2024-10-01
La Germania non ne può più del green. «No ai vincoli per le piccole aziende»
Il ministro della Giustizia Marco Buschmann annuncia di voler rinegoziare la direttiva Ue che impone un «bilancio di sostenibilità» alle imprese con più di 11 addetti. Per il sistema tedesco avrebbe un costo di 1,6 miliardi.La direttiva Csrd (Corporate sustainability reporting directive), quella che richiede l’obbligo per alcune imprese di comunicare le informazioni non finanziarie tramite la redazione di un bilancio di sostenibilità, deve essere cambiata. A parlare è il ministro della Giustizia tedesco Marco Buschmann all’interno di una conferenza organizzata dalla Camera di Commercio e dell’Industria tedesca (Dihk). «Dobbiamo utilizzare il periodo che manca alla piena attuazione della Csrd per rinegoziare», ha detto. In effetti, ci sono ancora un paio d’anni di tempo prima che le imprese più piccole abbiano l’obbligo di comunicare le loro caratteristiche di sostenibilità, elemento che entrerà in vigore nel 2026 e nel 2027. In particolare, si tratta di società il cui numero di dipendenti deve essere «non inferiore a 11 e non superiore i 250», avere patrimonio tra i 450.000 e i 25 milioni di euro e ricavi netti delle vendite e delle prestazioni tra 900.000 e 50 milioni di euro.Va ricordato che la direttiva Csrd, adottata nel 2022 ed entrata in vigore nel gennaio 2024, ha cambiato il precedente quadro normativo che riguardava l’informativa sulla sostenibilità delle società non finanziarie portando all’interno dell’ambito di applicazione un maggior numero di società. Ad ogni modo, anche se c’è a disposizione ancora un po’ di tempo prima che scattino gli obblighi previsti, la Commissione ha inviato un avvertimento formale ai governi di 17 Paesi dell’Unione europea – tra cui Germania, Spagna, Paesi Bassi e Austria – per non aver recepito le norme entro la scadenza ufficiale del 6 luglio.Certo è che, all’interno del proprio programma 2024 la Commissione ha inserito la Csrd tra le misure da correggere al fine di alleggerire l’onere burocratico per le aziende e in particolare per quelle piccole e medie, con l’obiettivo di ridurre del 25% gli obblighi di rendicontazione. Anche per questo l’attuazione della direttiva sulla sostenibilità è stata ritardata (con approvazione del Parlamento e di alcuni Stati membri in agosto) di due anni per alcuni settori e per le imprese con sede al di fuori dell’Ue.«A volte mi sento come Sisifo, che rotola su con la pietra. Una volta arrivato in cima, Ursula von der Leyen mi sorride e fa rotolare di nuovo la pietra verso il basso», ha spiegato Buschmann alla conferenza di Berlino. Per questo, ha sottolineato, una norma che è stata adottata dal Parlamento tedesco giovedì scorso dovrebbe ridurre i costi totali di sostenibilità per le aziende nazionali di circa un miliardo di euro, anche se l’aumento della burocrazia Ue potrebbe metterla a repentaglio. Del resto, le stime d’impatto della Csrd hanno evidenziato che la sua attuazione a livello nazionale porterebbe nuovi costi di conformità per 1,6 miliardi di euro per le aziende tedesche.Inoltre, Buschmann ha anche criticato una certa mancanza di discussioni e negoziati più ampi sugli obiettivi della Crsd spiegando che il processo che ha riguardato la direttiva è stato «molto tecnocratico». Nel Parlamento europeo, ha ricordato il politico tedesco, spesso solo un piccolo gruppo di negoziatori discute le leggi, «senza dibattito nei gruppi (politici)». Dal canto suo Hildegard Bentele (Csu, Ppe), unico membro del Parlamento europeo presente all’evento berlinese di venerdì scorso dove era presente anche il ministro della Giustizia tedesco, ha risposto alle dichiarazioni di Buschmann descrivendole come basate su una «immagine sbagliata dei relatori». Anche Richard Gardiner, numero uno per le politiche dell’Ue presso la World Benchmarking Alliance – un’iniziativa del settore privato per tracciare i progressi delle aziende verso il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ha ritenuto insostenibili le opinioni di Buschmann.A loro volta molti imprenditori e politici tedeschi presenti alla conferenza di venerdì 27 hanno criticato le posizioni di Gardiner spiegando che molti di loro erano stati coinvolti troppo tardi nel processo legislativo legato a questa norma sulla sostenibilità, solo quando era stato avviato il processo di recepimento nazionale della direttiva. Come è stato fatto notare da parte dei rappresentati dell’Unione delle Camere di Commercio ed Industria Tedesche che hanno organizzato la conferenza a cui era presente Buschmann, «quando noi come Dihk diciamo ai nostri membri di stare attenti, che sta arrivando qualcosa (dall’Unione europea, ndr), tutti sanno che ci vorranno cinque anni prima che arrivi alle aziende in Germania», ha spiegato Martin Wansleben, direttore generale della Dihk. «Così, tutti in Germania avevano altro da fare che preoccuparsi di ciò che sarebbe arrivato tra cinque anni», ha aggiunto. E quando finalmente quel qualcosa è arrivato tutti si sono domandati dove fossero rimasti. «In sostanza», ha detto, gli imprenditori e i politici avrebbero dovuto «essere coinvolti prima in questo processo», ha ricordato Martin Plum, politico tedesco della Cdu. «Dobbiamo cercare di esercitare un’influenza e impedire che il peggio accada ancora prima che la proposta della Commissione giunga in circolazione», ha aggiunto.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
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«L'immunità parlamentare serve a garantire libertà di espressione, libertà di azione ai parlamentari, non per vicende che riguardano l'attività delle persone quando non erano ancora parlamentari. Quindi - ha spiegato il ministro degli Esteri - non e' giuridicamente fondata la richiesta della conservazione dell'immunità. Noi siamo garantisti, quindi finchè uno non è condannato non e' colpevole, però non possiamo dare un salvacondotto a Salis. Se fossero cose avvenute durante il mandato parlamentare sarebbe stato diverso, ma in questo caso i reati di cui è accusata sarebbero stati commessi prima della sua elezione in Parlamento quindi è giusto votare contro la conservazione dell'immunità».
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