2022-01-07
La realtà ormai è diventata superflua. È vero solo ciò che è utile al potere
Dalle misure emergenziali che entrano in vigore tra un mese ai presunti no vax che rifiutano le cure. Nessuno si fa più domande: basta che una notizia alimenti la narrazione dominante per essere accettata. Nei mesi scorsi molti illuminati commentatori si sono messi d’impegno a spiegare come e perché i no vax veri o presunti siano disposti a credere a baggianate scovate su Internet o a sciamani di vario ordine e grado. Hanno voluto descriverci, costoro, una minoranza di creduloni pronta a bersi qualunque idiozia, incapace di guardare negli occhi i fatti e accettarli. A ben vedere, tuttavia, le difficoltà nel rapporto con il reale riguardano ben più di un ottuso gruppetto di fanatici. Anzi, sembra che la scomparsa della realtà sia la prima regola del Nuovo ordine pandemico. Nel discorso pubblico, cioè nella parodia di dibattito sulla gestione del Covid attualmente in corso, non conta più che una dichiarazione sia attinente ai fatti o sia, banalmente, vera. Ciò che importa è la sua utilità al discorso dominante. Josef Pieper, filosofo tedesco che fu maestro e amico di Joseph Ratzinger, aveva perfettamente descritto situazioni simili nel 1985 (in una conferenza ora racchiusa nel libretto Abuso di parola, abuso di potere). Quando la parola diviene strumento di potere, spiegava, essa viene «snaturata e degradata a una sostanza, a una droga per così dire, da somministrare». Pieper si era soffermato con particolare attenzione sul ruolo del giornalismo: «La parola dell’informazione», scriveva, «una volta affrancatasi sostanzialmente dalla norma di verità, diventa per natura uno strumento disponibile che attende solo di essere preso in mano da un potente e di essere poi impiegato per scopi violenti di qualunque tipo». È precisamente ciò che sta accadendo. A poche ore dalla proclamazione dell’obbligo vaccinale dai 50 anni in su, sembra che l’evidenza non importi ad anima viva. Le nuove norme prescindono quasi deliberatamente dalla reale situazione dell’Italia. La stampa le presenta addirittura come timide, ma comunque necessarie ad affrontare l’emergenza. Eppure l’obbligo entrerà in vigore fra più di un mese, i primi nuovi vaccinati con tre dosi li vedremo forse in estate, dunque è chiaro che la stretta non avrà alcun impatto sulla pandemia nel breve periodo. Perfino il sottosegretario Pierpaolo Sileri, parlando a Zona bianca mercoledì sera, si è fatto sfuggire che l’obbligo potrebbe servire ad affrontare future «nuove varianti». Insomma, siamo dichiaratamente nell’ambito dell’emergenza immaginaria. Dopo l’uscita di Sileri, l’altra sera, non si è mossa foglia. E non stupisce, perché ormai questa è la regola: tutto ciò che rafforza il discorso dominante va bene, senza se e senza ma. Se ci pensate, è piuttosto sconvolgente: da qualche anno a questa parte non sentiamo parlare che di «lotta alla fake news». Abbiamo assistito al proliferare di commissioni di controllo e verifica, di siti «anti bufale». Siamo pieni di «sbugiardatori» professionisti in servizio permanente. Non risulta, tuttavia, che qualcuno fra questi si sia mai preoccupato di mettere in dubbio la narrazione di governo, anche le più clamorose contraddizioni vengono ingoiate senza fare un plissé. Tutti i principali giornali, tanto per fare un esempio, hanno ripreso la presunta notizia di un no vax che avrebbe rischiato di perdere un braccio per esserselo stretto con lacci emostatici subito dopo la temuta puntura, al folle scopo di non far circolare il vaccino. Fonte della storia? Un tizio a caso su Twitter. Il quale, da noi stuzzicato, non ha fornito prove né chiarimenti, ma si è limitato a deliranti accuse di «fascismo». Per farla breve, vale tutto. Il sacerdote che invita a non discriminare i non vaccinati riceve subito dai media l’infamante patacca di no vax, e nessuno che cerchi di capire che cosa abbia detto davvero. Un cinquantenne con evidenti problemi psichici aggredisce un’infermiera mordendole un dito? È subito «no vax morde infermiera». Non servono prove, non sono necessarie verifiche. Non contano più nemmeno i dati. Sempre questa settimana tutti i quotidiani hanno sfornato titoloni sui «no vax che rifiutano le cure». Quanti? Dove? Come? Chissenefrega. A rendere vera l’affermazione basta il fatto che tutti la scrivano. «Se non ci fossero i no vax gli ospedali sarebbero vuoti», dice uno stimato giornalista in televisione, e tutti annuiscono. Peccato che circa la metà degli attuali ricoverati nei reparti ordinari e circa il 30% di quelli in terapia intensiva siano vaccinati anche con due o tre dosi. Ma non importa, perché la realtà non conta un fico secco. Peggio: chi la invoca disperatamente nel tentativo di costruire un dibattito un filo più serio è guardato come un rompiscatole, un cacadubbi, un cavillatore incontentabile. «A voi non va mai bene nulla!», grida il politico sedicente liberale. Sarà: in compenso a lui va bene ogni cosa, si beve tutto con l’imbuto ed è contento così, come purtroppo la gran parte dei suoi colleghi a ogni latitudine. Ciò che interessa ai politici e ai monopolisti dell’informazione, in questa fase, è unicamente la demonizzazione del nemico non vaccinato, anch’essa ovviamente scollegata in toto dai fatti. Si può dire che i perfidi renitenti contagiano, impestano, uccidono, sabotano. Che vanno presi a bastonate, che meritano di finire in rianimazione e di pagarsi le cure, che non sono degni di entrare in banca o in posta. Se oggi comparisse in video Orson Welles ad affermare che i no vax in combutta con i marziani stanno avvelenando gli acquedotti, l’intera macchina mediatica lo prenderebbe sul serio in un lampo. In quest’era di finzione totale, non resta che abusare degli autori di fiction come George Orwell. «Una società», scriveva, «diventa totalitaria quando la sua struttura diventa palesemente artificiale: ovvero quando la classe dominante ha perso la propria funzione ma riesce a tenersi aggrappata al potere con la forza o con l’inganno». Qui si comincia a utilizzare entrambi.