
«Unomattina» ha 100.000 spettatori in meno. Deludente pure «Oggi è un altro giorno».Partenza lenta ma nessuna critica. Nella Rai giallorossa tutto è più facile e l'auditel non sembra fare la differenza: come per il governo l'importante è galleggiare. Eppure lo sparo dello starter nei programmi più attesi della stagione ha colto gli spettatori in sonno, meno presenti dello scorso anno. Una fuga preoccupante che fra qualche settimana potrebbe diventare imbarazzante. Le due ammiraglie di Raiuno, Unomattina e Oggi è un altro giorno hanno numeri negativi e viaggiano con due punti in meno di share rispetto agli omologhi del 2019, rivoluzionati perché «troppo sovranisti» dall'ad Fabrizio Salini.Unomattina condotto da Marco Frittella e Monica Giandotti, è partito con 760.000 spettatori e uno share del 16,43%, sotto di quasi 100.000 telespettatori rispetto al gemello dello scorso anno, guidato da Roberto Poletti e Valentina Bisti. Si tratta del buongiorno di Rai1, il contenitore più prestigioso, con un pubblico solido, difficilmente scalfibile. Eppure è partito piano nonostante le aspettative: Frittella è un giornalista di lungo corso, un monumento Rai, duttile e preparato, e la Giandotti è una conduttrice esperta, che per anni ha guidato Agorà Estate su Rai3. Volto fra i più riconoscibili di Rai3, si era fatta le ossa ad Anno Zero con Michele Santoro. L'estrazione politica gauchiste è ferrea, il curriculum è una garanzia, ma per ora i numeri piangono. Gli esperti di talk show hanno già individuato le lacune del format, troppo spezzettato e troppo caratterizzato proprio dalla conduttrice col turbo, accentratrice sui temi e poco rispettosa nella divisione degli spazi con il partner, caratteristica che provoca squilibri e confusioni.Per niente migliori i dati di Oggi è un altro giorno, il contenitore del primo pomeriggio di Rai1, privo del volto ormai classico di Caterina Balivo (il programma si chiamava Vieni da me), sostituita da Serena Bortone, anch'essa in arrivo dall'Agorà di Rai3. Il messaggio politico è lampante, la sinistra un tempo di lotta è salita in tutto e per tutto sull'ammiraglia. Ma i dati sembrano quelli sul giro dell'ultima, malinconica, Ferrari: 1.295.000 telespettatori per uno share del 9,99%, due punti in meno della Balivo che un anno fa certificava 1,5 milioni di affezionati spettatori con uno share dell'11,88%. A giustificazione della Bortone, la partenza concomitante di Uomini e Donne, l'astronave di Maria De Filippi su Canale 5. A portare via telespettatori c'è anche la concorrenza di Rai2 con la gara ciclistica Tirreno-Adriatico. Evidentemente alla Bortone non hanno portato fortuna le prime ospiti, Milly Carlucci e la discussa modella di Gucci, Armine Harutyunyan. Svuotata dalle due ladies, Agorà su Rai3 è stata affidata a Luisella Costamagna. Il programma che accende la giornata della terza rete lunedì scorso ha raggiunto 413.000 persone (55.000 in meno del 2019) con uno share del 7,92%. Ancora sotto, ma un po' meglio delle colleghe impegnate sulla rete principale della tv di Stato. Unica partenza lanciata è quella della Vita in diretta, sempre Rai1, condotta da Alberto Matano (e senza l'epurata Lorella Cuccarini), che ha battuto Pomeriggio 5 di Barbara D'Urso per oltre 150.000 spettatori. Il dato generale, ovviamente ancora tutto da consolidare, è facilmente intuibile: il travaso da Rai3 a Rai1, fortemente voluto dall'azionista governativo e dall'esecutore materiale degli ordini Salini, per ora non convince il pubblico. Linguaggi diversi, ritmi diversi. La cosiddetta Rai sovranista andava meglio, ma non c'è problema: basta parlarne poco e considerare i numeri un insignificante accessorio.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.