2019-08-20
La fronda Pd contraria all’inciucio usa la Boschi per far saltare tutto
Nicola Zingaretti tace, ma Francesco Boccia lancia la provocazione: «Preferisco il voto, ma se si vuole il governo giallorosso l'ex premier imponga i fedelissimi». Non è un caso che i grillini abbiano messo il veto proprio su lady Etruria.Oggi, in questo borsino impazzito che ormai da giorni è la linea del Partito democratico, il demone della politica ha danzato festoso intorno al «sarcofago» (ipsa dixit) e al bikini fucsia (ipsa posavit) di Maria Elena Boschi. Nicola Zingaretti tace e tiene la sua linea, ma la terra trema e tutti entrano in fibrillazione. Ecco perché è stato quello della Boschi, paradossalmente, il nome feticcio, intorno a cui si sono spesi e combattuti sia gli amici sia i nemici del governo giallorosso. In questa baraonda non tutto è come sembra. È la Boschi che viene evocata come nome simbolo da Matteo Salvini: «Davvero il M5s vuole portare al governo le mummie di Renzi e della Boschi?». Ed è stata sempre lei a mettere il carico da 90 nel menu delle polemiche quotidiane con questa provocazione via Twitter: «Salvini che dice: “Siamo attaccati da un gruppo di renziani" ci sta facendo uno spot pazzesco e neanche lo capisce. Per noi», dice la Boschi, «prima di tutto viene il Paese, non le ambizioni personali». E subito dopo: «#CapitanFracassa dice che io sono una mummia: un saluto a tutti dal mio sarcofago». Segue la foto con il quartetto delle amiche moschettiere della spiaggia, tutte in due pezzi, in cui la Boschi è vestita in un sobrio color fucsia. Il primo paradosso è che l'ex ministra di Laterina si è presa una accusa di «sessismo» da un opinionista di sinistra attento alla difesa del genere, come Tomaso Montanari: «L'uso politico del corpo delle donne è inaccettabile anche se a farlo è una donna. Con questa foto», attacca Montanari - «“Meb" ha legittimato centinaia di vignette e frasi ignobili sul suo corpo». E poi, durissimo: «Spostare il discorso politico sul proprio corpo», ha scritto l'ex animatore del No al referendum costituzionale, «vuol dire pensare come il peggiore dei maschilisti e legittimare l'idea aberrante che il corpo di una donna politica sia un argomento politico». Ma il paradosso vuole che anche un avversario interno della Boschi, come Francesco Boccia, evochi il corpo della Boschi, questa volta indicandolo addirittura come ministro necessario di un governo (che lui non vuole). «È stato un tragico errore», dice Boccia attaccando Renzi, «avere aperto a un nuovo governo prima dell'apertura della crisi», e tutto questo «per eccesso di protagonismo». Ma subito dopo aggiunge, ripetendo un mantra zingarettiano: «Sarebbe più giusto sfidare a viso aperto Salvini andando al voto», ma se poi dovesse esserci un governo Pd-5 stelle, allora «Renzi dovrebbe impegnarsi direttamente con il coinvolgimento di personalità a lui vicine come Maria Elena Boschi». Poi arriva Luigi Di Maio e spiega che per il M5s resta impensabile anche solo l'idea di sedersi al tavolo con avversari storici come Renzi e la Boschi: «È la bufala dell'estate che la Lega sta diffondendo dopo aver fatto cadere il governo». Tuttavia, nella giornata in cui tutti citano «Meb» a sostegno o detrazione di qualche loro tesi sembra addirittura che a Nicola Zingaretti non dispiaccia che il feticcio della ex «madrina costituzionale» si frapponga davanti al tavolo del governo giallorosso. E l'impressione è che nel silenzio del segretario le parole di Boccia fossero ispirate agli umori della segreteria. Se uno non volesse il governo e conoscesse bene il M5s, far girare il nome della Boschi è quello giusto per far saltare la trattativa. Anche perché invece, proprio ieri, al nome dei pontieri si è aggiunto il peso di un nome come quello di Romano Prodi. L'ex leader dell'Ulivo invoca addirittura un «governo Ursula». Ovvero: «Bisogna partire», dice Prodi, «dalle ragioni che hanno portato al declino del governo attuale e preparare le basi di una maggioranza costruita attorno a un progetto di lunga durata, sottoscritto in modo preciso da tutti i componenti della coalizione. È un compito difficilissimo», avverte l'ex premier, «ma non impossibile. È stato messo in atto in Germania». Ovvio che dietro l'angolo ci sia anche l'idea non irrilevante che, se questa nuova maggioranza nasce, sarà quella che elegge il presidente della Repubblica. E ovviamente pesa su tutto il summit di Bibbona, quello con cui, convocati da Beppe Grillo, i vertici del M5s hanno scelto con decisione di tentare la via della trattativa con il Pd. Chi resta sull'Aventino? Ovviamente Carlo Calenda. Quando provo a sentirlo su questa ipotesi quasi si arrabbia: «Il primo minuto in cui apparirà una foto in cui i messi renziani di Zingaretti si siederanno al tavolo con gli sfascia carrozze grillini, troverete in rete una mia dichiarazione molto semplice e dritta: addio, me ne vado, fondo un nuovo partito». Come è noto Calenda è coerente, ma non ha truppe cammellate al Senato. Andrebbe a rubare spazio al centro a Renzi senza togliere voti al governo. Una sorta di tempesta perfetta in cui, ancora una volta, nel Pd tutti dicono qualcosa per poter ottenere un effetto opposto a quello che si immagina. Così in questa vigilia agitata, il Pd danza intorno al sarcofago della Boschi. E tutti si chiedono quale sarà il prossimo cadavere che passerà davanti al fiume Nazareno.
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