2022-03-31
La Finanza setaccia l’atomo italiano. Si sta allargando l’indagine su Sogin
Nuova acquisizione di documenti nella società del Mef che si occupa di scorie dopo quella nella controllata Nucleco. Tre i filoni: deposito nazionale, Javys, spese non autorizzate. Commissariamento più vicino.La guerra tra Russia e Ucraina ha mostrato tutte le debolezze dell’Italia sul fronte energetico. Nelle scorse settimane il presidente del consiglio Mario Draghi ha rilanciato l’energia nucleare in Italia, ma tra gli esperti c’è scetticismo. Del resto basta guardare in che situazione è Sogin, società controllata dal ministero dell’Economia che si occupa della gestione di scorie nucleari nel nostro Paese dopo i referendum abrogativi del 1987. Nelle ultime settimane la controllata Nucleco è stata oggetto di acquisizioni da parte della Guardia di finanza e, anzi, a quanto risulta alla Verità martedì ce ne sarebbero state anche in Sogin. Sul fascicolo l’Arera (Autorità di regolazione per energia reti ambiente), che tiene da tempo il fiato sul collo all’amministratore delegato Emanuele Fontani proprio sul capitolo spese. Ma allo stesso tempo Sogin è stata anche oggetto di una raffica di interrogazioni parlamentari, dove diversi deputati hanno ricordato i ritardi ormai cronici nello smantellamento delle parti nucleari degli impianti a fronte di costi per svariati miliardi di euro: si parla di appena il 35,5 % di lavoro svolto. Il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani ha parlato nei mesi scorsi della possibilità di commissariare Sogin. Martedì scorso Riccardo Zucconi di Fratelli D’Italia ha ricordato in Parlamento come «il 30 giugno 2020 il nuovo presidente di Sogin ha presentato un piano per lo smantellamento del 75% dei siti italiani, il cui costo complessivo è di 2,3 miliardi di euro. Oltre a questo, non è stato ancora creato un deposito nazionale per i rifiuti nucleari, il cui iter si è fermato due legislazioni fa. Questo si traduce in enormi costi aggiuntivi, dato che l'unica alternativa sarebbe quella di esportare i rifiuti e non sarebbe certamente un'alternativa congrua - diciamo - anche dal punto di vista della tutela ambientale». Proprio intorno alla nascita del Deposito nazionale parco tecnologico, Dnpt, un progetto del 2015, si è consumata una crisi interna all’azienda su cui sta lavorando anche la magistratura. Di mezzo c’era un appalto sulla comunicazione e un budget aziendale da 7,4 milioni di euro. Secondo un’analisi di Ernst & Young, che per conto di Sogin ha effettuato una verifica interna sulle risorse gestite tra 2013 e 2016, sarebbero stati utilizzati svariati milioni di euro senza l’autorizzazione del ministero dello Sviluppo economico e del ministero dell’Ambiente. La relazione pubblicata dall’agenzia di stampa Ageei ha portato a quattro dirigenti licenziati per giusta causa: Fabio Chiaravalli, Mariano Scocco, Luigi Cittadini e Federico Colosi. Quest’ultimo è legato a doppio filo con l’ex sindaco di Roma Walter Veltroni. Ma allo stesso tempo la Guardia di finanza lavora su un importante appalto di decommissioning con la società di Stato slovacca Javys del 2014. Di mezzo questa volta c’è Nucleco, controllata da Sogin. Sei anni fa la società che si occupa di rifiuti radioattivi era presieduta da Alessandro Dodaro, ma l’amministratore delegato era Emanuele Fontani, ora in Sogin. Nel 2014 Nucleco sottoscrive un primo accordo da 700.000 euro con Javis. Segue l’anno dopo un bando di gara da 40 milioni per incenerire le resine e i fanghi di Caorso. Vince sempre Javys, la quale nel 2018 si vede riassegnare con affidamento diretto un altro appalto da circa 7 milioni. Stavolta sono compresi anche i rifiuti radioattivi del sito ex Cemerad di Statte. Nel novembre del 2021, come raccontato dalla Verità, Cittadini aveva promosso un consiglio di amministrazione per far terminare a scadenza il contratto e non rinnovarlo. A sostegno della scelta ci sono almeno tre pareri tecnico legali. Ma due giorni dopo il consigliere Marco Pagano ha chiesto di riconvocare il cda e il contratto è stato di nuovo prolungato. Tra scandali e indagini presidente e ad continuano a mantenere gli incarichi. I vertici dell’azienda, il presidente Luigi Perri e l’amministratore delegato Fontani, sono considerati vicini al Partito democratico. Furono nominati alla fine del 2019, durante il secondo governo Conte. Perri è stato sostenuto da Antonio Misiani, il responsabile economia e finanze del Pd. In teoria i due sarebbero in scadenza a questa tornata di nomine pubbliche. Con l’approvazione del bilancio 2021 a maggio, dovrebbe terminare l’attuale governance. A giugno il bilancio dovrà essere approvato dall’assemblea degli azionisti e si deciderà sul futuro degli attuali vertici aziendali. Ma a quanto risulta alla Verità, ci sarebbe la possibilità che da parte del Mef non vengano prese decisioni in merito. In pratica Perri e Fontani potrebbero restare ancora in carica a lungo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)