2018-12-05
La libertà di stampa non è a rischio. Dai due presidenti un pianto inutile
Sergio Mattarella e perfino Giorgio Napolitano difendono i media da «insidie» e pressioni. Ma si preoccupano solo se è lesa la loro parte. Il meglio, però, arriva quando ci si deve occupare di economia. Sulla manovra e le liti con l'Europa il terrorismo mediatico e l'allarmismo hanno caratterizzato praticamente tutte le testate nazionali, con poche e maltrattate eccezioni.Non bastava un presidente della Repubblica, se ne sono mobilitati addirittura due. Con baldanzosa agilità sono corsi a difendere la libertà di stampa che in questo Paese, a quanto pare, è sotto attacco. «L'incondizionata libertà di stampa costituisce elemento portante e fondamentale della democrazia e non può essere oggetto di insidie volte a fiaccarne la piena autonomia e a ridurre il ruolo del giornalismo», ha tuonato Sergio Mattarella. Che, non soddisfatto, ha aggiunto alcuni concetti fondamentali: «Una stampa credibile sgombra da condizionamenti di poteri pubblici e privati, società editrici capaci di sostenere lo sforzo dell'innovazione e dell'allargamento della fruizione dei contenuti giornalistici attraverso i nuovi mezzi, sono strumenti importanti a tutela della democrazia. Questa consapevolezza deve saper guidare l'azione delle istituzioni». Niente meno.A stretto giro sono giunte le parole di Giorgio Napolitano, che in un messaggio all'Associazione stampa parlamentare ha invitato a «tutelare l'indipendenza, la libertà e il pluralismo dell'informazione, anche con appositi stanziamenti, di fronte a ricorrenti tentazioni di occupazione e di compressione degli spazi di libertà». Tutte cose buone e giuste, per carità. Ma un particolare non ci è chiaro. Quali sarebbero le «ricorrenti tentazioni di occupazione e di compressione degli spazi di libertà»? E quali le «insidie volte a fiaccare la piena autonomia del giornalismo»? Perché la sensazione è che i due illustri presidenti abbiano suggerito che il pericolo per la libertà di stampa arrivi dall'esecutivo in carica. E del resto Repubblica e altri giornali non si sono fatti sfuggire l'occasione di rigirare i messaggi in chiave antigovernativa. Davvero commuove l'attenzione di Mattarella e di Napolitano per le sorti di noi poveri cronisti. Sarebbe stato di maggior conforto, tuttavia, vedere i due presidenti impegnati a tutelare davvero la libertà d'informazione, invece che assistere all'ennesima tirata retorica. Oggi, infatti, i maggiori responsabili della «compressione degli spazi di libertà» sono proprio i giornali. I media sembrano rinchiusi in una prigione della mente: brigano da soli per limitare l'indipendenza e il pluralismo, e non hanno certo bisogno delle intemerate di qualche portavoce o degli scivoloni di qualche esponente politico. Basta dare un'occhiata ai titoli degli ultimi giorni. Ieri, per esempio, sulla gran parte dei principali quotidiani si leggevano articoli indignati riguardanti Antonio, il padre di Luigi Di Maio. Viene accusato - pensate un po' - di aver difeso suo figlio. Gli rimproverano il video in cui si prende la colpa per gli oscuri maneggi riguardanti abusi edilizi e pagamenti in nero. Dopo aver dedicato paginate e paginate alle vicende di Di Maio senior, i giornali - in modalità cani da guardia della democrazia - lo sbranano pure per aver ammesso le sue colpe. Evviva la libertà di opinione, senza dubbio. Solo che al pluralismo non avrebbe fatto male leggere anche qualche titolo su Tiziano, ovvero il padre di Matteo Renzi, delle cui azioni La Verità sta dando conto nei dettagli. Curioso, non trovate? Sul padre di Di Maio si insiste fino allo sfinimento. Sul babbo di Renzi (che pure, in quanto a lavoro nero, non si è certo tirato indietro) silenzio quasi assoluto. Viene il sospetto che la «libertà di stampa» valga soltanto quando ci sono da tutelare gli interessi di parte. Facciamo un altro esempio, tanto per uscire dall'orbita renziana. Parliamo della triste vicenda di Codroipo e dell'asilo da cui sarebbero stati banditi i «bambolotti neri». Si tratta, semplicemente, di una balla: nessun giocattolo è stato vietato. Appena la notizia ha cominciato a circolare sulla Rete sono arrivate immediate la precisazioni della giunta destrorsa del Comune in provincia di Udine. Ma non c'è stato niente da fare: i media si sono scatenati lo stesso. Pur di sostenere che questo governo è fascista e razzista, vale tutto. Non serviva certo il caso di Codroipo per averne conferma. L'elenco delle bufale sul razzismo circolate nei mesi scorsi è infinito. Sull'immigrazione le mistificazioni sono all'ordine del giorno (da anni, non da oggi). Ma potremmo parlare anche delle mezze verità che si ascoltano sui temi cosiddetti «scientifici»: perfidi complottisti No vax che spuntano ovunque e finiscono sulle prime pagine; titoli farlocchi sugli italiani untori che fanno ammalare i loro connazionali e i migranti... Ne abbiamo lette di ogni tipo.Il meglio, però, arriva quando ci si deve occupare di economia. Sulla manovra e le liti con l'Europa il terrorismo mediatico e l'allarmismo hanno caratterizzato praticamente tutte le testate nazionali, con poche e maltrattate eccezioni. Su tutto questo, però, i presidenti della Repubblica non proferiscono verbo. Magari invitano a moderare i toni sui migranti, a ricordare quando «a partire eravamo noi». Ma mai che si senta mezzo invito a non spararle grosse sullo spread e i risparmi dei cittadini. Tutto ciò che infilza il governo delle capre populiste viene ingoiato senza singulti. Ogni altra deviazione dalla norma, invece, è sanzionata e stigmatizzata. C'è «compressione degli spazi di libertà», denuncia Giorgio Napolitano. Ci sono «insidie», sostiene Sergio Mattarella. Le balle, tuttavia, continuano a circolare con la massima tranquillità.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)