
Battutaccia facile facile: il Milan rimette il piede sull’acceleratore e si ricorda di chiudere lo...Sportiello. Ma Stefano Pioli torna a casa con svariati grattacapi. La Juventus crolla in trasferta a Sassuolo. Per Max Allegri, i grattacapi dovranno essere smaltiti con antidolorifici poderosi. Procediamo con ordine: è soprattutto per merito del secondo portiere rossonero, schierato al posto dell’infortunato Maignan, che i casciavit portano a casa la pagnotta e i tre punti a San Siro contro un modesto Hellas Verona nel giorno della commemorazione del monumentale Giovanni Lodetti. Ciò avvalora parte della campagna acquisti: tutelarsi con un’alternativa tra i pali di discreto lignaggio come l’ex portiere atalantino puntella i risultati traballanti. Se tra i pali ci fosse stato ancora il vampiresco Tatarusanu, volonteroso e però poco reattivo, forse il tiro insidioso di Folorunsho a metà del primo tempo non sarebbe stato bloccato con l’istinto sornione del felino, specie alla quale sia Sportiello, sia Maignan appartengono. La Juventus sperava nella consueta vittoria di «corto muso», come da filosofia propugnata dal suo allenatore, invece incassa quattro pappine, perde 4-2 sul terreno del Sassuolo, mentre i tifosi osservano il logoramento dei rapporti tra il tecnico toscano e il bomber Dusan Vlahovic: sostituito a metà ripresa con Moise Kean, il serbo sfodera il suo disappunto, scuotendo la testa. Quando Federico Chiesa poi segna il gol del momentaneo 2-2, corre ad abbracciare proprio il compagno in panchina. Ma si diceva del Milan, vittorioso 1-0. Per una notizia di mercato rinfrancante, eccone una allarmante: se è assente Theo Hernandez, manca un terzino sinistro di ruolo. Dunque Pioli ridisegna la formazione con tre centrali - Thiaw, Kjaer e Tomori -, Musah avanzato sulla destra (mancava pure Calabria), Florenzi adattato sulla sinistra, con propensione a svariare. Scampolo di partita per il giovane laterale Bartesaghi, classe 2005, che ha mostrato sprazzi di personalità. Il Diavolo è ancora convalescente. La scoppola incamerata nel derby, quel 5-1 umiliante nel risultato e nel modo in cui è scaturito, con errori d’ostinazione del tecnico rossonero lodevoli sul piano del progetto tattico, meno su quello del pragmatismo, ha lasciato il segno sia ieri, sia in Champions League contro il Newcastle, partita che poteva essere vinta. I tre punti arrivano grazie a una sortita di Rafa Leao, propiziata da un contropiede, con Giroud bravo a recuperare un pallone alto e a innescare il ghepardo portoghese, fulmineo nell’involarsi verso la porta gialloblu e nell’infilare il Montipò con un diagonale mancino. L’olandese Reijnders, impeccabile, testa alta nel dettare i passaggi, ha sfiorato il raddoppio, ma Duda ha deviato fuori. Nella ripresa, i veronesi hanno attinto dalle loro energie per impensierire un Milan dipinto dal fucsia della sua terza casacca: le girate a rete di Ngonge e Bonazzoli non erano abbastanza poderose da tratteggiare particolari minacce. L’inserimento di Saponara e Cabal non ha modificato più di tanto la sinfonia, evidenziando sia un pregio, sia un limite nei padroni di casa: tante soluzioni dalla cintola in su, poco nerbo in difesa. Il Milan ha fatto entrare il vigoroso Loftus Cheek in luogo del prediletto di Pioli, lo sloveno Krunic (infortunato), ha messo Okafor e Pobega per far rifiatare Leao e Pulisic, insomma, la panchina consente varianti, eccezion fatta per il povero Adli, condannato al girone dantesco degli eterni spettatori. Eppure la retroguardia andrebbe puntellata. Tomori sfrutta le sue doti di anticipatore ma è umorale, Thiaw ha senso della posizione e muscoli, ma è inesperto e talvolta annaspa, Kjaer è diligente, ma non sa comandare il reparto come farebbe un Thiago Silva di turno (certo, il raffronto sarebbe impari per il novanta per cento dei difensori del mondo). La classifica sorride al Milan grazie al talento di Leao, sebbene la metà nerazzurra di Milano gongoli, snocciolando una sfilza di motivi per ritenersi superiore ai cugini. Gli juventini, forti di un match convincente settimana scorsa contro la Lazio, sono usciti assai ridimensionati. Il Sassuolo sblocca la gara con Lauriente, rapace nello sfruttare un’esitazione di Szczesny, la Juve replica con un’autorete di Vina, propiziata dal veloce Chiesa, ma non fa in tempo a esultare che Berardi, il più talentuoso tra i neroverdi di Dionisi, calcia un sinistro all’incrocio e segna. Dopo diverse sostituzioni, tra le quali quella di un contrariato Vlahovic, il solito Chiesa si mobilita, lascia partire una staffilata e sigla il 2-2. Potrebbe trattarsi del momento decisivo per spuntarla, invece gli emiliani sono freddi nell’affrontare le montagne russe dell’ansia e, dopo una respinta traballante del portiere bianconero, Pinamonti si produce in un tap-in da celebrazione, portando ancora in vantaggio i suoi. Per uno Sportiello milanista che salva il risultato, c’è uno Szczesny juventino che lo complica. Ma il deficit di concentrazione nella formazione di Torino è preoccupante. Gatti nel finale è preda di un raptus che di solito si scorge nelle partite impiegatizie tra scapoli e ammogliati, propone un retropassaggio da denuncia penale e infila la sua porta nell’imbarazzo generale. Come già detto, a sorridere è ancora l’Inter. Con la sfida di oggi contro l’Empoli può consolidare il suo solitario primato.






