2021-03-13
La paura si batte con dati più trasparenti
(Marilla Sicilia/Archivio Marilla Sicilia/Mondadori Portfolio via Getty Images)
Da vaccinato Astrazeneca (senza effetti collaterali) dico: servono banche dati aggiornate e facilmente accessibili sui malesseri di chi ha ricevuto il siero, come accade negli Usa e in Gran Bretagna. Solo così si evitano scontri inutili tra dogmatismi opposti. Ormai è chiaro a tutti che il vaccino è la via d'uscita da tutta la crisi provocata dal Covid-19. A questo aggiungiamo che il presidente del Consiglio Mario Draghi, grazie alla sua autorevolezza internazionale, sta adoperandosi per la velocizzazione dei vaccini in Europa successiva al fallimento riconosciuto finalmente anche da Ursula von der Leyen che ci ha posti nella condizione in cui siamo. Peccato che, proprio in questo momento, alcuni casi, molto limitati, e che riguardano il vaccino AstraZeneca, ma anche il vaccino Pfizer sul quale l'Ema ha sollevato dubbi proprio a proposito dei suoi possibili effetti indesiderati, stiano mettendo in discussione la tempistica della vaccinazione oltre ad aver rinfocolato un dibattito dove si confrontano due fondamentalismi egualmente sbagliati e inutili: quello del va tutto bene così e, soprattutto, quello dei cosiddetti no vax che non aspettavano altro per mettere in discussione tutta l'operazione.Naturalmente, quello che preoccupa di più è il rallentamento del piano di vaccinazione. Questo è il problema reale, quello vero, quello urgente da risolvere. Ma sarebbe un errore molto grave sottovalutare il clima di incertezza, e talora di panico, che si sta creando tra gli ancora tantissimi cittadini italiani che devono vaccinarsi. Infatti, anche in presenza di un maggior numero di dosi di vaccini, potrebbe crearsi un clima di sospetto e quindi di ritrosia che già c'erano prima e che da ora in poi saranno accresciuti da una pressoché inarrestabile campagna anti vax che potrà solo recare dei danni al piano vaccinale e, quindi, al Paese. C'è una possibilità di porre delle basi, di mettere in atto delle azioni, di prendere dei provvedimenti da parte del governo e delle istituzioni in generale per poter, se non scongiurare, almeno prevenire la crescita di questo fenomeno? Il compito non è certamente facile ma è altrettanto verosimile che una maggiore trasparenza pubblica sugli effetti del vaccino potrebbe almeno riportare la discussione in un alveo ragionevole.Abbiamo a disposizione due esempi di quelle che vengono chiamate best practice, cioè cose già fatte che possono servire da esempio da seguire. Si tratta del sito degli Stati Uniti Vaers.hhs.gov che fornisce dati aggiornati, precisi, verificati, semplicemente consultabili perché pubblici su tutte le reazioni ai diversi vaccini riscontrate nei pazienti che si sono sottoposti alla vaccinazione. Lo stesso avviene nel Regno Unito, dove nel sito del governo si trova una sezione «Corona Virus–Covid–19–vaccine–adverse–reactions», cioè nel quale vengono registrati gli effetti sfavorevoli o avversi a tutti i tipi di vaccino inoculati ai pazienti inglesi. Questo ha fatto sì che in quei Paesi non si assista a un dibattito anche acceso nei confronti dei vaccini stessi? No, ma almeno c'è una base universalmente riconosciuta e completamente trasparente dove ogni cittadino statunitense o inglese può verificare da solo e semplicemente, quali sono i dati reali e aggiornati della questione. Perché tutto questo non si può fare anche in Italia? Siamo stati informati nelle prime fasi del virus quotidianamente, nelle indimenticabili conferenze stampa delle ore 18 dai vari responsabili della Protezione civile sull'andamento dei contagi, dei ricoveri, delle terapie intensive. Dobbiamo fare lo stesso su questi aspetti. Anzi, dovrebbe essere l'Europa ad aver pensato di mettere in atto un controllo e una comunicazione trasparente a questo proposito. Ma, avendo fallito il piano di acquisto dei vaccini, che speranza possiamo avere che facciano questa cosa e soprattutto, se la facessero, in che tempi biblici possiamo sperare di vederla? Questo è un caso tipico nel quale conviene veramente partire da soli e in fretta. Del resto, chi scrive è stato vaccinato in quanto docente universitario di una università lombarda. Per fortuna non ho avuto alcun effetto negativo ma questo non vuol dire niente. Mai mi sentirei di porre la mia esperienza come prova della positività della vaccinazione da porre fuori discussione. Ma so anche per esperienza che, una volta vaccinato, tramite contatti con l'ente che mi ha vaccinato, ho dovuto fornire dati sulle mie reazioni nelle 24 e nelle 48 ore successive e certamente ciò continuerà anche in attesa della seconda dose del vaccino. Dunque i dati a disposizione ci sono. Vanno raccolti, analizzati e resi pubblici. Non sarà la soluzione al problema dell'incertezza ma sarà certamente una base solida per placare le polemiche e proseguire la indispensabile azione vaccinale di cui l'Italia ha bisogno.