2022-03-23
La rabbia dei profughi: «Stipati nello sporco»
Aumentano gli ucraini in fuga dalla guerra, ma l’Italia non sa dove piazzarli e li dà in mano a coop spesso senza scrupoli. A Torino mamme e bimbi sistemati in strutture fatiscenti, il console protesta. Fuori dal coro mostra il degrado in Veneto.Aumentano i profughi in arrivo, crescono le perplessità su come accoglierli. Perché mancano strutture idonee, non ci sono molte cooperative disposte a sobbarcarsi servizi anche di mediazione linguistica e culturale, chiedono più soldi. Un esempio, il 90% delle 134 associate a Legacoop Veneto ha deciso di non partecipare ai bandi prefettizi, vogliono ben altri fondi che i 28 euro erogati al giorno per profugo. Fanno 10.000 euro l’anno, che moltiplicati per i circa 800.000 ucraini attesi nel nostro Paese, sono una montagna di soldi. Eppure sembrano non bastare.E già nascono le prime segnalazioni per come vengono gestiti i centri. È accaduto a Torino, nell’ex hotel Tre re di Chieri, dove mamme con bambini arrivati da Kiev sabato pomeriggio hanno trovato sistemazione in una struttura fatiscente. Dopo essere stato chiuso per quindici anni, l’albergo è ora in mano della cooperativa Liberi tutti, che si occupa di ucraini scappati dalla guerra, in base agli accordi con la prefettura locale. Ci sono «termosifoni rotti, bagni senza luce e docce a pezzi», denunciava ieri sulla Stampa il console ucraino Dario Arrigotti, rilevando pure l’assenza di una cucina e sporco ovunque. «Non è una soluzione dignitosa», protestava il funzionario, «mi chiedo come abbia potuto la cooperativa candidare quella struttura per l’ospitalità». Capita da altre parti. In Veneto, la troupe di Fuori dal coro ieri ha mostrato il degrado in cui versa Villa Spica di Dolo. Già ritenuta inadatta ad accogliere migranti dalla stessa amministrazione comunale, che lo scorso dicembre la definiva «precario magazzino di donne e bambini» e riportava la drammatica conclusione cui era giunto l’ufficio di igiene, ovvero che erano «indispensabili e urgenti interventi di radicale riordino, pulizia e disinfestazione dei locali, ripristino degli intonaci e delle porte mancanti, revisione degli estintori, ripristino dei collegamenti elettrici in conformità alla normativa, verifica della certificazione della conformità delle caldaie e attestazione delle manutenzioni periodiche, e soprattutto una valutazione tecnica relativamente alla staticità delle travi del solaio, tra piano terra e primo piano, interessate da infiltrazioni d’acqua e infestazioni di parassiti», ha pure accolto ucraini. Per la verità doveva ospitarli, ma, come riferito da un operatore di Villa Spica, arrivati venerdì notte i profughi se ne sono andati via subito dopo aver visto le condizioni della struttura. Nella trasmissione di Mario Giordano, su Rete4, ben si vedeva l’abbandono, a dir poco vergognoso, dell’ex dimora settecentesca gestita dalla cooperativa Ekene. Una giovane mamma georgiana con un bimbo di tre mesi in braccio ha detto che il posto «era molto sporco», e nessuno li assiste. Nel corso degli anni sono state denunciate in diverse occasioni anche forme di prostituzione praticate dalle occupanti il Cas, Centro di accoglienza straordinario per immigrati. Ekene, come ha scritto La Verità, altro non è che un ramo di Edeco, la «coop pigliatutto» più volte accusata di mala gestione dell’accoglienza migranti in Veneto e travolta da vicende giudiziarie. Le strutture gestite dalla cooperativa padovana rivelarono il volto peggiore dell’accoglienza, interessata ad assicurarsi il maggior numero di appalti, per poi lasciare migliaia di persone in condizioni vergognose come accadde nell’ex base militare di Cona (dove nel 2017 morì una donna ivoriana) e di Bagnoli, dove centinaia di firme false apposte ogni mese sul registro dell’hub da fantomatici migranti permettevano di ottenere più soldi. Il cervello di Ekene, che ha appena ottenuto dalla prefettura di Nuoro la gestione dell’accoglienza dei migranti pure in Sardegna, al Cpr di Macomer, è sempre Simone Borile, l’ex presidente del Consorzio Padova Sud e poi presidente di Ecofficina, di Edeco e ora direttore del centro di Gradisca d’Isonzo. C’è sempre lui anche dietro Tuendelee, che in lingua swahili significa «Camminiamo insieme con gioia», una delle cooperative scelte dalla Prefettura di Padova per occuparsi di chi scappa dall’Ucraina. Lo scorso anno si era aggiudicata una gran fetta della gestione dei centri collettivi per migranti, con un bando da 18 milioni di euro. La vice presidente del consiglio di amministrazione di Tuendelee cooperativa sociale (Tucso) è Annalisa Carraro, già direttrice di Edeco, accusata di truffa e frode. «Il servizio che forniamo è ai massimi livelli. Controlliamo con attenzione la salute delle ospiti e dei minori», assicurava Borile lo scorso novembre, parlando di Villa Spica al Mattino di Padova. Una gestione così eccellente, da far scappare via profughi che fuggono da una guerra. Pensare che il prefetto di Padova, Raffaele Grassi, sostiene che «le condizioni di idoneità per la scelta delle cooperative è «che abbiano avuto esperienze pregresse di accoglienza».