2022-09-26
La preghiera cantata è l’ultima rivoluzione del «punk» Ferretti
Giovanni Lindo Ferretti (Ansa)
Il leader dei Cccp racconta in un libro la genesi della sua «triade mistica». L’invocazione sacra come antidoto al materialismo.dati i giorni che stiamo vivendo e quelli ancora più duri che ci aspettano? Quello di Giovanni Lindo è dunque un piccolo gioiello appartato e anacronistico, e insieme un manuale per affrontare la feroce contemporaneità. Si intitola Óra. Difendi, conserva, prega (Aliberti) ed è prima di tutto il resoconto di una odissea personale. «Quando con i primi peli le idee impazzano smettere di pregare mi è parsa una conquista di libertà», scrive Ferretti. «Erano gli anni dell’adolescenza. Frequentavo il liceo scientifico, affamato di vita, in crescita. Il mondo fibrillava intorno a me, io volevo esserci. Vivevamo in città, un appartamento nuovo, avevamo comprato il televisore. Anni luce da tutto ciò che ci aveva preceduto, che conoscevamo. Mia nonna mi guardava, sorrideva, sgranava il suo rosario. Non sapeva più rispondere alle mie domande, io non volevo darle dispiaceri. Lei si preparava ad abbandonare questa valle di lacrime io cominciavo a gustarne i frutti. Ci volevamo bene e ci bastava. Sta nell’ordine delle cose, vivere, morire a suo tempo».È stato il percorso di una generazione (anzi, più d’una) e l’autore lo accetta pur facendo trapelare un filo di amarezza. «Ho creduto mia libera scelta, finanche rivoluzionaria, incarnare gli ideali di una cultura progressista che stava ridefinendo il mondo», racconta. «Partecipe del cambiamento, affascinato dal nuovo, libero da condizionamenti sociali e religiosi. La liberazione avanzava travolgente, la musica come arma contundente, l’estetica a segnare nuove appartenenze. Ho smesso di pregare d’improvviso, ci ho messo di più a farmi crescere i capelli. Manifestazioni politiche a scandire i miei giorni, concerti ad eccitare le notti. Ho cominciato a bestemmiare, per dar peso alle convinzioni, per emancipazione. Ho continuato per lunghi anni, per abitudine, senza pensarci. Quando ci ho pensato ho smesso. Mi sono vergognato».Che cosa abbia fatto Giovanni Lindo in quel periodo tutti lo sanno, e di certo lo si ama anche per quello. «Erano gli anni punkettoni, gli anni dei Cccp e tutto ruotava attorno la casa di Fellegara, la nostra factory reggiana. Un pomeriggio autunnale, dopo le prove - stavamo preparando nuove canzoni, venivano bene - decisi di tornarmene a casa sui monti. Ero contento e ne sentivo il bisogno. Possedevo una R4 rossa, guidavo lentamente come sempre, mi godevo il paesaggio, i colori, l’aria, mi sono messo a cantare. Avevo in testa una melodia, rigirava per conto suo, ho cominciato a canticchiarla, senza parole, poi sono comparse. Pesanti come il piombo: “Madre di Dio e dei suoi figli/ Madre dei padri e delle madri/ Madre! oh Madre oh Madre mia/ l’anima mia si volge a Te”. Da quanto tempo non pronunciavo la parola “anima”? Era una preghiera, contro ogni aspettativa e non potevo farci niente, solo cantare. Continuavo a cantarla, lenta, solenne. Mi inebriava. Cercavo altre parole ma non c’erano, nessuna strofa introduttiva, nessuna strofa a chiudere solo quella invocazione, una constatazione di resa e mi guardavo: stivali dell’armata rossa, braghe militari della DDR, bretelle, giacca di pelle nera, cresta colorata, smunto, occhi scavati. Continuavo a cantare, inebriato. Aperta casa sono andato a colpo sicuro, nel cassetto del comodino di mia nonna c’erano i suoi libri di preghiera, ho cercato tra le litanie mariane la sequenza melodica». È così che Ferretti, da punk filosovietico, riscopre la preghiera: cantando, forse perché chi canta prega due volte. Ed è curioso il fatto che, nello stesso momento, gli siano usciti dalla mente e dalla voce l’amor sacro e l’amor profano: una litania mariana e la celebre Amandoti che, racconta, gli si presentò nei pensieri mentre si trovava nell’aia e pensava a sua nonna. Il libro si dipana così, tra ricordi di famiglia, aneddoti sulla nascita delle canzoni e, appunto e soprattutto, preghiere. Preferibilmente in latino, lingua più sacra di tutte. La preghiera di Ferretti è spesso «azione per il popolo, preghiera come pubblica funzione al limite della legalità in un tempo ateo scientifico tecnologico in cui la sostituzione è già avvenuta senza bisogno dell’immigrazione. Al popolo è succeduta la platea televisiva, i sindacati dei consumatori, la video socialità, e siamo finiti nel panteismo pandemico solo Dio sa cosa ci aspetta intanto da remoto ridisegnano lo spazio».La preghiera di Ferretti è, in fondo, la sola via di salvezza, una via che lui ha abbracciato anche grazie alla fascinazione per un uomo. «Il pontificato di Benedetto XVI è stato, nella mia vita, un momento di grazia quotidiana», scrive. «Per una volta, adulto, mi sono sentito in perfetta sintonia. Ogni sua parola, ogni suo gesto, un nutrimento per la mia anima nei miei giorni di uomo. Avrei obbedito ad ogni suo cenno. La sua rinuncia al soglio pontificio è stata un dolore fisico, mi ha annebbiato la mente. Mi ha prostrato. Me ne sono fatto ragione senza comprensione. Una premonizione: l’Europa finisce con il suo ultimo Pontefice. Uno stallo, emerito, sospende il verdetto. Poi? La pena è certa». Che sia questo il destino non v’è dubbio. E la condanna è ancora più certa se tutto intorno ripete «produci consuma crepa». In questo infernale agitarsi, tuttavia, ci è offerta una possibilità di resistenza: difendi, conserva, prega. E Giovanni Lindo prega, dice, perché non può fare altro. Vale per noi tutti, probabilmente.
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