
L'ambizioso piano del primo ministro britannico coinvolge anche l'italiana Leonardo, assieme alle britanniche Bae systems, Rolls-Royce e Mbda. Vorrebbe essere la risposta al progetto condiviso da Parigi e Berlino per rimpiazzare l'Eurofighter e sfidare l'americano F35.Settimana calda per la Brexit, tra il dibattito al Parlamento di Londra sulla bozza di accordo presentata dal premier Theresa May e il nuovo round di negoziati a Bruxelles che si concluderà venerdì con il Consiglio affari generali dell'Ue. Ma il Regno Unito guarda già oltre. Ieri, al Farnborough international airshow, il segretario alla Difesa, Gavin Williamson, ha svelato il nuovo aereo da combattimento, il Tempest. Il salone nei sobborghi della capitale ha ospitato la presentazione del progetto da 2 miliardi di sterline in 10 anni a sostegno di un'economia da oltre 6 miliardi che impiega 18.000 lavoratori diretti, oltre ai 100.000 dell'indotto. Il Tempest, che il segretario Williamson prevede in volo entro il 2035, prende il nome dal consorzio che l'ha studiato, il Team Tempest, joint venture tra le britanniche Bae systems, Rolls-Royce, Mbda e l'italiana Leonardo. Williamson ha presentato il documento Combat air strategy: an ambitious vision for the future, con le linee guida per il futuro del Regno Unito nel mondo della Difesa. Nel policy paper non compare mai la parola Brexit (c'è soltanto un brevissimo passaggio sulla Difesa, «settore critico ora che lasciamo l'Ue»), ma è evidente come il Tempest voglia essere una dimostrazione di potenza del Regno Unito anche dopo l'uscita dall'Unione europea: «È una strategia per mantenere il controllo dell'aria, sia in patria che all'estero, per rimanere leader globale nel settore», ha detto Williamson.L'annuncio arriva qualche mese dopo che Francia e Germania hanno formalizzato la loro cooperazione per il lancio di un aereo da combattimento comune entro il 2040. Williamson ha dichiarato che il progetto mostra agli alleati «che siamo disponibili a collaborare per proteggere i cieli». Londra continuerà a investire sull'Eurofighter Typhoon ma lo sviluppo del Tempest rivela l'intenzione britannica di mandare in pensione (si pensa nel 2040) il velivolo nato dagli sforzi comuni di Regno Unito, Germania, Francia, Italia e Spagna. Londra presenta il suo nuovo aereo continuando comunque a investire nell'F35 prodotto dalla statunitense Lockheed Martin; Parigi e Berlino annunciano progetti a due sfidando proprio gli Usa di Donald Trump. Così, l'idea di difesa europea continua a indebolirsi.In tutto questo, resta da capire la posizione che l'Italia vuole assumere anche alla luce del coinvolgimento nel progetto Tempest della partecipata statale Leonardo, che impiega 7.000 persone nei suoi sei stabilimenti nel Regno Unito. Intervistato dalla Cnbc, l'amministratore delegato Alessandro Profumo ha ribadito che l'ipotesi di un mancato accordo tra Londra e Bruxelles sulla Brexit sarebbe «un problema» per l'azienda, ma ha anche evidenziato come il ruolo nel nuovo progetto britannico è «molto importante». Come raccontato dalla Verità qualche giorno fa, al centro del recente incontro tra il ministro della Difesa italiano, Elisabetta Trenta, e l'ambasciatore britannico in Italia, Jill Morris, c'è stato proprio il ruolo di Leonardo, che è partner di alcuni centri studi, come il Rusi, ascoltatissimi dal governo di Londra. E nell'aria, visto anche il riavvicinamento di Roma a Washington in chiave anti francotedesca, c'era un po' di nostalgia dei tempi in cui a capo dell'allora Finmeccanica c'era Pier Francesco Guarguaglini, che in un'intervista al Financial Times nel 2010 definiva Regno Unito e Italia «partner naturali» nel settore.
Angelo Fanizza (Imagoeconomica)
Angelo Fanizza lascia l’Authority per la privacy: tentava di farsi svelare le fonti di «Report».
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Anziché sugli evidenti risvolti politici, il dibattito sul Quirinale gate si sta concentrando sui dettagli di colore: chi ha parlato? Non manca chi avvalora piste internazionali. Nessuno, tuttavia, sembra chiedersi se quelle dichiarazioni fossero opportune.
Gran parte della stampa non risponde alle logiche dell’informazione ma a quelle del potere. Prendete ad esempio il cosiddetto Garofani-gate. Invece di domandarsi se sia opportuno che una persona chiaramente schierata da una parte continui a ricoprire un ruolo super partes come quello di segretario del Consiglio supremo di Difesa, i giornali si sono scatenati alla ricerca della talpa che ha passato l’informazione.
Roberto Fico (Imagoeconomica)
Crosetto rivela: per il gozzo l’ex presidente della Camera paga 550 euro l’anno. La tariffa normale è dieci volte superiore. E nei prospetti che ha presentato da parlamentare il natante non c’è, alla faccia della trasparenza.
A Napoli si dice «chiagne e fotte»: trattasi di una espressione del dialetto partenopeo che indica una persona che ipocritamente mostra un modo di vivere spartano, gramo, mentre in realtà le cose gli vanno più che bene. In sostanza, chi «chiagne e fotte» adotta una doppia morale, una che vale per come vuole apparire, e una per come è. L’ex presidente della Camera, Roberto Fico, candidato alla presidenza della Regione Campania per il centrosinistra, può essere annoverato, in termini politici, tra i più autorevoli esponenti del «chiagne e fotte». Lui, che il primo giorno da presidente della Camera si fece riprendere mentre viaggiava in autobus; lui, il paladino degli ultimi; lui, il simbolo dell’anticasta, in realtà quando si è trattato di godere di privilegi che ai comuni mortali sono negati, non si è tirato indietro.
Ansa
Le selezioni di ingresso alla facoltà sono l’ennesima figuraccia del sistema universitario. Per la Bernini restano comunque valide.
Certo che poi c’è la malasanità o che i migliori laureati se ne vanno: se l’anticamera è questa roba che si è vista nei test d’ingresso a medicina, il minimo è mettersi le mani nei capelli. La cosa paradossale è stata che gli esaminatori avevano invitato gli studenti ad andare in bagno prima dell’inizio delle prove, «sempre sotto la supervisione di un docente», ci raccontano «poiché durante le pause di 15 minuti tra una prova e l’altra sarebbe stato concesso solo in casi di estrema urgenza».






