2019-03-13
La cura di «Arancia meccanica» ora è tra noi
Un neurologo italiano ha messo a punto una terapia basata su scosse al cranio a bassa intensità per ridurre l'aggressività. Primo esperimento su detenuti spagnoli. Alberto Priori: «Non è elettroshock, ma uno stimolo che dà benefici anche per ictus, sclerosi e Alzheimer».Lo scorso anno, al cranio di 41 detenuti spagnoli furono applicati elettrodi e venne somministrata corrente elettrica a bassa intensità, per renderli meno violenti. Scopo dell'esperimento, il primo condotto con questa tecnica, era verificare se la stimolazione transcranica con correnti dirette (tdcs) riesce a ridurre la carica di aggressività di un individuo, oltre a essere utilizzata nelle forme gravi di depressione post ictus, nei bambini con sindrome di Rett, per i malati di Parkinson ma anche come doping perché non lascia traccia. Le sperimentazioni nelle carceri andaluse di Huelva e di Cordoba, condotte da ricercatori e «autorizzate dal governo», come scrive Abc, ebbero luogo tra febbraio e giugno del 2018. I reclusi, tutti condannati per omicidio, sembra si siano prestati volontariamente alle «scosse», ciascuna della durata di 15 minuti, e dopo tre giorni di trattamento avrebbero risposto positivamente ai test dimostrando minor violenza verbale e fisica, meno rabbia e ostilità come documentato dalla rivista Neuroscience. Quest'anno le sedute elettriche sarebbero continuate con altri detenuti, ma dal ministero dell'Interno spagnolo è arrivato lo stop. Basta sperimentazioni fintantoché non si conosceranno i risultati di un'inchiesta nei due penitenziari. La tdcs è una metodica italiana, «padre» della stimolazione transcranica con correnti dirette è il neurologo Alberto Priori: «La prima pubblicazione scientifica fu nel 1998, gli esperimenti si iniziarono nel 1993», precisa il ricercatore, 56 anni, torinese di nascita, direttore del centro clinico per la neurostimolazione, le neurotecnologie e i disordini del movimento alla Fondazione istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) del Policlinico di Milano. Quando si parla di corrente elettrica su pazienti, subito pensiamo all'elettroshock, ai danni cerebrali causati dalla Tec (terapia elettroconvulsivante) come oggi viene chiamato. Rabbrividiamo ricordando Randle Patrick McMurphy alias Jack Nicholson sussultare tra terribili sofferenze, mentre viene «calmato» nel film Qualcuno volò sul nido del cuculo di Miloš Forman. Abbiamo memorizzato immagini di pazienti trattati negli ospedali psichiatrici con scariche violente, senza anestesia e rilassanti muscolari. Dopo quelle pratiche terapeutiche erano poveri esseri confusi, senza più memoria e capacità di ragionare, svuotati da ogni emozione. E come dimenticare la cura Lodovico, il programma di rieducazione cui viene sottoposto Alex, protagonista di Arancia meccanica? Nel capolavoro di Stanley Kubrick, il giovane delinquente è costretto a guardare immagini di sesso e violenza con sottofondo di musica classica, in particolare la Nona Sinfonia di Ludwig Van Beethoven, assumendo insieme sostanze che provocano nausea e malessere. «La tDCS è una tecnica non invasiva, non c'entra nulla con l'elettroshock che è fatto con la corrente alternata a tensioni molto elevate, per indurre le crisi epilettiche dall'effetto curativo», spiega il neurologo. «Prima della Tec si provocavano le crisi dal valore terapeutico con il coma insulinico e ancora prima con la malarioterapia, utilizzando la puntura della zanzara e poi bloccando la malaria con la somministrazione di chinino. La tecnica che ho sperimentato si basa invece su un principio completamente diverso, induce delle modificazioni “delicate" in piccole zone del cervello. Questo permette di modulare la funzione di alcune aree celebrali. Si riescono a stimolare non solo il cervello ma anche il midollo spinale nei pazienti con sclerosi multipla». Le metodiche terapeutiche «soft» che vanno a stimolare il cervello riuscirebbero a regolare la sensibilità di parti specifiche, in modo da far migliorare o regredire il sintomo di una certa malattia o nel disturbo psichiatrico, nell'ambito riabilitativo, nelle celebro lesioni da traumi cranici. «Il paziente non avverte dolore, possono verificarsi piccolissime bruciature epidermiche in corrispondenza dell'applicazione degli elettrodi. Nelle forme di disturbo bipolare può aumentare l'eccitamento», fa sapere Alberto Priori che ha seguito centinaia di pazienti con morbo di Parkinson, Alzheimer o dopo eventi come l'ictus. Tutti si sono sottoposti volontariamente alle sperimentazioni. «Gli studi sono ancora pochi, così come le linee guide. Ci sono case di cura italiane che utilizzano la tDCS nei protocolli di trattamento delle forme di depressione». Neuromodulazione forse utile per trattare patologie, ma fatichiamo ad accettarla come metodo carcerario per ridurre la violenza di soggetti ritenuti pericolosi. Sulle sperimentazioni condotte in Spagna il professore tiene a precisare: «Non è detto che i detenuti che si sono sottoposti al trattamento, nella vita reale siano diventati meno violenti. Hanno semplicemente dimostrato un atteggiamento diverso rispondendo a delle domande e guardando dei video. La minor aggressività va sperimentata e documentata in altra maniera, anche proseguendo con i test». Priori non condivide «l'eccessiva enfatizzazione degli effetti etici del trattamento. Valuterei gli aspetti positivi, questo tipo di approccio potrebbe essere utile nei programmi di riabilitazione psichiatrica dei pazienti aggressivi o dei pedofili, degli stupratori seriali. Se il detenuto lo accetta, così come non rifiuta la castrazione chimica, è tutto a suo vantaggio». La metodica potrà funzionare, certo che ogni stimolazione elettrica del cervello apre scenari inquietanti. Non per il neurologo: auspica che la tDCS sia utilizzata «come prevenzione dell'invecchiamento cellulare. Una palestra della mente» e pur ribadendo di essere «medico e di guardare alle applicazioni cliniche», non demonizza miglioramenti delle capacità cognitive dei sani attraverso queste scosse che stimolano il sistema nervoso. In un futuro anche con apparecchi a domicilio. «Perché scandalizzarsi se vogliamo essere più prestanti e capaci? È come utilizzare cyclette e tapis roulant, o bere un po' di vino bianco prima di andare a un cocktail per risultare più simpatici, più allegri».
Alberto Stefani (Imagoeconomica)
(Arma dei Carabinieri)
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina.
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi. Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo.
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