2020-07-12
La doppia morale di Bergamo. Perdona gli sfruttatori ma non chi è contro l’aborto
Il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori (Ansa)
Le femministe protestano e i vigili impediscono il sit in dei pro life davanti all'ospedale. Rimosso il cartello «Dio, padre, famiglia, che meraviglia». Pregare si può, ma lontano.A Bergamo non ci si scandalizza se i preti e le Onlus sfruttano i migranti, ma guai a voler spiegare alle donne che esistono alternative all'aborto. Il clima di intolleranza e odio (altro che omofobia) nei confronti di chi mostra cartelli quali «I bambini non si uccidono, non fermare il suo cuore» è cresciuto a livelli tali nella città orobica, che contro l'associazione Ora et labora in difesa della vita sta passando il boicottaggio delle femministe Non una di meno, senza che nessuno protesti.Perfino la Questura sembra aver ceduto alla pressione delle attiviste, decidendo dopo due anni di impedire il silenzioso sit in del martedì, che ogni settimana si svolge davanti all'Ospedale Giovanni XXIII dove le donne si recano ad abortire. Non è un divieto vero e proprio, ma il gruppetto che da ventiquattro mesi svolge opera di volantinaggio davanti alla struttura dovrà spostarsi altrove «dove non passa nessuno, quindi è come averci annullato l'autorizzazione», protesta Filippo Bianchi, consigliere comunale della Lega e componente dell'associazione pro life. Il diritto a pensarla diversamente viene calpestato solo perché un gruppetto di persone prega dalle 7.45 alle 10.45 di ogni martedì, contro la mentalità della morte, a difesa della persona dall'istante del concepimento, e distribuisce pieghevoli alternativi all'interruzione volontaria della gravidanza suggerendo che è possibile «Partorire protette in anonimato e non tenere il bambino». Per due anni, tranne qualche insulto e irrisione, nessuno se l'era presa con Ora et labora, poi a fine giugno l'aria è cambiata. «Un martedì si sono presentate dieci femministe, intimandoci di andare via», racconta Bianchi. «Hanno cercato di provocarci, di buttare via i volantini. No, non erano ragazze ma ex sessantottine che viaggiano verso i 70 anni». Dopo il primo atto di forza contro il sit in, quelle di Non una di meno sono tornate alla carica presentandosi all'appello del martedì e intimando ai volontari di tornarsene a casa, lasciando stare le donne che vanno ad abortire. «Eppure è la stessa legge 194 ad affermare che bisogna aiutare la donna a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza», sottolinea il consigliere del Carroccio, «quindi non facciamo nulla di illegale». negato il diritto alla vitaLe femministe non si sono fermate, hanno cominciato a tempestare i social di messaggi che invitano a boicottare l'associazione pro life. Hanno costretto la polizia municipale a presentarsi ogni settimana davanti all'ospedale, per far togliere cartelli che osavano sventolare la scritta «Dio, padre, famiglia, che meraviglia», tanto disprezzata dalla senatrice Monica Cirinnà forse per problemi personali. «Alla fine anche il questore Maurizio Auriemma ha ceduto», spiega Filippo Bianchi, «il 3 luglio ci è arrivata la comunicazione che dovevamo spostarci nell'area verde antistante la chiesa». Il presidio «in forma statica» era sempre consentito, ma lontano dall'accesso all'ospedale e agli ambulatori «ove nel giorno di martedì nell'orario indicato sono programmati gli interventi di interruzione di gravidanza». Ora et labora può continuare a pregare ma lontano dal pubblico, per carità, senza «recare con sé ed esporre manifesti o striscioni che rechino immagini forti o contenuti lesivi della libertà altrui». Già, perché il cartello «Sì alla vita» quale offesa potrà mai recare a un cittadino? Le ultrafemministe sono molto sensibili solo a presunte violazioni della loro libertà di fare e dichiarare quello che vogliono, i diritti di coloro che la pensano diversamente vanno asfaltati. Così come è successo a Bergamo. Ieri, Non una di meno è anche scesa in piazza nel centro di Bergamo per protestare contro la scelta del consigliere Bianchi di illustrare in una conferenza stampa i pericoli del ddl Zan per la libertà di pensiero e di opinione. «Ero in Comune, con il sindaco di Palazzago, Michele Jacobelli, ed esponenti di Pro vita e famiglia un paio d'ore prima di unirci alla manifestazione Restiamo liberi che si è svolta in tantissime città italiane. Non potevamo nemmeno presentare la mozione che contrasta tale progetto di legge, fuori le femministe urlavano contro di noi», esclama l'esponente leghista. Eppure, ricorda, nessuno fiatò quando il primo luglio il sindaco Giorgio Gori organizzò un «Tavolo contro l'omofobia», al quale presero parte solo i deputati dem Alessandro Zan e Laura Boldrini. «Il “confronto pubblico" venne anche trasmesso in diretta sul canale istituzionale del Comune di Bergamo, ma era solo propaganda politica, fatta passare per evento istituzionale», fa notare Bianchi. Per sabato prossimo, alle 17.30, l'associazione Ora et labora sta organizzando a Bergamo una manifestazione in nome della libertà di esprimere pubblicamente i propri principi e valori. Chissà che nel frattempo la Curia vescovile non si decida a prendere posizione, per difendere l'operato di un'associazione pro life che ha scelto di essere presente davanti ai luoghi dove si interrompe una vita. Qualche ripensamento ultimo, in una donna che ha deciso di abortire, è sempre possibile, la Chiesa lo sa bene e non può restare indifferente al boicottaggio di chi tenta di impedire un omicidio.