2021-01-06
La riapertura delle scuole è nel caos. Ma per la Azzolina è tutto a posto
Il ministro esulta: «L'11 i liceali tornano in classe, la politica non può impedirlo. Il trasporto? Problemi risolti». Le Regioni, però, si ribellano e stilano tutte calendari diversi. Ed è rischio abbandono per 34.000 studenti.Si riparte il 7 gennaio. Anzi no, l'11. Ma in ogni caso bisogna aspettare le decisioni dell'8. Magari si torna il 25. Tutti in classe, o solo la metà. Ma in taluni casi solo da casa. La questione delle riaperture delle scuole offre una plastica rappresentazione del metodo di governo giallorosso: tutti parlano, nessuno decide, quando si decide poi comunque si torna indietro, il cerino passa alle Regioni, ma se le Regioni fanno da sé si denuncia il sabotaggio. Sta di fatto che capire qualcosa di un evento centrale nella vita di milioni di famiglie a poche ore dalla scadenza è quasi un'impresa. Cerchiamo quindi di venirne a capo. Il Consiglio dei ministri di lunedì ha deciso che le scuole elementari e le medie, oltre a quelle dell'infanzia, riapriranno regolarmente domani, 7 gennaio, come da protocollo. Le superiori, invece, riprenderanno le lezioni in aula a partire dall'11 gennaio, ma con presenze al 50%. Decisione, quest'ultima, che è comunque suscettibile di essere rimessa in discussione qualora i dati epidemiologici sui contagi di venerdì fossero allarmanti. Per sapere come debbano comportarsi gli studenti delle superiori nei giorni 7, 8 e 9 (nelle scuole che hanno lezione anche il sabato), c'è voluto che il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, contattasse il ministro Lucia Azzolina, sentendosi rispondere che sarebbe in arrivo una circolare ministeriale per chiarire che in quei giorni gli istituti superiori saranno aperti, ma solo in didattica a distanza al 100%. Per sapere se le disposizioni dell'11 riguardino tutte le superiori, a prescindere dal colore della Regione di appartenenza, tuttavia, bisogna fare affidamento alle solite fonti governative rimbalzate sui media. Veniamo così a sapere che, per il ministero dell'Istruzione, il ritorno in presenza della metà degli studenti nelle scuole superiori riguarderà sia le regioni gialle che quelle arancioni, anche se il ministero della Salute frena sulle arancioni. Il rischio di diventare arancione riguarda Lombardia, Veneto, Liguria, Puglia, Basilicata, Calabria, Emilia Romagna, Sicilia e Friuli Venezia Giulia. Nessuna, al momento, rischia di diventare Regione rossa, dove eventualmente le lezioni in presenza sarebbero comunque sospese. In questa babele di regole, cavilli, detti, non detti e spifferi, i governatori fanno da sé, con ordinanze ad hoc. In Veneto, Friuli e Marche, le superiori non torneranno in aula prima del 31 gennaio. In Piemonte, il 18. Stesso giorno in cui, in Campania, sarà valutata la possibilità del ritorno in presenza per l'intera scuola primaria, e successivamente, dal 25 gennaio, per la secondaria di primo e secondo grado. La scuola dell'infanzia e i primi due anni delle elementari torneranno in presenza l'11 gennaio. Il Trentino Alto Adige torna domani, ma con un'altra percentuale: saranno in classe il 75% degli studenti. La Valle d'Aosta intende invece far tornare anche gli studenti delle superiori tra i banchi a partire da domani. In Calabria sono addirittura i sindaci che fanno da sé, ognuno con un'ordinanza diversa. Abruzzo e Molise sono pronti ad alzare la soglia degli studenti delle superiori in classe al 75% a partire dal 16 gennaio. In Sardegna non si tornerà in classe prima del 15 gennaio, che forse slitterà al 18 o addirittura al 1° febbraio. Puglia e Liguria non hanno ancora deciso, mentre Lazio, Toscana, Lombardia, Sicilia, Emilia-Romagna, Basilicata e Umbria seguono la direttiva del governo. Se questo è il quadro, il pittore deve essere quanto meno un cubista. In tutto questo, Lucia Azzolina, a cui il problema è sfuggito di mano da quel dì, cerca di uscirne facendo poesia: «È evidente a tutti che una mancata scuola in presenza favorisce delle problematicità. La didattica in presenza è un'altra cosa, la scuola è vita, amicizia, guardarsi negli occhi, sorridere, ecco perché è evidente che lasciare a casa gli studenti davanti ad un computer genera una serie di problematicità. Il ritorno a scuola l'11 gennaio per gli studenti superiori metterà fine alla didattica a distanza, perché la scuola non è solo imparare qualcosa. Gli studenti hanno diritto di tornare a scuola, né la politica né la pandemia possono impedirlo», ha detto a Rainews24 il ministro, secondo il quale «il problema non è più il trasporto» visto che «il governo ha fatto un lavoro enorme con i prefetti affinché si possa ritornare in classe». La Azzolina ha aggiunto: «Se si hanno contagi altissimi posso anche capire. Le Regioni hanno la possibilità di cambiare data di ritorno. Ne hanno competenza. Ma allora se si chiude la scuola si deve chiudere tutto il resto, anzi la scuola dovrebbe essere l'ultima a chiudere. Se i contagi non sono alti, e ne abbiamo territori così, la scuola deve restare aperta: decisioni diverse non sarebbero comprese; la scuola ha un ruolo fondamentale, parliamo del futuro delle giovani generazioni che devono essere nel cuore delle istituzioni».Nel frattempo, un'indagine condotta da Ipsos su un campione di studenti tra i 14 e i 18 anni evidenzia un rischio di dispersione scolastica per «almeno 34.000 studenti delle superiori». Il 28% degli studenti dichiara infatti che almeno un loro compagno di classe dal lockdown di questa primavera ad oggi avrebbe smesso di frequentare le lezioni. Secondo gli adolescenti intervistati, tra le cause principali delle assenze dalla Dad, vi è la difficoltà delle connessioni e la fatica a concentrarsi nel seguire la didattica dietro uno schermo.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)