2020-01-14
La Lega fa ricorso alla Consulta contro la manovra
«Violate le prerogative dell'Aula senza alcuna causa di ritardo esterna». L'anno prima l'Ue aveva chiesto modifiche radicali.Stamattina la Lega deposita in Corte costituzionale il ricorso (firmato da tutti i deputati) contro la manovra di bilancio approvato in tutta fretta prima di Natale. Il ricorso è per conflitto di attribuzioni e per manifesta volontà da parte del governo di concedere al Parlamento le proprie prerogative. In sostanza, la legge di bilancio è arrivata sui banchi senza alcuna possibilità di contraddittorio, una sola lettura e nel complesso (incluso anche il transito presso le commissioni) i deputati hanno visto comprimere in meno di sei giorni l'intero processo legislativo previsto dalla Costituzione: dall'esame in commissione fino all'approvazione articolo per articolo. Il Carroccio lamenta anche il fatto che la funzione dell'iter costituzionale del dibattito sia stata volutamente interrotta dai rappresentanti del governo. Il ricorso fa espressamente riferimento a un emblematico intervento del sottosegretario all'Economia, Antonio Misiani, nel quale il dalemiano si esprime a favore della scelta dei relatori di esprimere parere negativo a qualunque richiesta emendativa. Non solo, Misiani sempre in Aula spiegava che la scelta era necessaria per il governo al fine di evitare in ogni caso l'esercizio provvisorio di bilancio. Così infatti è stato. Peccato che la Costituzione preveda il rispetto del Parlamento e il ricorso della Lega parte esattamente da dove era finito quella a firma Pd presentato un anno fa alla Consulta. In una delle ultime sedute d'Aula mentre si discuteva della manovra 2019, il parlamentare piddino Emanuele Fiano fu inquadrato mentre lanciava in faccia all'allora vice ministro dell'Economia, Massimo Garavaglia, un fascicolo di emendamenti stampati. Poi ci fu la bagarre e le urla del Pd che paventava la dittatura e il pericolo fascismo. Era il 28 dicembre del 2018, quando il testo della leggi di bilancio tornò per la terza volta alla Camera. Non c'erano i tempi per affrontare i dettagli degli emendamenti. Anche il presidente della Repubblica intervenne. La Stampa lo definì «preoccupato». E aggiunse che il Colle non è mai insensibile di fronte a un «Senato messo sotto le suole». In effetti il governo gialloblù arrivò all'ultimo. E su questi fatti il Pd scrisse alla Consulta che a fine gennaio rispose con una ordinanza che adesso potrebbe rivelarsi un boomerang per la nuova maggioranza giallorossa. La Corte ebbe a precisare che se non fosse stato per un intervento esterno al governo l'iter così compresso sarebbe stato da considerare incostituzionale. In effetti, il 12 dicembre 2018 i gialloblù furono costretto a recepire le modifiche dell'Ue e a fare due passaggi al Senato e tre alla Camera. Il Pd di opposizione (a fine 2018) fece presente che i due governi precedenti avevano fatto arrivare la prima bozza di bilancio rispettivamente a Camera e Senato a ottobre. Per la precisione, nel 2016 il giorno fu il 17 e nel 2017 (dunque per la legge di bilancio 2018) il 30 di ottobre. Nel 2019 non ci sono invece scusanti. Tanto più che il governo in carica ha spinto l'iter fino all'orlo del burrone in modo consapevole avendo deciso di stoppare ogni attività parlamentare, temendo i propri deputati e senatori pieni zeppi di franchi tiratori. I giallorossi hanno ristretto i tempi molto più di quanto ha fatto il Conte uno. Dalla loro non possono utilizzare la scusante dell'Ue. Bruxelles non ha bocciato la manovra 2020, si è limitata alla consueta tirata d'orecchi per mettere sotto osservazione l'iter. Nessun ritardo però è imputabile a scelte esterne al governo. Ecco perché la mossa del Pd contro la Lega può diventare un boomerang targato Lega che finirà con il colpire il Pd. Certo rispetto all'anno scorso c'è una seconda novità. A metà dicembre scorso è stata eletta la nuova presidente della Consulta. Si chiama Marta Cartabia e pur nel rispetto dell'incarico totalmente super partes è molto difficile immaginare che da piazza del Quirinale possa parte un siluro di tale entità a un governo di sinistra per di più appoggiato dai renziani di Italia viva. Teoricamente basterebbero pochi giorni per emettere una prima ordinanza di ammissibilità. Se ciò avvenisse prima delle elezioni in Emilia Romagna sarebbe come mettere nuova benzina nel motore della campagna elettorale. Se la Cartabia definisse il ricorso ammissibile il Carroccio troverebbe un megafono acceso con il vento a favore. Per il resto bisogna considerare che non esiste alcun precedente si sorta nella letteratura della Consulta. Sarebbe qualcosa di unico e così dirompente da imporre un esercizio provvisorio temporaneo fino all'approvazione di una nuova legge di bilancio. Non si è mai visto prima.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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