2020-03-08
La politica ha perso la sua immunità e ora a soffrire è la democrazia
Il contagio del leader dem segna una svolta. Per le istituzioni la sfida è ancora più dura.Una mascherina, un tampone, il pieno di amuchina ma «l'onorevole è fuori stanza». L'emergenza sta cambiando le regole della politica. E nella democrazia del coronavirus, il termoscanner all'ingresso dei palazzi del potere non basta più. Lo si era intuito la scorsa settimana davanti alle defezioni in Parlamento, è diventato tutto più chiaro con la decisione di chiudere la Camera dei deputati tranne il mercoledì. Ora un ulteriore salto di qualità. Con la positività di Nicola Zingaretti lo scenario orwelliano è davanti a noi: la quarantena non risparmia chi deve decidere le sorti del Paese.Bisogna farsene una ragione, è fondamentale convivere con questa sospensione dei protocolli istituzionali. Abbiamo visto Attilio Fontana, governatore della Lombardia, dirigere le operazioni dal Pirellone, confinato nel suo ufficio h24 per precauzioni sanitarie. Lui ha imposto la mascherina a tutti e dorme al piano di sopra. Abbiamo visto Stefano Bonaccini, numero uno dell'Emilia Romagna, perdere due assessori contagiati e decidere di adottare la videoconferenza sistematica. Abbiamo visto il ministro allo Sviluppo economico, Stefano Patuanelli (5 stelle, proprio lui), mettersi in autoisolamento da sano per avere incontrato l'assessore lombardo Alessandro Mattinzoli, risultato positivo. E da ultimo Zingaretti - che ancora una settimana fa partecipava agli aperitivi dell'ottimismo a Milano sui Navigli e alle pizzate della ripartenza a Bollate - cambiare idea, costretto a posare i piedi per terra dal contagio. Oggi dice: «Niente panico, ma seguiamo le indicazioni dei medici». La folle stagione dell'#abbracciauncinese è finita.L'operatività delle istituzioni è limitata, chiuso per epidemia, e la democrazia è più fragile. Non siamo certo ai livelli dell'Ora più buia con Winston Churchill nel bunker (anche perché a Palazzo Chigi non si intravede neppure la sua dattilografa), ma tutto ciò non è uno scherzo. Ci si affanna a ricostruire l'ultima settimana del leader del Pd per risalire alle strette di mano o agli incontri ufficiali e si scopre che ha visto da vicino il premier, Giuseppe Conte, i ministri Roberto Gualtieri e Paola De Micheli, i sindaci Virginia Raggi e Giuseppe Sala, i governatori Giovanni Toti, Alberto Cirio, lo stesso Bonaccini, i colonnelli del partito Andrea Orlando e Dario Franceschini, i sindacalisti Maurizio Landini e Annamaria Furlan. E ha partecipato alla stessa puntata di Porta a Porta in cui era ospite Matteo Salvini. Questo per dare l'idea del domino potenziale, della portata di un moltiplicatore come il virus. Questo per prefigurare uno scenario pubblico destinato a cambiare per settimane, forse per mesi, i rapporti fra rappresentanti della politica e degli organi istituzionali. Conferenze stampa con la mascherina, interviste a due metri dall'interlocutore, immagini di riunioni lunari fra ministri o governatori sempre più simili a quelle viste in televisione dalla Cina nelle prime settimane del contagio. Conference call al posto del Consiglio dei ministri: sembrava catastrofismo, è già realtà. E questo linguaggio dei comportamenti ci dice che nessuno può più permettersi di sottovalutare ciò che sta accadendo. La situazione nel resto del mondo non è diversa. In Iran hanno contratto il virus 30 uomini politici, ne sono morti alcuni (l'ufficialità dei numeri non è la forza del regime degli ayatollah). Secondo l'agenzia Tasnim, l'ultima vittima è Mohammad Mirmohammadi, esponente del Consiglio del discernimento, l'organo consultivo del leader supremo, Alì Khamenei. Essendo quella iraniana una gerontocrazia oltre che una teocrazia, il dato anagrafico non aiuta. In Francia non stanno meglio, il deputato repubblicano Jean Luc Reitzer è in terapia intensiva e due dipendenti dell'Assemblea nazionale sono risultati positivi ai controlli e messi immediatamente in quarantena, uno a casa e l'altro in ospedale.«La Camera dei deputati lavorerà solo di mercoledì», ha spiegato Emanuele Fiano (Pd) alla fine della conferenza dei capigruppo a Montecitorio. Scartamento ridotto, prioritaria assoluta al coronavirus, anche perché «è stato varato un calendario minimo per l'intero mese di marzo». Rimangono attivi il question time (che si tiene proprio di mercoledì), mentre le commissioni si riuniranno a singhiozzo e su temi già calendarizzati. Il primo provvedimento sarà il decreto legge straordinario da 3,6 miliardi con le misure economiche per fronteggiare l'emergenza sanitaria. Il Senato si riunisce martedì e decide sulle proprie sorti. Il «tutti a casa» è perfino scontato. Durante la Grande guerra il Parlamento rimase aperto, forse perché non c'era Skype.