2022-06-04
La Francia è preda degli appetiti islamici
Ennesima accusa ai nordafricani per il caos alla finale di Champions League: «Gli steward ci hanno sequestrato biglietti regolari». A scuola sempre più vesti musulmane in barba alla laicità e il ministero avverte: ebrei e cristiani a rischio per Shavuot e Pentecoste.I libici sparano ai nostri pescatori. E continua l’assalto a Lampedusa. Colpi contro due imbarcazioni, interviene la Marina. Sull’isola quasi 300 arrivi in 48 ore. Lo speciale comprende due articoli. In Francia non passa giorno senza che venga fatta una rivelazione sulla disastrosa gestione della finale di Champions League del 28 maggio scorso. Nonostante ciò, il ministro dell’interno Gérald Darmanin continua a rifiutarsi di comunicare la nazionalità degli aggressori di tifosi arrestati e a sostenere una verità ampiamente smentita dai fatti e, oramai, anche dalla Uefa. L’ultimo in ordine di tempo a sbugiardare il capo del Viminale francese è stato il britannico Paddy Pimblett, campione di pesi leggeri delle arti marziali miste. Sabato scorso l’atleta era venuto a Parigi a tifare Liverpool e - nonostante di mestiere faccia il lottatore - in un’intervista a Rmc Sport ha ammesso di aver avuto paura di morire allo Stade de France. Rispondendo ai giornalisti del canale sportivo, il campione ha detto «quando sei nella gabbia (il ring delle arti marziali miste, ndr) si è uno contro uno. Quando siamo usciti dallo stadio c’erano gruppi di 30 persone che correvano ovunque. Erano grandi branchi». Pimblett ha sottolineato che «alcuni avevano delle armi, dei machete, dei coltelli, delle barre di ferro, delle mazze. Dovevamo fare solo una cosa, scappare da quel posto». Per far capire meglio la violenza usata dai branchi di teppisti di banlieue per aggredire i tifosi di Liverpool e Real Madrid, il lottatore britannico l’ha paragonata ad un film dell’orrore. «La sola cosa alla quale posso paragonare tutto ciò è il film La notte del giudizio [...] nel quale si può fare qualsiasi cosa (anche omicidi e regolamenti di conti, ndr) per 12 ore. [...] Ecco, non esisteva più alcuna legge, si poteva fare quello che si voleva». Rivolgendosi a Darmanin, il campione di arti marziali d’Oltremanica ha detto senza mezzi termini che il ministro francese «dovrebbe dimettersi» e che «dice solo delle c...». Il campione inglese ha anche dichiarato che gli stewart dello stadio «prendevano i biglietti dicendo che erano falsi, senza restituirli».Le parole forti di Pimblet sono arrivate dopo una serie di testimonianze raccolte dai media. Tra queste va ricordata quella di un tifoso del Real Madrid che ha raccontato a Le Figaro di «aver visto delle bambine di meno di 12 anni piangere perché erano state palpeggiate da questi mostri». Via social si è appreso che, pochi giorni prima di prender parte alle aggressioni dello Stade de France, un certo Rayanne B. si era filmato mentre sparava con il kalashnikov in Siria e, poche ore dopo la partita, era già ripartito per Dubai. Né queste rivelazioni né il fatto che allo Stade de France si fossero ripetute scene simili a quelle già viste a Colonia e a Milano, nelle feste in piazza per l’ultimo dell’anno del 2015 e del 2020, smuovono il governo: sia Gérald Darmanin che Emmanuel Macron continuano a relativizzare l’accaduto. Peggio ancora, il neo primo ministro Elisabeth Borne non ha nemmeno fatto un pigolio. I leader della macronia temono forse l’esplosione delle banlieue islamizzate di Francia o, semplicemente, una sconfitta alle legislative del 12 e 19 giugno prossimi. Restando in tema di radicalismo islamico, sono sempre più numerose le segnalazioni fatte da presidi e direttori di scuole pubbliche francesi per mancato rispetto della laicità da parte degli studenti di fede musulmana. Qualche giorno fa il quotidiano L’Opinion ha parlato di vera e propria «epidemia» di abiti islamici. Secondo l’inchiesta giornalistica cresce, tra i liceali musulmani, il numero di coloro che pretendono di frequentare la scuola vestiti con la abaya, nel caso delle donne, o il kamis per i ragazzi. Entrambi questi indumenti sono lunghe tuniche che coprono interamente il corpo. Sebbene non si tratti di simboli religiosi in senso stretto, l’uso che ne fanno alcuni studenti islamici d’Oltralpe è assimilabile ad una rivendicazione e a una sfida. La conferma viene anche dal fatto che sui social alcuni fautori delle tuniche musulmane lancino challenge per invitare un gran numero di loro compagni a fare altrettanto. Questo nella speranza di essere talmente numerosi da arrivare a obbligare le scuole a farli entrare. Il canale CNews ha raccolto la testimonianza anonima di un’insegnante che ha detto di sentirsi, come molti suoi colleghi, «abbandonata» dal ministero dell’Educazione di fronte all’insistenza degli studenti islamisti. L’insegnante ha anche raccontato che persino tra gli scolari più piccoli alcuni «si tappano le orecchie quando in classe si ascolta musica». Questo perché, per i musulmani rigoristi, la musica è qualcosa di malefico. L’infiltrazione islamista nella società francese avanza parallelamente alle minacce che aleggiano su cristiani ed ebrei d’Oltralpe. A fine maggio, a Lione, un a anziano ebreo, René Hadjadj è stato strangolato e defenestrato da Rachid Kheniche, già noto per aver postato tweet antisemiti. Ieri invece il ministro dell’Interno ha invitato i prefetti ad essere particolarmente «vigilanti» nel garantire la sicurezza di chiese e sinagoghe in occasione «della festa ebraica di Shavuot e di quella cristiana della Pentecoste».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-francia-e-preda-degli-appetiti-islamici-2657455453.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-libici-sparano-ai-nostri-pescatori-e-continua-lassalto-a-lampedusa" data-post-id="2657455453" data-published-at="1654285059" data-use-pagination="False"> I libici sparano ai nostri pescatori. E continua l’assalto a Lampedusa «Colpi di avvertimento», li definiscono i libici, che con molta probabilità ritenevano fosse avvenuto uno sconfinamento nelle loro acque territoriali. Ma per gli equipaggi dei motopesca catanesi Salvatore Mercurio e Luigi Primo gli spari erano diretti verso le imbarcazioni. I due pescherecci nella giornata di giovedì si trovavano in acque internazionali, a nord di Bengasi, area da cui passano le rotte di tonni e pesce spada, quando la motovedetta libica ha cominciato ad avvicinarsi in velocità. I due hanno temuto il peggio, finché non è intervenuta la fregata Grecale della Marina militare italiana, che ha invitato i libici ad allontanarsi. Subito dopo un team sanitario e gli uomini della Brigata San Marco sono saliti a bordo dei pescherecci per garantire la sicurezza. Ci vorranno un paio di giorni di navigazione per raggiungere la costa siciliana, fa sapere Fabio Micalizzi della Federazione armatori siciliani, che sull’accaduto ha presentato un esposto alla Procura di Roma. Sarà la blue box, di cui tutti i moderni pescherecci sono dotati, a fare luce sul punto esatto in cui si trovavano i due motopesca quando sono partiti i colpi. «La vicenda dei rapporti con i paesi rivieraschi va affrontata urgentemente ed in particolare la vicenda Libia», ha sottolineato il sindaco di Mazara del Vallo, Salvatore Quinci. Proprio per la Libia ieri è partita da Mazara del Vallo la nave Mare Jonio. Il taxi del mare sta facendo rotta verso sud e nella giornata di oggi sarà nella zona Sar davanti alle coste della libiche. È la dodicesima missione di Mediterranea, che di certo tornerà con un carico di clandestini. Nel frattempo, tre barchini sono approdati a Lampedusa tra la notte di giovedì e l’alba di ieri, con un totale di 91 persone a bordo. Sono stati tutti portati all’hotspot di contrada Imbriacola, che ora sfiora gli 800 ospiti, a fronte dei 250 disponibili. Il primo gruppo (71 uomini) è stato intercettato a 23 miglia dalla costa: viaggiavano su una barca di nove metri. A seguire sono arrivati 13 tunisini, sempre a largo di Lampedusa. E infine altri sette (anche in questo caso tunisini) bloccati a circa sei miglia. Nella giornata del 2 giugno ne erano arrivati altri 192, con due diversi sbarchi. Presto, infine, potrebbe far rotta verso l’Italia anche la Sea-Watch 3, che con le ultime 99 persone tirate su da un gommone e i 49 naufraghi che erano su un’imbarcazione di legno in difficoltà nel Mediterraneo, ora ha a bordo 223 extracomunitari. Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, particolarmente in difficoltà per gli inarrestabili flussi dal Mediterraneo, ieri dal vertice di Venezia - con la retorica che va avanti da quando si è insediata al Viminale - ha cercato di rimandare la palla nel campo europeo: «Serve una dichiarazione politica, ne parleremo coi ministri del Mediterraneo, per cercare di portare in Europa al prossimo consiglio una strategia comune». Poi ha puntoto il dito sul conflitto in Ucraina: «Abbiamo registrato il 30% in più di approdi, con circa 20.000 persone, ma se la crisi proseguirà e non si riuscirà a portare via il grano dai porti del Mar Nero dobbiamo attendere flussi maggiori». E il leader della Lega Matteo Salvini non si è fatto sfuggire l’occasione per ricordare che «avere un ministro dell’Interno che controlla gli accessi sarebbe una cosa buona. Che faccia qualcosa, che giustifichi il suo stipendio da ministro. In questi minuti a Lampedusa ne stanno sbarcando in centinaia. A maggio abbiamo superato quota 20.000, che è un record, ahimè poco invidiabile».
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