2021-03-17
La frenata su Az indebolisce il piano e fa crollare la fiducia degli italiani
Il blocco delle iniezioni del farmaco anglosvedese costa 200.000 dosi in meno. Palazzo Chigi rassicura: «Colmeremo il gap in due settimane». Ma il 70% della popolazione non vuole più ricevere Astrazeneca«Il caso di Astrazeneca è un colpo pesante. Dobbiamo ricordare ai cittadini che questo vaccino vale la metà della campagna vaccinale delle Regioni». Con la consueta schiettezza, il presidente del Veneto, Luca Zaia, mette in chiaro quale impatto potenzialmente devastante avrebbe uno stop prolungato delle somministrazioni del vaccino anglosvedese sulla campagna vaccinale italiana. Pochi giorni fa il generale Francesco Paolo Figliuolo, nominato commissario per l’emergenza Covid dal premier, Mario Draghi, aveva tracciato la rotta: 500.000 iniezioni al giorno in Italia, l’80% dei cittadini vaccinati entro il prossimo 30 settembre, con conseguente raggiungimento dell’immunità di gregge. Lo stop alla somministrazione di Astrazeneca rallenta inevitabilmente la velocità del piano. Naturalmente, l’impatto del caso sul piano dipende dalla durata della sospensione del vaccino anglosvedese. Uno stop fino alla fine di marzo basterebbe per ridurre le consegne di dosi all’Italia dai 7,5 milioni previsti (2,8 dei quali di Astrazeneca) a 4,7 milioni (3,8 milioni circa di Pfizer e 900 mila di Moderna). Nel secondo trimestre, tra aprile e giugno, sono poco più di 10 milioni le dosi di Astrazeneca previste dal piano. Eliminandole, il totale a disposizione degli italiani scenderebbe da 53 a 42 milioni di dosi, tra Pfizer, Moderna, Johnson & Johnson e Curevac (ancora da approvare). La parte più consistente di questa fornitura, 25 milioni, deve arrivare dalla Pfizer. Nel trimestre successivo, dall’inizio di luglio alla fine di settembre, il piano prevede 24,7 milioni di dosi Astrazeneca. Per il primo trimestre, quello che si concluderà il 31 marzo, sono 5.352.250 le dosi Astrazeneca previste, delle quali 2.196.000 quelle già distribuite alle Regioni. La data del 30 settembre per il raggiungimento dell’immunità di gregge, inoltre, ha come pilastro la fornitura delle 40 milioni di dosi di Astrazeneca previste in totale dal primo gennaio scorso al prossimo 30 settembre. Se lo stop fosse definitivo, l’intero piano vaccinale italiano andrebbe riscritto dalla A alla Z. Pensate che in due soli giorni di sospensione della somministrazione di Astrazeneca, sono saltate 100.000 iniezioni programmate nei 1.750 centri di vaccinazione sparsi su tutto il territorio italiano. Un milione di dosi Astrazeneca resta nei frigoriferi, mentre tra Pfizer e Moderna ieri ne erano disponibili poco meno di 900.000, che saranno riservate agli over 80 e ai più fragili. «A seguito della sospensione temporanea», fanno sapere fonti di Palazzo Chigi, «delle somministrazioni del vaccino Astrazeneca, nella giornata odierna (ieri, ndr) sono stati effettuati approfondimenti da parte della struttura del commissario straordinario per l’emergenza Covid, Figliuolo. La durata della sospensione è stimabile in quattro giorni complessivi, fino al pronunciamento dell’Ema e quindi dell’Aifa. L’impatto di tale sospensione sulla campagna», aggiungono le fonti, «può valutarsi su 200.000 vaccinazioni in meno. In caso di ripresa delle somministrazioni di Astrazeneca a partire dal 18 marzo, il rallentamento potrà essere riassorbito nell’arco di un paio di settimane, anche grazie all’incremento della quantità del vaccino Pfizer stimato in 707.850 dosi». Ieri pomeriggio a Palazzo Chigi si è recato il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio. Problemi, in prospettiva, anche per la seconda dose. In Italia più di un milione di cittadini ha già ricevuto la prima iniezione di Astrazeneca, che prevede un richiamo a tre mesi di distanza Pesanti rallentamenti si sono registrati in ogni parte d’Italia. A Milano lo stop alle somministrazioni di Astrazeneca ha pesantemente ridimensionato l’inaugurazione ufficiale del primo drive through della Difesa, già attivo da venerdì scorso e che dovrebbe arrivare a 2.000 vaccinati al giorno, senza dover scendere dall’auto. In questi giorni erano stati convocati gli insegnanti, ai quali per la maggior parte viene somministrato proprio il vaccino anglosvedese. Nell’intera Lombardia, a ieri sera erano saltati 33.000 appuntamenti per la vaccinazione a causa dello stop imposto a Astrazeneca. In Toscana sono 34.000 gli appuntamenti saltati. Completamente ferme le operazioni al centro vaccinale realizzato nel parcheggio a lunga sosta dell’aeroporto di Fiumicino dopo che dal giorno dell’inaugurazione erano state eseguite circa 35.000 vaccinazioni con Astrazeneca. Si tratta della struttura, più grande del Lazio, in grado di somministrare a regime oltre 3.000 dosi di vaccino giornaliere. Ieri la Regione Lazio ha inviato 7.000 sms per le persone prenotate nella giornata di oggi con Astrazeneca, comunicando il rinvio dell’appuntamento. In Calabria sono 36.000 le dosi di vaccino Astrazeneca ferme dopo la sospensione. In Campania, restano chiuse nei frigo circa 200.000 dosi Astrazeneca dei lotti non ritirati, in attesa di Ema e Aifa. In Puglia, nelle province di Bari e Barletta-Andria-Trani, i carabinieri del Nas hanno sequestrato complessivamente tra l’altro ieri e ieri 737 dosi del lotto Abv5811 del vaccino anti Covid di Astrazeneca. Il sequestro, a seguito di verifica delle giacenze in tutte le sedi delle due province, è stato eseguito su disposizione della Procura di Biella, nell’ambito dell’indagine sulla morte di un insegnante avvenuta dopo la somministrazione del siero. Se questa è la situazione nelle Regioni, un sondaggio pubblicato da Affaritaliani.it dà il polso di quello che pensa la popolazione in tutta la Penisola: il 70,8% degli italiani ritiene che il vaccino Astrazeneca non sia né sicuro né efficace. Più del 30% della popolazione non si fida più dei vaccini in generale. Su questo fronte il danno forse non è più riparabile.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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