrebbero suscitare opposizione. Si dice convinto che nelle democrazie si debbano far osservare le regole «per convinzione, non per costrizione» (lo vada a dire a chi ha ancora l’obbligo di vaccino). E per convincere tutti, come si fa? Semplice: bisogna costruire una nuova «cultura egemone». Il compito non è facile, ammette il saggio Giuliano, poiché oggi non ci sono più «quei grandi persuasori di massa che erano i partiti politici», quindi occorre trovare «nuovi diffusori e nuovi meccanismi di diffusione». A tale riguardo, «un ruolo fondamentale è esercitato dalla scienza». Servono, insomma, scienziati che convincano la popolazione ad agire nel modo corretto per perseguire il bene comune. Si potrebbe anche, suggerisce Amato, «costruire una nuova cultura egemone» sfruttando i milioni di persone impegnate nel volontariato. Tradotto: poiché non si può fare esplicitamente ricorso a metodi autoritari, bisogna spingere più o meno gentilmente le persone ad accettare le regole del gioco di volta in volta stabilite da chi sta al comando. Le istruzioni sono come comportarsi debbono essere iniettate nella società utilizzando alcuni «diffusori», cioè gruppi che siano già propensi ad aderire al pensiero prevalente. In questa maniera, si riuscirà a far digerire alla popolazione il regime green. Niente male come piano, vero? A questo punto, per completare la mutazione, Amato dovrebbe organizzare un bell’incontro con Greta. Immaginiamo il formidabile dialogo. Lei: «Ci avete rubato il futuro!». Lui: «E non hai ancora visto niente!».