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2020-08-19
La protesta dei gestori dei locali: «Nessun ammalato nelle discoteche»
iStock
I gestori di sale da ballo e discoteche sono disposti a ritirare il ricorso presentato al Tar del Lazio contro la chiusura imposta dal governo, se ci sarà un «un impegno serio per aiutare economicamente» tutte le attività «che non hanno più riaperto dal 23 febbraio», ha dichiarato Maurizio Pasca, presidente di Silb Fipe, l'associazione italiana imprese di intrattenimento da ballo e di spettacolo. Due giorni fa, all'annuncio che si sarebbe provveduto alle necessità del settore con soli 100 milioni di euro, l'intero settore aveva deciso di chiedere l'annullamento del provvedimento e la riapertura immediata dei locali. La «manciata» di soldi avrebbe coperto, infatti, «solo i danni e le perdite d'incasso subite da chi ha riaperto dopo il 13 giugno e ora è stato costretto a richiudere, ovvero il 20% delle discoteche», mentre si parla di 4 miliardi di euro di perdite complessive.
Già lo scorso aprile, l'associazione aveva lanciato l'allarme segnalando il grave problema di imprenditori «che hanno visto il proprio fatturato azzerato dall'oggi al domani, ormai da circa 2 mesi», con circa 3.000 imprese e 50.000 dipendenti che assicurano «800 milioni di gettito fiscale», costretti a non lavorare. L'obiettivo, oggi, «è salvare le nostre aziende e tutti lavoratori dello spettacolo, che da 6 mesi non percepiscono compensi», precisa in un post Maurizio Pasca. Ieri doveva svolgersi l'incontro tra i rappresentati del Silb Filp e il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ma come ha spiegato il presidente: «Il ministro ci ha detto che il tavolo riprenderà dopo che il Tar del Lazio avrà deciso sul nostro ricorso». Secondo l'associazione di categoria, l'ordinanza di chiusura sarebbe priva di fondamento perché «nei locali non ci sono stati contagi».
Come aveva sottolineato il professor Alberto Zangrillo, anche la Silb precisa che «contagiato non significa malato. Il tasso di ospedalizzazione di chi risulta positivo al Covid-19 è minimo». Secondo il legale dell'associazione, Lamberto Ferrara, «non si tratta più di tutela della salute ma di leggi liberticide e lesive dei diritti costituzionali. Non ci sono le premesse per un provvedimento del genere, sarebbe legittimo in forza di un aggravamento della situazione sanitaria, cosa che, dati alla mano, non risulta». Anche perché secondo i dati dell'Iss in possesso dell'avvocato «i contagiati provengono dalle categorie più diverse: Rsa, extracomunitari, turisti che arrivano dall'estero, frequentatori di alberghi. Nessuno ha contratto il virus in discoteca». Alessandro Trolese, presidente regionale della Toscana di Silb Fipe Confcommercio, annuncia che «dopo il ricorso al Tar siamo pronti a procedere con una class action», perché «dobbiamo tutelare gli imprenditori ma anche tutti i loro lavoratori, diretti ed indiretti. Non ci è piaciuto come il governo ha trattato il nostro settore». I gestori di discoteche stanno pensando iniziative «per richiamare l'attenzione su questa ingiustizia», fa sapere Angelo Pisella, patron della Suerte, uno dei locali più noti della Liguria, e dei Lunedì d'Italia, come ha chiamato i party sulla spiaggia delle Rocce di Pinamare ad Andora, in provincia di Savona.
«Dalla mezzanotte alle tre spareremo musica a tutto volume, 130/140 decibel, naturalmente con il locale chiuso. La musica ci ha dato tanto e noi la useremo». La sua iniziativa Aperti a porte chiuse vuole essere una provocazione, sicuramente ci saranno proteste dei residenti: «Capisco che creeremo disturbo ma sono sicuro che molti capiranno che siamo esasperati e costretti licenziare migliaia di persone», dichiara l'imprenditore. «I numeri dei contagi sono bassi, vuol dire che non c'è un'emergenza così grave come la dipingono», ha commentato al Corriere di Bologna Marco Tiraferri, gestore della Villa delle Rose, storico locale di Misano Adriatico che ai primi di agosto era stato costretto a chiudere cinque giorni per troppi assembramenti e poche mascherine.
«Se per davvero ci fosse sarei d'accordo con il chiudere. Ma tutto, locali, bar, ristoranti», puntualizza Tiraferri. Sull'ipocrisia di stoppare le piste da ballo se poi si consentono sovraffollamenti in altre parti concorda anche il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia: «Non si creda che chiudere risolva tutto. Nelle località di mare la gente si riversa sulle strade o nelle piazze. In certi luoghi non si riesce nemmeno a camminare», ha commentato il governatore che fa sapere di aver «chiesto al governo di prevedere misure di ristoro per chi subirà danni». Per colpa di qualche irresponsabile non deve essere mandato a gambe all'aria un intero settore, su questo punto concordano tutti i presidenti di Regione ed è stata vista come inopportuna, se non vergognosa, l'uscita sui social del vescovo di Chioggia, Adriano Tessarollo, che si è scagliato contro l'idea di sostenere con contributi pubblici «questa industria di sballo notturno». Il monsignore è stato travolto da critiche e insulti, alla fine ha rimosso il post su Facebook.
Studenti senza banchi fino alla fine dell’anno
Ministro e commissario prontamente smentiti. Lucia Azzolina, la responsabile di viale Trastevere, assicura che la scuola riaprirà il 14 settembre mentre il super commissario Domenico Arcuri promette che i banchi monoposto saranno consegnati a partire dal 12. E invece non sarà così.
Lo dicono gli addetti ai lavori, «tempi stretti, banchi non prima di ottobre». Lo ha spiegato ieri Giancarlo Spadaccini della Auletrepuntozero Srl di Vasto, una delle ditte che hanno risposto alla gara indetta per la fornitura dei banchi monoposto (scaduta dopo la proroga di 5 giorni lo scorso 5 agosto) dal Commissario Straordinario per l'emergenza Covid-19.
«Abbiamo partecipato insieme ad Assodidattica, impegnandoci a consegnare tra ottobre e dicembre, in tre scaglioni, ma a oggi non ho comunicazioni ufficiali per poter avviare la produzione» ha incalzato Spadaccini mentre l'Associazione nazionale presidi chiede di sapere con urgenza il calendario di consegna dei banchi, lo strumento principale per il distanziamento degli alunni. Il problema delle ditte fornitrici è legato alla consegna delle materie prime, tutte italiane, perché spiega l'imprenditore abruzzese «Se anche un'impresa avesse la forza di produrre quanto richiesto non troverebbe le materie prime ad agosto». Sulla base di quanto la Srl ha proposto rispondendo alla gara, dice Spadaccini, «potrebbe spettarci una piccola parte della fornitura. Siamo a disposizione, ma anche avviando la produzione oggi potremmo cominciare a consegnare solo a ottobre». Un tempismo che non corrisponde a quello del ministro Azzolina che ieri si è presa un'altra doccia gelata con l'intervento di Andrea Crisanti, dell'Università di Padova, che ha lanciato l'allarme sulla riapertura delle scuole e sulla mancanza di misure adeguate per la sicurezza. «Il vero problema per i contagi arriverà con la riapertura delle scuole. È tutto basato sulla prevenzione passiva e basta, a cominciare dai banchi. «Non c'è un piano serio per i possibili contagi. Per esempio andrebbe chiesta la vaccinazione antinfluenzale a tutti. Perché qua si rischia una confusione incredibile. Ogni starnuto o tosse verrà scambiata per Covid e via ai test e a tutto il resto». Ma soprattutto Crisanti trova «allucinante» che «8 milioni di famiglie misureranno la temperatura da sole, a casa, con termometri diversi»; inoltre «si sa che i ragazzi si ammalano meno, quindi la soglia della febbre a 37,5 non è adeguata. Andava abbassata la soglia quantomeno a 37». Il virologo sottolinea poi la necessità di dare ai presidi «la possibilità di impedire ai bambini o ai ragazzi che provengono dalle zone focolaio di andare a scuola e seguire in remoto con la didattica online». Inoltre, anche se la curva dei contagi è ancora sotto controllo e la situazione ospedaliera è regolare, non manca un sottile terrorismo psicologico quando Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute, avverte l'Italia e dà un'altra batosta alle certezze della Azzolina: «Tutto dipenderà dal comportamento responsabile delle persone perché «la riapertura non è scontata».
In attesa delle indicazioni che oggi darà il Comitato tecnico scientifico ieri il vice ministro Pier Paolo Sileri ha detto che «Nel caso in una classe qualcuno risultasse positivo al coronavirus, dovranno essere fatti i controlli a tutti. E potrebbe scattare una chiusura temporanea della scuola stessa».
Era questo uno dei quesiti sollevati dall'Anp che nell'incontro di oggi ribadirà la necessità di regole e indicazioni certe dal ministero e dal Cts. A cominciare dalla responsabilità penale per i presidi in caso di contagio. Sempre Sileri ha affermato che «qualcosa si deve fare, né più né meno di quello che si è fatto con la responsabilità del personale sanitario che combatte il Covid in corsia». Uno scudo penale, dunque, perché «non può esserci responsabilità per il singolo».
Anche se nel vademecum stilato dall'Anp è prevista la nomina del medico competente oltre all'individuazione dell'aula di stazionamento Covid-19 per isolare i casi sospetti, il ministero della Salute starebbe studiando insieme alle Regioni e alle Asl se in caso di presenza di un contagiato a scuola sia possibile effettuare test molecolari immediati sullo stile di quelli attuati in questi giorni in alcuni aeroporti.
I tempi stringono ma per le linee guida definitive di governo e Cts bisognerà aspettare il prossimo 31 agosto perché tutto dipende dalla curva dell'epidemia.
Oltre a quanto anticipato dal viceministro Sileri, tra i punti fermi della riapertura c'è quello della scuola in presenza senza eccezioni con il rispetto di alcune regole basilari come distanze, sanificazione delle mani e uso della mascherina. La ricerca di spazi per la didattica (palestre, oratori, teatri, altro) è affidata ai dirigenti scolastici, ma dove questi spazi non fossero reperibili si utilizzeranno tensostrutture per un periodo di tempo limitato. A casa massima attenzione agli anziani perché i piccoli possono trasmettere il contagio mentre per il personale «fragile» della scuola è prevista l'esenzione dalla presenza.
La Azzolina si affretta a smentire: «Non portiamo via nessun bambino»
Il rientro a scuola è il tema al centro del dibattito politico e non solo. E non potrebbe essere altrimenti visto che gli studenti dovrebbero, il condizionale è d'obbligo visto il caos sull'argomento in questione, varcare gli ingressi degli istituti il 14 settembre. Nelle ultime ore tra gli aspetti più chiacchierati ci sono le misure che verranno adottate dalle scuole se gli alunni abbiano un temperatura corporea superiore ai 37,5ºC. Su questo giornale, ieri, abbiamo riportato la circolare firmata dal dirigente scolastico Angelo Prontera, dell'Istituto Comprensivo Statuate Polo Ovest di Lumezzane (Brescia). Nel documento, poi rettificato (dopo sei giorni e 500 mail di protesta) con un successivo atto, il preside aveva scritto che «in caso di temperatura corporea superiore ai 37,5ºC durante l'orario scolastico», lo studente «sarà posto in isolamento in stanza Covid». A questo punto «il docente dovrà chiamare immediatamente il 112 e il 1500» e «i genitori non potranno prelevare in alcun modo il proprio figlio da scuola che sarà affidato all'autorità sanitaria». Parole, come detto, messe nero su bianco dal dirigente scolastico e riportate da La Verità. Eppure questa vicenda non è andata affatto giù al ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina, la quale neanche troppo indirettamente, ci accusato di aver pubblicato una bufala. «Sta purtroppo girando una grave fake news su cosa accade quando si deve gestire un alunno che, all'interno dell'istituto scolastico, mostra sintomi compatibili con l'infezione da Covid-19. Si arriva a sostenere», ha dichiarato la titolare del dicastero dell'Istruzione, «che ai genitori non sarà permesso prelevare i propri figli e che questi saranno affidati all'autorità sanitaria. Niente di più falso, ovviamente. Il protocollo di sicurezza prevede invece che si debba provvedere quanto prima possibile al ritorno al proprio domicilio e ad attivare i necessari protocolli sanitari per la sicurezza di tutti». È fin troppo evidente che non abbiamo divulgato alcuna bufala, dato che ci siamo attenuti scrupolosamente a quanto scritto dal dirigente scolastico lo scorso 6 agosto. Spiace constatare, invece, che il ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina si arrampichi sugli specchi pur di addossarci, senza mai citare la nostra testata, un'accusa infondata. Sul tema è intervenuto anche l'Istituto superiore della sanità: «È in preparazione, e verrà finalizzato e reso pubblico nelle prossime ore, un documento che contiene le indicazioni per la gestione di casi e focolai negli istituti scolastici preparato dalle istituzioni competenti. Si invita pertanto a considerare», ha specificato una nota dell'Iss, «le notizie riferite al documento stesso solo una volta che questo venga reso disponibile; in particolare sono da considerare fake news tutte quelle notizie che riportano che l'alunno o lo studente possano venire affidati all'autorità sanitaria, mentre è la figura del genitore che è chiamata a gestire tutti i percorsi». L'intervento dell'Iss palesa il grado di confusione presente fra chi deve prendere decisioni per i ragazzi italiani. Ma non è finita qui perché anche il ruolo e l'autorevolezza dello stesso ministro Lucia Azzolina vengono ridimensionati dalla notizia che un altro «documento è in preparazione». Dunque la disorganizzazione aumenta sempre più, però Lucia Azzolina preferisce prima lanciare accuse smentite dai fatti e poi farsi trovare impreparata sull'atto che stabilirà le modalità di gestione degli alunni al tempo del Covid-19.
Continua a leggereRiduci
Saltato l'incontro di ieri tra imprenditori del settore e Stefano Patuanelli. Il ricorso al Tar del Lazio contro la serrata potrebbe essere ritirato in cambio di aiuti dal governo. Altrimenti, possibile una class action.I fornitori: «Non abbiamo indicazioni per avviare la produzione e mancano le materie prime. Consegna tra ottobre e dicembre» Anche Andrea Crisanti bacchetta il ministero sui protocolli. Mentre per Walter Ricciardi, consigliere di Speranza, la riapertura non è scontataDopo l'articolo della «Verità», il ministro e l'Iss precisano: «Infetti subito a casa»Lo speciale contiene due articoliI gestori di sale da ballo e discoteche sono disposti a ritirare il ricorso presentato al Tar del Lazio contro la chiusura imposta dal governo, se ci sarà un «un impegno serio per aiutare economicamente» tutte le attività «che non hanno più riaperto dal 23 febbraio», ha dichiarato Maurizio Pasca, presidente di Silb Fipe, l'associazione italiana imprese di intrattenimento da ballo e di spettacolo. Due giorni fa, all'annuncio che si sarebbe provveduto alle necessità del settore con soli 100 milioni di euro, l'intero settore aveva deciso di chiedere l'annullamento del provvedimento e la riapertura immediata dei locali. La «manciata» di soldi avrebbe coperto, infatti, «solo i danni e le perdite d'incasso subite da chi ha riaperto dopo il 13 giugno e ora è stato costretto a richiudere, ovvero il 20% delle discoteche», mentre si parla di 4 miliardi di euro di perdite complessive. Già lo scorso aprile, l'associazione aveva lanciato l'allarme segnalando il grave problema di imprenditori «che hanno visto il proprio fatturato azzerato dall'oggi al domani, ormai da circa 2 mesi», con circa 3.000 imprese e 50.000 dipendenti che assicurano «800 milioni di gettito fiscale», costretti a non lavorare. L'obiettivo, oggi, «è salvare le nostre aziende e tutti lavoratori dello spettacolo, che da 6 mesi non percepiscono compensi», precisa in un post Maurizio Pasca. Ieri doveva svolgersi l'incontro tra i rappresentati del Silb Filp e il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ma come ha spiegato il presidente: «Il ministro ci ha detto che il tavolo riprenderà dopo che il Tar del Lazio avrà deciso sul nostro ricorso». Secondo l'associazione di categoria, l'ordinanza di chiusura sarebbe priva di fondamento perché «nei locali non ci sono stati contagi». Come aveva sottolineato il professor Alberto Zangrillo, anche la Silb precisa che «contagiato non significa malato. Il tasso di ospedalizzazione di chi risulta positivo al Covid-19 è minimo». Secondo il legale dell'associazione, Lamberto Ferrara, «non si tratta più di tutela della salute ma di leggi liberticide e lesive dei diritti costituzionali. Non ci sono le premesse per un provvedimento del genere, sarebbe legittimo in forza di un aggravamento della situazione sanitaria, cosa che, dati alla mano, non risulta». Anche perché secondo i dati dell'Iss in possesso dell'avvocato «i contagiati provengono dalle categorie più diverse: Rsa, extracomunitari, turisti che arrivano dall'estero, frequentatori di alberghi. Nessuno ha contratto il virus in discoteca». Alessandro Trolese, presidente regionale della Toscana di Silb Fipe Confcommercio, annuncia che «dopo il ricorso al Tar siamo pronti a procedere con una class action», perché «dobbiamo tutelare gli imprenditori ma anche tutti i loro lavoratori, diretti ed indiretti. Non ci è piaciuto come il governo ha trattato il nostro settore». I gestori di discoteche stanno pensando iniziative «per richiamare l'attenzione su questa ingiustizia», fa sapere Angelo Pisella, patron della Suerte, uno dei locali più noti della Liguria, e dei Lunedì d'Italia, come ha chiamato i party sulla spiaggia delle Rocce di Pinamare ad Andora, in provincia di Savona. «Dalla mezzanotte alle tre spareremo musica a tutto volume, 130/140 decibel, naturalmente con il locale chiuso. La musica ci ha dato tanto e noi la useremo». La sua iniziativa Aperti a porte chiuse vuole essere una provocazione, sicuramente ci saranno proteste dei residenti: «Capisco che creeremo disturbo ma sono sicuro che molti capiranno che siamo esasperati e costretti licenziare migliaia di persone», dichiara l'imprenditore. «I numeri dei contagi sono bassi, vuol dire che non c'è un'emergenza così grave come la dipingono», ha commentato al Corriere di Bologna Marco Tiraferri, gestore della Villa delle Rose, storico locale di Misano Adriatico che ai primi di agosto era stato costretto a chiudere cinque giorni per troppi assembramenti e poche mascherine. «Se per davvero ci fosse sarei d'accordo con il chiudere. Ma tutto, locali, bar, ristoranti», puntualizza Tiraferri. Sull'ipocrisia di stoppare le piste da ballo se poi si consentono sovraffollamenti in altre parti concorda anche il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia: «Non si creda che chiudere risolva tutto. Nelle località di mare la gente si riversa sulle strade o nelle piazze. In certi luoghi non si riesce nemmeno a camminare», ha commentato il governatore che fa sapere di aver «chiesto al governo di prevedere misure di ristoro per chi subirà danni». Per colpa di qualche irresponsabile non deve essere mandato a gambe all'aria un intero settore, su questo punto concordano tutti i presidenti di Regione ed è stata vista come inopportuna, se non vergognosa, l'uscita sui social del vescovo di Chioggia, Adriano Tessarollo, che si è scagliato contro l'idea di sostenere con contributi pubblici «questa industria di sballo notturno». Il monsignore è stato travolto da critiche e insulti, alla fine ha rimosso il post su Facebook. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-protesta-dei-gestori-dei-locali-nessun-ammalato-nelle-discoteche-2647017702.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="studenti-senza-banchi-fino-alla-fine-dellanno" data-post-id="2647017702" data-published-at="1597793526" data-use-pagination="False"> Studenti senza banchi fino alla fine dell’anno Ministro e commissario prontamente smentiti. Lucia Azzolina, la responsabile di viale Trastevere, assicura che la scuola riaprirà il 14 settembre mentre il super commissario Domenico Arcuri promette che i banchi monoposto saranno consegnati a partire dal 12. E invece non sarà così. Lo dicono gli addetti ai lavori, «tempi stretti, banchi non prima di ottobre». Lo ha spiegato ieri Giancarlo Spadaccini della Auletrepuntozero Srl di Vasto, una delle ditte che hanno risposto alla gara indetta per la fornitura dei banchi monoposto (scaduta dopo la proroga di 5 giorni lo scorso 5 agosto) dal Commissario Straordinario per l'emergenza Covid-19. «Abbiamo partecipato insieme ad Assodidattica, impegnandoci a consegnare tra ottobre e dicembre, in tre scaglioni, ma a oggi non ho comunicazioni ufficiali per poter avviare la produzione» ha incalzato Spadaccini mentre l'Associazione nazionale presidi chiede di sapere con urgenza il calendario di consegna dei banchi, lo strumento principale per il distanziamento degli alunni. Il problema delle ditte fornitrici è legato alla consegna delle materie prime, tutte italiane, perché spiega l'imprenditore abruzzese «Se anche un'impresa avesse la forza di produrre quanto richiesto non troverebbe le materie prime ad agosto». Sulla base di quanto la Srl ha proposto rispondendo alla gara, dice Spadaccini, «potrebbe spettarci una piccola parte della fornitura. Siamo a disposizione, ma anche avviando la produzione oggi potremmo cominciare a consegnare solo a ottobre». Un tempismo che non corrisponde a quello del ministro Azzolina che ieri si è presa un'altra doccia gelata con l'intervento di Andrea Crisanti, dell'Università di Padova, che ha lanciato l'allarme sulla riapertura delle scuole e sulla mancanza di misure adeguate per la sicurezza. «Il vero problema per i contagi arriverà con la riapertura delle scuole. È tutto basato sulla prevenzione passiva e basta, a cominciare dai banchi. «Non c'è un piano serio per i possibili contagi. Per esempio andrebbe chiesta la vaccinazione antinfluenzale a tutti. Perché qua si rischia una confusione incredibile. Ogni starnuto o tosse verrà scambiata per Covid e via ai test e a tutto il resto». Ma soprattutto Crisanti trova «allucinante» che «8 milioni di famiglie misureranno la temperatura da sole, a casa, con termometri diversi»; inoltre «si sa che i ragazzi si ammalano meno, quindi la soglia della febbre a 37,5 non è adeguata. Andava abbassata la soglia quantomeno a 37». Il virologo sottolinea poi la necessità di dare ai presidi «la possibilità di impedire ai bambini o ai ragazzi che provengono dalle zone focolaio di andare a scuola e seguire in remoto con la didattica online». Inoltre, anche se la curva dei contagi è ancora sotto controllo e la situazione ospedaliera è regolare, non manca un sottile terrorismo psicologico quando Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute, avverte l'Italia e dà un'altra batosta alle certezze della Azzolina: «Tutto dipenderà dal comportamento responsabile delle persone perché «la riapertura non è scontata». In attesa delle indicazioni che oggi darà il Comitato tecnico scientifico ieri il vice ministro Pier Paolo Sileri ha detto che «Nel caso in una classe qualcuno risultasse positivo al coronavirus, dovranno essere fatti i controlli a tutti. E potrebbe scattare una chiusura temporanea della scuola stessa». Era questo uno dei quesiti sollevati dall'Anp che nell'incontro di oggi ribadirà la necessità di regole e indicazioni certe dal ministero e dal Cts. A cominciare dalla responsabilità penale per i presidi in caso di contagio. Sempre Sileri ha affermato che «qualcosa si deve fare, né più né meno di quello che si è fatto con la responsabilità del personale sanitario che combatte il Covid in corsia». Uno scudo penale, dunque, perché «non può esserci responsabilità per il singolo». Anche se nel vademecum stilato dall'Anp è prevista la nomina del medico competente oltre all'individuazione dell'aula di stazionamento Covid-19 per isolare i casi sospetti, il ministero della Salute starebbe studiando insieme alle Regioni e alle Asl se in caso di presenza di un contagiato a scuola sia possibile effettuare test molecolari immediati sullo stile di quelli attuati in questi giorni in alcuni aeroporti. I tempi stringono ma per le linee guida definitive di governo e Cts bisognerà aspettare il prossimo 31 agosto perché tutto dipende dalla curva dell'epidemia. Oltre a quanto anticipato dal viceministro Sileri, tra i punti fermi della riapertura c'è quello della scuola in presenza senza eccezioni con il rispetto di alcune regole basilari come distanze, sanificazione delle mani e uso della mascherina. La ricerca di spazi per la didattica (palestre, oratori, teatri, altro) è affidata ai dirigenti scolastici, ma dove questi spazi non fossero reperibili si utilizzeranno tensostrutture per un periodo di tempo limitato. A casa massima attenzione agli anziani perché i piccoli possono trasmettere il contagio mentre per il personale «fragile» della scuola è prevista l'esenzione dalla presenza. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-protesta-dei-gestori-dei-locali-nessun-ammalato-nelle-discoteche-2647017702.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="la-azzolina-si-affretta-a-smentire-non-portiamo-via-nessun-bambino" data-post-id="2647017702" data-published-at="1597793526" data-use-pagination="False"> La Azzolina si affretta a smentire: «Non portiamo via nessun bambino» Il rientro a scuola è il tema al centro del dibattito politico e non solo. E non potrebbe essere altrimenti visto che gli studenti dovrebbero, il condizionale è d'obbligo visto il caos sull'argomento in questione, varcare gli ingressi degli istituti il 14 settembre. Nelle ultime ore tra gli aspetti più chiacchierati ci sono le misure che verranno adottate dalle scuole se gli alunni abbiano un temperatura corporea superiore ai 37,5ºC. Su questo giornale, ieri, abbiamo riportato la circolare firmata dal dirigente scolastico Angelo Prontera, dell'Istituto Comprensivo Statuate Polo Ovest di Lumezzane (Brescia). Nel documento, poi rettificato (dopo sei giorni e 500 mail di protesta) con un successivo atto, il preside aveva scritto che «in caso di temperatura corporea superiore ai 37,5ºC durante l'orario scolastico», lo studente «sarà posto in isolamento in stanza Covid». A questo punto «il docente dovrà chiamare immediatamente il 112 e il 1500» e «i genitori non potranno prelevare in alcun modo il proprio figlio da scuola che sarà affidato all'autorità sanitaria». Parole, come detto, messe nero su bianco dal dirigente scolastico e riportate da La Verità. Eppure questa vicenda non è andata affatto giù al ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina, la quale neanche troppo indirettamente, ci accusato di aver pubblicato una bufala. «Sta purtroppo girando una grave fake news su cosa accade quando si deve gestire un alunno che, all'interno dell'istituto scolastico, mostra sintomi compatibili con l'infezione da Covid-19. Si arriva a sostenere», ha dichiarato la titolare del dicastero dell'Istruzione, «che ai genitori non sarà permesso prelevare i propri figli e che questi saranno affidati all'autorità sanitaria. Niente di più falso, ovviamente. Il protocollo di sicurezza prevede invece che si debba provvedere quanto prima possibile al ritorno al proprio domicilio e ad attivare i necessari protocolli sanitari per la sicurezza di tutti». È fin troppo evidente che non abbiamo divulgato alcuna bufala, dato che ci siamo attenuti scrupolosamente a quanto scritto dal dirigente scolastico lo scorso 6 agosto. Spiace constatare, invece, che il ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina si arrampichi sugli specchi pur di addossarci, senza mai citare la nostra testata, un'accusa infondata. Sul tema è intervenuto anche l'Istituto superiore della sanità: «È in preparazione, e verrà finalizzato e reso pubblico nelle prossime ore, un documento che contiene le indicazioni per la gestione di casi e focolai negli istituti scolastici preparato dalle istituzioni competenti. Si invita pertanto a considerare», ha specificato una nota dell'Iss, «le notizie riferite al documento stesso solo una volta che questo venga reso disponibile; in particolare sono da considerare fake news tutte quelle notizie che riportano che l'alunno o lo studente possano venire affidati all'autorità sanitaria, mentre è la figura del genitore che è chiamata a gestire tutti i percorsi». L'intervento dell'Iss palesa il grado di confusione presente fra chi deve prendere decisioni per i ragazzi italiani. Ma non è finita qui perché anche il ruolo e l'autorevolezza dello stesso ministro Lucia Azzolina vengono ridimensionati dalla notizia che un altro «documento è in preparazione». Dunque la disorganizzazione aumenta sempre più, però Lucia Azzolina preferisce prima lanciare accuse smentite dai fatti e poi farsi trovare impreparata sull'atto che stabilirà le modalità di gestione degli alunni al tempo del Covid-19.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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