
Guido Crosetto svela che gli era stata chiesta ancora più durezza con Roberto Vannacci. Ma la censura s’è rivelata un vero boomerang: le sue osservazioni assai condivise ne fanno una figura politica. E più l’attaccano più si rafforza.Non so chi abbia ispirato la rimozione di Roberto Vannacci da capo dell’Istituto geografico militare. Il ministro della Difesa ha dichiarato che, se fosse stato per lui, il cambiamento di funzioni non l’avrebbe fatto, per spegnere il caso ed evitare che Vannacci diventasse un martire. Ma, ha spiegato Crosetto, «le persone con cui ho parlato» avrebbero preteso maggior durezza. Il ministro ovviamente allude ai vertici militari, ma qualcuno sospetta che dietro la cacciata del generale, reo di aver scritto un libro in cui si contestano le tesi care alla sinistra, ci sia la manina di Sergio Mattarella, il quale da capo delle Forze armate avrebbe preteso la testa dell’ufficiale.Sta di fatto che, come giustamente nota Crosetto, invece di mettere a tacere l’ex capo della Folgore e del Col Moschin, si è ottenuto l’effetto contrario. Un po’ perché Vannacci, dopo il benservito, si sente ancor più libero di dire quel che pensa e un po’ perché il libro dello «scandalo», in questo modo, ha ottenuto una pubblicità inaspettata e ora sta in vetta alle classifiche di vendita. L’altra mattina, su Canale 5, la giornalista del Riformista, Claudia Fusani, ha distribuito uno dei suoi consigli non richiesti, suggerendo al generale di tapparsi la bocca perché, a suo dire, ogni volta aggraverebbe la sua situazione. La replica dell’ufficiale è stata immediata: ogni volta che dico la mia vendo più copie. Dunque, la censura dell’estate, il vero caso politico che ha caratterizzato il mese di agosto (altro che le vacanze militanti di Elly Schlein), ha ottenuto l’effetto rovesciato. Invece di essere messe al bando, le tesi contenute nel Mondo al contrario, che poi sono argomenti che questo giornale si incarica di denunciare da anni, sono divenute oggetto di discussione e condivisione. Non so dire quante lettere siano arrivate in redazione a sostegno di Vannacci e quanti lettori abbiano deciso di comprare il volume. Tuttavia, tra le tante mail, mi ha colpito quella di un signore che, pur dichiarandosi ammiratore di Paola Egonu, giudicandola una bravissima pallavolista, trova ovvia l’osservazione del generale, il quale scrive che, pur avendo la cittadinanza italiana, l’atleta non ha le caratteristiche fisiche di un’italiana. Beh, che cosa c’è di male nel riconoscere che Egonu, essendo nata da genitori di origine nigeriana, abbia la pelle nera? Come si fa a evocare il razzismo di fronte a un’osservazione quasi banale? Che la giovane abbia tratti africani è evidente a chiunque e scriverlo non equivale a un insulto, ma a una banale constatazione. Può diventare un’offesa dire che una ragazza o un ragazzo, pur essendo italiani, hanno aspetti somatici diversi dagli italiani? In che cosa consiste la discriminazione? A forza di assecondare ogni piagnisteo delle cosiddette minoranze, siamo davvero arrivati al punto di dover cancellare ogni differenza per un indistinto genere umano approvato dalla commissione del Pensiero unico? In nome del bene comune abbiamo deciso di vietare la libertà di parola e di critica? Giungendo fino al paradosso di considerare un insulto dire che solo un maschio e una femmina sono in grado di far nascere un figlio? Capisco che la cultura progressista voglia imporre con la forza dei divieti un’ideologia che cancella le identità, di genere e di razza, e punta a punire con il carcere anche le critiche e i dubbi sul riscaldamento globale, ma forse siamo arrivati a un punto di rottura e il caso Vannacci è la spia di qualche cosa di più di un malumore. Come nel Sessantotto, quando la rivoluzione sembrava prossima e perfino il Corriere si adeguò, c’è una maggioranza silenziosa che non ha intenzione di assoggettarsi alle direttive della sinistra e comincia a ribellarsi.Altro che Brigate Wagner, come ha scritto Aldo Grasso, che sul quotidiano di via Solferino, insieme con Massimo Gramellini e Beppe Severgnini tiene alta la bandiera del luogo comunismo: chi per reazione alla cacciata del generale corre a comprarne il libro sono le brigate italiane, ovvero quella gran parte di persone che lavora, assolve ai propri compiti di cittadino, ma non condivide quasi nulla di ciò che piace alla gente che piace e soprattutto ai giornali. È la riprova che nelle redazioni si fatica a capire la realtà. Sempre più vicini al potere, sempre più dentro le camarille dei partiti e delle istituzioni, non si ascolta ciò che vuole l’italiano medio. L’autogol di chi ha deciso la cacciata di Vannacci e di quanti sulla stampa insistono a sostenere le ragioni della rimozione, facendolo passare per esaltato, hanno di fatto creato una nuova figura politica e ne sono prova i tentativi di alcuni partiti di agganciare il generale. Non so se questi accetterà di candidarsi in qualche lista o se vorrà fare da solo, ma posso dire che la replica di Vannacci alla Fusani non è sbagliata: più lo attaccano e più lo rafforzano, e non solo in libreria. Occhio.
Leone XIV (Ansa)
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Ansa
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