2020-06-04
E se critichi
sul Covid diventi subito «negazionista»
C'è un uso politico della scienza. La scomunica riguarda chiunque esprima dubbi, indaghi, si ponga domande sulla gestione voluta dall'attuale esecutivo. Che tenta di avallare una inesistente «verità ufficiale» sul virus.Prima di tutti vennero a prendere il generale Pappalardo, e fummo contenti perché faceva troppo casino, e quel completo arancione era francamente inaccettabile. Poi vennero a prendere Matteo Salvini, e non ci preoccupammo troppo perché, in fondo, la cosa non ci riguardava più di tanto. Il problema vero, tuttavia, si manifestò quando l'accusa di «negazionismo» iniziò a essere mossa a tutti gli altri in virtù delle loro idee politiche, della loro fede e perfino per aver espresso un generico fastidio nei confronti del governo. Ora, non vogliamo renderla troppo melodrammatica. Ma il fatto è che quando sui giornali si leggono certe accuse, un velo di preoccupazione sale. Notiamo infatti il sorgere di un nuovo stigma: quello del «populismo negazionista» (così lo chiama Repubblica). Letteralmente, il «negazionista» sarebbe chiunque neghi non soltanto l'esistenza, ma più in generale la pericolosità del Covid-19. Scopriamo, tuttavia, che i limiti della definizione sono piuttosto morbidi. Negazionisti sono «leghisti, ex 5 stelle, integralisti e no vax». Proprio leggendo Repubblica ci si rende conto che la scomunica non riguarda soltanto i «gilet arancioni» e un pugno di svitati del Web, ma un bel numero di persone. Tra queste c'è ovviamente chi sostiene che «il coronavirus non è mai esistito nelle forme che conosciamo, ma è anzi una macchinazione del potere per assoggettare i popoli». Ma c'è pure chi osa esprimere dubbi in merito alle politiche imposte dall'attuale esecutivo. Notare che Bill Gates ha più di un interesse nello sviluppo del vaccino anti Covid, ad esempio, è sufficiente per essere sospettati di «negazionismo». Allo stesso modo, farsi venire un dubbio sull'effettiva necessità dell'utilizzo della mascherina in particolari circostanze conduce immediatamente sul patibolo, tra la folla che urla: «Negazionista! Negazionista!». Già di per sé, l'utilizzo di questo termine è sgradevole. È stato scelto perché stabilisce un immediato collegamento con il «negazionista dell'Olocausto», dunque con la figura più spregevole in consolazione. Secondo la Treccani, il negazionismo è «una corrente antistorica e antiscientifica del revisionismo». Quindi il negazionista è colui che nega l'evidenza «scientifica», che calpesta una «verità storica» in certi casi tutelata perfino dalla legge. Se ammettiamo che ci siano dei «negazionisti» del virus, dobbiamo allora ammettere che esista appunto una «verità ufficiale» sull'epidemia. Solo che questa «verità ufficiale» non può darsi. Lo dimostrano le divisioni profonde che attraversano la comunità scientifica, e che non riguardano soltanto l'utilizzo delle mascherine. Come ha notato saggiamente monsignor Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia, «gli scienziati, che in queste settimane hanno occupato la scena dei mass media in modo inversamente proporzionale alle certezze che avevano da comunicare, non sanno parlare adeguatamente del coronavirus. Non sanno», prosegue il prelato, «come si svilupperà la pandemia nel prossimo futuro né quando essa potrà dirsi definitivamente superata. Ma soprattutto, gli scienziati sono assolutamente divisi tra di loro». E allora come può, in questo clima di totale incertezza, esistere una «verità assoluta»? Non può esserci, motivo per cui deve essere lecito esprimere dubbi, indagare, farsi domande. Persino quando queste domande sono sgradevoli e riguardano il rispetto di norme stabilite - in modo arbitrario, in taluni casi - dall'attuale esecutivo e dai suoi «esperti». Altrimenti, il rischio è che il Comitato tecnico scientifico diventi un Comitato di salute pubblica, e cominci a preparare il Terrore. Per altro, è fin troppo evidente, in questo frangente, l'uso politico della scienza. Bollando l'avversario politico di «negazionismo» lo si scredita, lo si getta fuori dal consesso dei cittadini rispettabili. Infatti nel calderone non finiscono soltanto coloro che scientemente organizzano assembramenti in assenza di protezioni, ma persino quanti si sono arrischiati a criticare la sospensione forzata dei riti religiosi, gli «integralisti» (così li chiama sempre Repubblica, che si farebbe più di uno scrupolo a utilizzare lo stesso termine nei riguardi di un musulmano). Inoltre, di «negazionismo» non sono mai stati accusati i sindaci di sinistra che invitavano a circolare liberamente nei primi giorni di epidemia, ma soltanto i pericolosi «populisti di destra» che ora esprimono malcontento. Allora sorge il sospetto che il «negazionismo» sia soltanto l'ennesima scusa per scaricare sui cittadini responsabilità che non hanno. Giusto ieri il superconsulente governativo Walter Ricciardi informava che «solo il 10% degli ospedali è pronto per seconda ondata Coronavirus». Posto che gli esperti non sono affatto concordi nemmeno sulla «seconda ondata», viene da chiedersi: come possiamo fidarci di gente del genere, che continua a suonare sinfonie con i dati e che non provvede a mettere in sicurezza nemmeno gli ospedali, figuriamoci le scuole? Si preoccupano della movida, dei ragazzi che prendono l'aperitivo, delle sfilate della destra che distruggono l'unità nazionale. Ma se il rischio è ancora così alto, perché non si danno una mossa e non intervengono sul sistema sanitario? Forse stanno aspettando che il virus ritorni in forze, così poi potranno dire che a spargerlo sono stati i negazionisti?
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
Ecco #DimmiLaVerità del 12 settembre 2025. Il capogruppo del M5s in commissione Difesa, Marco Pellegrini, ci parla degli ultimi sviluppi delle guerre in corso a Gaza e in Ucraina.