
La riunione Ecofin che si è tenuta a Bruxelles è risultata essere completamente inutile: non si discute di manovra e salta (per fortuna) l'imposta digitale.La notizia del giorno alla riunione Ecofin di Bruxelles è la sconfitta momentanea della Francia sulla webtax, o - per vedere le cose da un altro punto di vista - la vittoria di Donald Trump (almeno per ora) in trasferta e senza nemmeno dover scendere in campo. Come vedremo alla fine, però, l'Italia ha un motivo di preoccupazione, o quanto meno di dubbio politico, per la posizione che sarebbe stata assunta dal ministro Giovanni Tria.Come la Verità vi ha raccontato lungo tutta l'estate, c'era da tempo un lavorio francese, su cui Emmanuel Macron aveva personalmente investito il suo capitale politico, per introdurre una qualche forma di tassazione europea del Web.Il primo tentativo (già abortito da tempo) sarebbe stato un boomerang totale: una tassa sui servizi digitali, che avrebbe finito per colpire non i «giganti del Web», ma ogni impresa europea per qualunque transazione digitale. Un autogol assoluto.E allora gli strateghi francesi, convinti di poter contare sul sostegno tedesco, hanno elaborato un piano B: tassare al 3% le aziende digitali con un giro d'affari in Ue al di sopra della soglia dei 50 milioni di euro annui, colpendo in particolare i ricavi pubblicitari e quelli relativi all'uso dei dati personali. Quale il ragionamento di Parigi? Così nessuno potrà dire che l'Europa è contro le imprese digitali in sé: la nuova tassa colpirebbe solo un centinaio abbondante di aziende di grossa taglia, a partire da Apple, Google, Facebook, Amazon.Ma a Parigi hanno dimenticato un «dettaglio»: la cosa si trasformerebbe in un dito nell'occhio del gigante americano. Insomma, dopo le provocazioni di Macron sull'Iran, dopo le smisurate ambizioni francesi in Libia e Nord Africa, un terzo fronte di attacco dell'Eliseo all'Amministrazione Trump. E infatti The Donald non ha perso tempo a informare le capitali europee di una certa e ferma reazione di Washington, in caso di varo della nuova tassa.Morale: i tedeschi si sono sfilati insistendo per un rinvio, e una serie di altri partner europei (si pensi all'Irlanda) non hanno alcuna fretta di decidere, avendo ottenuto grandi investimenti sui loro territori proprio grazie alle opportunità fiscali offerte a quelle aziende.Il ministro delle finanze francese, Bruno Le Maire, era arrivato baldanzoso al vertice. Dentro la riunione, in realtà, i transalpini, per non uscire a mani vuote, hanno cercato un compromesso al ribasso, ipotizzando una tassa europea a termine, destinata a essere sostituita – in futuro – da un eventuale intervento globale dell'Ocse.Ma la cosa non ha convinto molti presenti: perché mai autorizzare una fuga in avanti europea, facendo dell'intera Ue un territorio fiscalmente svantaggioso, con l'unico risultato di scoraggiare nuovi investimenti? È evidente che, in presenza di un atto ostile, una serie di soggetti deciderebbero di allontanare risorse dall'Ue, in cerca di luoghi più attraenti dal punto di vista fiscale e burocratico. Il mondo è più grande dell'Europa.Così, alla fine della fiera, ieri si è registrato un nulla di fatto, e a Le Maire, in chiusura di giornata, non è rimasto altro da fare se non auspicare che una decisione venga presa entro fine anno, nell'ultima riunione Ecofin del 2018.Restano in realtà almeno due nodi. Il primo è la pervicace volontà francese (oggi non condivisa da molti partner Ue) di dare un calcio negli stinchi a Washington. Il secondo è la convinzione ampia, anche di coloro che sono astrattamente favorevoli alla tassazione, che sia meglio attendere un intervento globale dell'Ocse, senza che l'Ue prenda autonomamente una decisione autolesionista.In curiosa controtendenza, tra coloro che spingono per una decisione entro dicembre, c'è proprio Giovanni Tria, che – riferiscono fonti Ecofin – si sarebbe spinto a preannunciare una tassazione autonoma italiana se l'Ue non troverà l'accordo. Ma siamo sicuri che all'Italia convenga – proprio ora – sfidare Trump, l'unico player globale che abbia teso la mano al governo di Roma?
        Carlo Galli (Ansa)
    
Il filosofo: «Chi usa la nuova tecnica per accrescere il suo potere finge che il progresso sia inevitabile. Un’alternativa politica, però, deve sempre esistere: si chiama libertà».
        Alberto Stefani (Imagoeconomica)
    
Il leghista in corsa per il Veneto: «È vero, qui mancano lavoratori, ma serve formazione tecnica, non immigrazione incontrollata».
        
    (Arma dei Carabinieri)
    
Gli uomini del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti hanno sgominato un’organizzazione criminale dedita all'immigrazione illegale attraverso l’uso fraudolento del decreto flussi.
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina.
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi. Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo.
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