2018-12-01
La giravolta di Sala: Ambrogino a Elio che 10 anni fa offese Milano rifiutandolo
È la prova della deriva poco etica imboccata dal riconoscimento creato per premiare i tanti sconosciuti che fanno grande la cittàUn anno fa il sindaco Giuseppe Sala era stato categorico circa l’Ambrogino d’oro che è il massimo riconoscimento di Milano «a chi dedica la propria vita al bene comune o ha saputo dare un contributo speciale alla città». Sala aveva detto, anzi promesso una svolta epocale: «L’Ambrogino d’oro non serve per dare un premio a chi ha già ricevuto tanti riconoscimenti, ma ai tanti sconosciuti che fanno grande questa città … bisogna ripensare a questo tema degli Ambrogini che è diventato anche un po' merce di scambio della politica. Questo non va bene. Bisogna premiare persone, anche sconosciute, che al buio fanno tanto per la città». Ed ecco infatti - con l’usuale coerenza - nella fresca lista dei premiati il prossimo 7 gennaio al Teatro dal Verme, comparire ben due chef stellati - ovvero Massimo Bottura e Claudio Sadler - che rappresentano un bel segnale di come la giunta anteponga le delizie del ventre a quelle dello spirito. Vi è poi lo psicanalista «prezzemolino» Massimo Recalcati, famoso per l’elaborazione di complessi in formato famiglia e per l’esternazione nei confronti di Matteo Renzi. Il nome però che più stride e quasi esige una nemesi civica è quello di Elio e le Storie tese che qualcuno nel consiglio comunale vorrebbe far passare per dei nuovi Giorgio Gaber (sì, ma per poveri di mente). Ebbene questa band nel 2008, con uno sberleffo o meglio una buffonata delle loro, rifiutò con gran clamore l’Ambrogino, perché il sindaco Letizia Moratti e il Comune di Milano avevano - secondo la band ingiustamente - negato la cittadinanza onoraria a Roberto Saviano (vien da dire con un’intuizione napoleonica, considerando la macchinetta da soldi in cui nel frattempo s’è convertito). Si sa che alle popstar piace di tanto in tanto fare qualche gesto politico plateale, è come un modo per ravvivarsi il ciuffetto etico davanti allo specchio tra un’occhiata e l’altra al saldo bancario. Ora però il sindaco Giuseppe Sala torna alla carica: Elio e le Storie tese devono avere l’Ambrogino d’oro! Poco importa il detto «chi non mi vuole, non mi merita» né ancor più umiliare in tal modo tutta la città di Milano di là da giunte o colori politici. Chissà se stavolta la band, impietosita da tanta imbarazzante deferenza, accetterà questo benedetto Ambrogino. Sarebbe un gesto da veri voltagabbana, ma i sommi artisti sono eccentrici e seguono l’ispirazione del momento. In Comune non vedono l’ora di scoprire come si combinerà Elio, al secolo Stefano Belisari, leader del gruppo e grande amante dei travestimenti eccessivi al limite della neuro; magari si travestirà proprio da Sant’Ambrogio - con tanto di barba, tiara e bastone episcopale - per la gioia e il divertimento del sindaco Sala, per una volta non incazzoso davanti ai click dei fotografi. La verità è che come tutti i premi, morenti o no, l’Ambrogino per sopravvivere deve appoggiarsi alla nomea dei premiati, qualunque essa sia, e suggerne vampirescamente la vitalità mediatica; deve far parlare di sé, non importa come. Il premio vivacchia persino grazie alle inevitabili, strumentali polemiche legate a qualche escluso famoso. Quest’anno è toccato a Chiara Ferragni, prima ventilata e quasi certa, poi ritenuta impresentabile e stroncata di brutto (come se Elio e le Storie tese le fossero di gran lunga preferibili). Comunque, se la condotta nell’assegnazione degli Ambrogini sarà la stessa tenuta per la band, la Ferragni si consoli e non stia a piangere lacrime social (nascondendo intanto un ghigno vendicativo dietro il kleenex), vedrà che tra qualche anno glielo daranno l’Ambrogino con tanto di municipali scuse e genuflessioni miserrime. Che poi il premio debba andare «a chi dedica la propria vita al bene comune o ha saputo dare un contributo speciale alla città» pare oggi una quisquilia. Anzi a questo punto sarebbe meglio dismetterne in toto il nome, cancellare il riferimento a Sant'Ambrogio (vescovo battagliero e ascetico per chi non lo sapesse), dato che, diciamolo chiaro, eticamente parlando il premio sembra essere peggio di un vuoto a perdere. Ma a Giuseppe Sala di questi tempi non bisogna troppo «rompere le palle» (come dice il primo cittadino con impeccabile senso della forma e del galateo). Lui non è mica il sindaco di Avellino, per nostra grande iattura.
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