Imposta dal governo tecnico nel 2011, è stata una mega patrimoniale con conseguenze devastanti sul mattone degli italiani. Bruciato un valore di 1.300 miliardi di euro. Una ricerca evidenzia il nostro crollo rispetto a quello degli altri Paesi europei.
Imposta dal governo tecnico nel 2011, è stata una mega patrimoniale con conseguenze devastanti sul mattone degli italiani. Bruciato un valore di 1.300 miliardi di euro. Una ricerca evidenzia il nostro crollo rispetto a quello degli altri Paesi europei.Lo si può chiamare effetto Monti, o effetto patrimoniale triplicata: ma, definizioni a parte, per la prima volta Confedilizia, la storica associazione che si batte per la proprietà immobiliare, ha provato - con l'ausilio tecnico del professor Andrea Giuricin, dell'Università di Milano Bicocca - a mettere nero su bianco le conseguenze devastanti sul mattone degli italiani di una serie di fattori, il più grave dei quali è indubbiamente rappresentato dall'operazione che il governo tecnico condusse nel 2011, portando da circa 8 miliardi annui a oltre 25 il gettito annuale delle tasse sugli immobili (tutti: prime case, seconde case, capannoni, negozi, botteghe artigiane, studi professionali, e così via). Da allora, a quella montagna sono stati tolti solo 4 miliardi, quelli corrispondenti alla tassazione sulle prime case (neppure tutte, come si sa). Morale: è rimasta una mega patrimoniale superiore ai 21 miliardi annui, un salasso che dal 2012 al 2019 è costato ai contribuenti circa 183 miliardi di euro. Che effetto ha determinato tutto ciò sul valore degli immobili in Italia? Lo hanno spiegato il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, e il professor Giuricin, e la risposta è impressionante. Fatto 100 il valore che avevano quegli immobili nel 2011, ora quello stesso valore è sceso a 76, cioè è diminuito di circa un quarto. La cosa è due volte sensazionale (in negativo): perché nel frattempo, bene o male, il Pil italiano, nonostante la crisi, è tornato ai livelli del 2011; e perché è stato bruciato un valore di 1300 miliardi di euro. Allora, infatti, lo stock di immobili esistenti valeva circa 5.700 miliardi, mentre ora quello stesso insieme di immobili ne vale 4.400. E perfino considerando il valore dei nuovi immobili residenziali che nel frattempo sono stati costruiti, il saldo resta comunque negativo, con una perdita di valore complessivo di 480 miliardi. Inutile dire quanto questa perdita di valore abbia anche determinato una contrazione della propensione al consumo delle famiglie: sia per la liquidità spesa in tasse, sia per l'effetto di paura indotto dal crollo del valore dei propri beni. La cosa è particolarmente grave in un Paese in cui - come si sa - la proprietà immobiliare è diffusa, con il 70% delle famiglie proprietarie di una casa: dunque, l'effetto depressivo ha colpito una fetta enorme della popolazione. E, a completare la beffa, c'è l'ovvia considerazione che le tasse continuano a essere pagate su valori catastali che invece sono rimasti immutati.La cosa fa ancora più impressione se si considera - come controprova - l'andamento del mercato immobiliare in altri Paesi europei. La ricerca presentata ieri esamina infatti, oltre all'Italia, anche Germania, Irlanda, Spagna, Francia, Olanda, Portogallo e Regno Unito. Anche in quei Paesi, tra il 2011 e il 2013, c'è stata una crisi, ma poi il mercato - non essendo gravato da quel devastante peso fiscale - si è ripreso, come testimonia inequivocabilmente l'andamento delle curve (e delle cifre). Solo in Italia la caduta prosegue, e sembra non arrestarsi. Nel secondo trimestre del 2019, ad esempio, si assiste a una generalizzata ripresa europea dei prezzi delle case: oltre il 10% di aumento in Portogallo, oltre il 5 in Spagna e Germania, oltre il 4 la media complessiva in Ue, mentre da noi il segno è ancora negativo (-0,2%). Insomma, il mercato italiano (non a caso, il più tassato) è l'unico ancora in crisi. È per questo che Giorgio Spaziani Testa, prima di illustrare la specifica posizione di Confedilizia sulla manovra che ha appena iniziato il suo iter parlamentare, si è soffermato su questo quadro complessivo: se non c'è il coraggio di aggredire quei 21 e oltre miliardi di tassazione annua, tutto il resto rischia di appartenere alla dimensione dei ritocchi, degli zero virgola, dei dettagli: «Il problema è il pregresso», ha scandito Spaziani Testa, «e occorre il coraggio di affrontare quel problema generale». Per il resto, Confedilizia critica l'unificazione Imu-Tasi com'è stata materialmente realizzata, perché non ha comportato la riduzione di tasse che era stata inizialmente ipotizzata. Anzi, nel momento in cui porta a 8,6 per mille l'aliquota base (7,6 per mille più 1), di fatto la aumenta per tutti i Comuni che, prima dell'unificazione, non applicavano la Tasi. Per alcuni, un ulteriore peggioramento, dunque. E anche dal punto di vista teorico, è scomparso qualunque riferimento ai servizi: quindi, anche in termini di natura della tassa, siamo davanti a una pura (e durissima) patrimoniale. Venendo infine alle misure più specifiche e limitate, giudizio positivo dell'associazione dei proprietari sulla stabilizzazione della cedolare secca per i contratti a canone calmierato; e giudizio negativo sulla mancata conferma della cedolare per i negozi.
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