2018-08-12
La «genitore 2» dei cretini è sempre incinta
La decisione - banale e simbolica - di Matteo Salvini di ripristinare papà e mamma sui moduli per i documenti scatena una polemica surreale e contro la realtà. Come confermano i dati recenti, in Italia in un anno e mezzo ci sono state appena 6.000 unioni civili.Sembra che Matteo Salvini, abolendo l'orrenda dicitura «genitore 1» e «genitore 2» sul modulo di richiesta della carta d'identità digitale, abbia causato un disastro di proporzioni globali. A sentire le dichiarazioni delle associazioni Lgbt e dei loro sostenitori, viene da pensare che il leader leghista sia un uomo malvagio, un organizzatore di pogrom o simili. Forse, allora, è bene definire ulteriormente quali siano i termini della questione, al fine di non confondere realtà e paranoia. Ieri, su Repubblica, la sociologa Chiara Saraceno (da sempre in prima linea nella difesa delle Famiglie arcobaleno) ha scritto che Salvini lede il diritto di molti bambini «ad avere una identità pubblica legale corrispondente alla realtà». In sostanza, spiega la studiosa, ripristinando le categorie di padre e madre sui documenti si otterrebbe questa situazione: «Se i genitori effettivi sono dello stesso sesso, legalmente ce n'è solo uno, almeno sulla carta d'identità». La grande mistificazione sta proprio qui. Due madri o due padri non possono essere i «genitori effettivi» di un bambino. Solo uno di loro può esserlo. Vogliamo offrire una descrizione corrispondente alla realtà? Allora dobbiamo ammettere questo: che un bimbo nato tramite utero in affitto ha un padre biologico, un altro uomo che vorrebbe essere a sua volta padre, e una madre biologica di cui si nega pubblicamente l'esistenza. Questa è la «realtà». Chiara Saraceno ha poi un'altra freccia al suo arco. A suo parere, «i ruoli sociali della genitorialità» non sono «perfettamente sovrapponibili a quelli della riproduzione». È vero: esistono zii che fanno da padri ai bimbi, madri single che si caricano sulle spalle anche la funzione paterna, padri soli che sopperiscono alla mancanza della madre. Ci sono coppie che adottano orfani o piccoli abbandonati e li crescono come se fossero propri, o persino meglio. Ma, anche qui, siamo in presenza di un fraintendimento. In tutti questi casi, si sopperisce a una mancanza. C'è qualcuno che - per buona volontà o per necessità - fa le veci di qualcun altro. Ma nel caso della maternità surrogata o della fecondazione eterologa, non si sopperisce ad alcuna necessità. Anzi, si crea deliberatamente un vuoto. Si utilizza il corpo di un terza persona a fini riproduttivi e poi la si toglie di mezzo come se non esistesse. Restiamo, tuttavia, sul caos creato dalle esternazioni salviniane. È stato il ministro stesso a spiegare che la questione del «genitore 1 e 2» era «una piccola cosa» e non una questione capitale. Era un segno. Secondo Monica Cirinnà del Pd, «non sarà un Matteo Salvini qualunque con il suo 17%, a togliere ai bimbi delle Fam arcobaleno le loro due mamme o due papà!». Per Giuseppina La Delfa, fondatrice di Famiglie arcobaleno, «Salvini ha perso il senso dell'umano», ed è «triste avere un simile ministro a tutela della giustizia, è triste e spaventoso». Marilena Grassadonia, anche lei esponente di Famiglie arcobaleno, è fuori di sé: «Ma lo sa Salvini quante famiglie ci sono in Italia con figli che hanno due mamme o due papà?». Già, quante ce ne sono? Guardiamo i dati. Qualche giorno fa, l'autorevole sito Truenumbers.it ne ha pubblicati alcuni, parecchio emblematici. «La legge Cirinnà è entrata in vigore il 5 giugno 2016», si legge, «e da allora fino al 31 dicembre 2017 sono state 6.073 le coppie unite civilmente, quasi il 25% di queste lo hanno fatto in Lombardia». 6.073 coppie significa 12.146 persone in tutto, presenti per lo più al Nord.Secondo una ricerca condotta da Arcigay con il patrocinio dell'Istituto superiore di sanità, in Italia i bambini con genitori omosessuali sarebbero circa 100.000. Ma, in questo caso, si parla di figli nati per lo più da precedenti relazioni eterosessuali. Stando agli ultimi dati Istat disponibili, risalenti al 2011, le coppie omosessuali sarebbero circa 7.513. Di queste, come spiegò Repubblica nel 2016, «solo 529 avevano figli. Rappresentano - le coppie gay con figli - lo 0,0005 per cento delle coppie italiane». Insomma, stiamo parlando di numeri microscopici, di una minoranza che però ha una grandissima influenza a livello mediatico, e allora può - in senso stretto - dettare legge.Negli ultimi giorni alcuni sindaci - Gianluca Galimberti di Cremona, Roberto Di Stefano di Sesto San Giovanni, Alessandro Andreatta di Trento - hanno annunciato che non trascriveranno all'anagrafe come figli «di due madri o due padri» i bimbi delle coppie arcobaleno. Anche loro, ovviamente, sono stati accusati di omofobia, proprio come Salvini e il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana. Tuttavia, i primi cittadini hanno ragione. Per quale motivo bisognerebbe negare l'esistenza di madre e padre? In nome di qualche migliaio di persone si dovrebbe sovvertire la realtà?
(Guardia di Finanza)
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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