
Surreale reportage della Stampa dal set della miniserie che l'ex premier Matteo Renzi sta realizzando su Firenze. Come mai non va in onda? Non è perché il Bullo chiede circa 3 milioni, bensì per questioni «di fascia oraria».Nelle pause tra un rogito e l'altro, Matteo Renzi ha iniziato le riprese. No, non quelle per i fondelli (mai interrotte), ma quelle per il suo docufilm su Firenze. Due giorni fa l'aveva annunciato il suo produttore Lucio Presta con una foto su Instagram: un Renzi tutto impettito davanti alla cinepresa, in una Firenze deserta, all'alba.Ieri La Stampa di Torino, più premurosa di un press-agent, ha pubblicato un paginone rubricato nientemeno che «reportage». E quel che si capisce, a fine lettura, è che Renzi stesso non avrebbe potuto scrivere di meglio per organizzare la promotion del lungometraggio, tuttora in cerca di acquirenti.I toni del servizio sono lirici: «Questo viaggio nelle bellezze fiorentine è un continuo fluire tra passato e presente, tra storia e attualità». La giornalista ci fa sapere che Renzi «davanti alle telecamere si trova molto a suo agio». Si dà voce a un cameraman della produzione che (guarda che sorpresa!) non insulta chi lo fa lavorare, ma aggiunge che Renzi «guarda nella camera giusta come spesso professionisti consumati non riescono a fare».Apprendiamo che la via crucis durerà otto puntate. Il programma ha un titolo provvisorio, di cui apprezzerete la sobrietà: Firenze secondo Matteo (quindi si candida solo al ruolo di evangelista), mentre all'estero, con una botta di originalità, il titolo potrebbe essere Florence.Renzi, in momento di umiltà, fa sapere: «Non sono Alberto Angela, lui è molto meglio di me». Poi però si riprende, capisce che il raffronto è inadeguato, e regala alla Stampa un titolo all'altezza del Renzi che conosciamo: «Sono come Virgilio nella mia città». Ecco il paragone giusto: con l'autore dell'Eneide, nonché immaginaria guida di Dante Alighieri, nella Divina Commedia, in Inferno e Purgatorio. Del resto, né Virgilio né Dante, né gli artisti di cui Renzi illustrerà le opere, da Michelangelo a Brunelleschi, potranno difendersi o twittargli contro: quindi il Bullo può maramaldeggiare.Renzi è categorico: «Non è che parliamo di politica». E infatti parla solo di fake news, vaccini, bambini separati dalle madri ai confini del Messico, minori non accompagnati: insomma tutto il repertorio anti Salvini, anti M5s, anti Trump, per giunta con la pretesa che gli spettatori non se ne accorgano. Pare davvero convinto di potersi dare con trucco, parrucco e posa da Cicerone, uno standing culturale e internazionale che lo porranno al di sopra della mischia politicante.Certo, resta un problemino: piazzare il prodotto, che finora ha rimediato diversi no. Anche perché, come si è letto, pare che le richieste del duo Renzi-Presta siano degne di Cristiano Ronaldo: 2-3 milioni di euro. Ma Presta, più abile di Mino Raiola in chiusura di calciomercato, nega che le trattative con i maggiori network siano andate male: «Non è questione di soldi, ma di programmazione. Queste puntate sono state pensate per la seconda serata», mentre c'è chi vorrebbe lanciarle in prima. Se lo dice Presta, sarà senz'altro così.L'ultima parte dell'articolo è tutta dedicata a un accorato appello renziano («ricordati degli amici», potremmo tradurre) a Barack Obama, nella sua nuova veste di produttore. La Stampa ci informa che il Bullo gliene avrebbe parlato (non è uno scherzo) «quando si sono incontrati ad Arlington, il cimitero degli eroi Usa». Immaginate la scena: silenzio, un luogo sacro, e Renzi che cerca di vendere il tappeto (il docufilm) a Obama.Non mancano momenti di involontaria comicità, quando la giornalista ci racconta che «Renzi è preoccupato di non far sapere alla moglie Agnese che oggi ha mangiato la focaccia e non il beverone». In effetti, Renzi, oltre che abbronzato ai limiti del paonazzo, appare visibilmente appesantito. Ci permettiamo un appello umanitario per i cameraman: stretto e gonfio com'è nel completino blu, se a Renzi dovesse disgraziatamente saltare un bottone, si trasformerebbe in un proiettile in grado di mettere a rischio l'incolumità dell'operatore che gli sta davanti.Naturalmente, il dinamico duo Renzi-Presta non ha bisogno dei nostri consigli, però ci permettiamo di darne uno (gratis). Chiedere 2-3 milioni di euro per un prodotto simile è davvero un'impresa difficile.Un'idea ci sarebbe: anziché girare alle prime luci del giorno in una Firenze deserta, vadano in un mercato all'ora di punta. Con gli improperi che si beccherà Renzi, verrà fuori un cinepanettone campione d'incassi, roba da far diventare Boldi e De Sica due disoccupati.Immaginate lo spettacolo. Renzi incontra una vecchietta e le parla di pensioni (primo vaffa più borsettata). Renzi spiega a un disoccupato gli effetti del jobs act (avviso alla produzione, spegnere i microfoni: volerebbero le bestemmie, si sa che a Firenze hanno la battuta pronta). Renzi intrattiene in «English» i turisti stranieri («Shish Shish…»). E infine, Renzi, accompagnato dalla Boschi, parla di banche e tutela dei risparmiatori: consiglieremmo di tenere questa ripresa per ultima, perché potrebbe scattare una rivolta di massa.Sarebbe la scena che consacrerebbe il successo internazionale del film. Ciak!
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.






