Critiche per l'assenza di tanti big e delle quote rosa. Stamani c'è il giuramento ma nelle fila grilline si mormora già che la creatura è destinata a non durare. Fiocco giallorosso sul portone del Quirinale: è nato il secondogenito, il governo Conte bis. A battezzarlo il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Entusiasmo alle stelle da parte degli zii, Angela Merkel ed Emmanuel Macron, che tanto si sono impegnati, dietro le quinte, affinché l'assist involontario fornito dalla sfiducia della Lega a Giuseppe Conte venisse trasformato in gol dalla squadra del Pd, abituata come nessuna a giocare male, malissimo, e a vincere immeritatamente, aiutata dagli arbitri e da una buona dose di fortuna.Il governo M5s-Pd-Leu fa registrare una spartizione delle poltrone governative che vede i democratici, campioni mondiali della spartizione di incarichi, fare la parte del leone, con nove ministeri, rispetto ai 10 del M5s, che ha il doppio dei parlamentari. I nomi: ministro dell'Interno è Luciana Lamorgese (tecnico); alla Giustizia resta Alfonso Bonafede (M5s); alla Difesa va Lorenzo Guerini (Pd); all'Economia va Roberto Gualtieri (Pd); agli Affari esteri, Luigi Di Maio (M5s); allo Sviluppo economico Stefano Patuanelli (M5s); all'Agricoltura, Teresa Bellanova (Pd); all'Ambiente resta Sergio Costa (M5s); agli Affari Regionali va Francesco Boccia (Pd); alle Infrastrutture e Trasporti, Paola De Micheli (Pd); al Sud, Giuseppe Provenzano (Pd); all'Innovazione tecnologica, Paola Pisano (M5s); alla Pubblica amministrazione, Fabiana Dadone (M5s); alle Pari opportunità, Elena Bonetti (Pd); ai Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà (M5s); agli Affari europei, Enzo Amendola (Pd); al Lavoro, Nunzia Catalfo (M5s); all'Istruzione, Lorenzo Fioramonti (M5s); alle Attività culturali, con delega al Turismo, Dario Franceschini (Pd); alla Salute, Roberto Speranza (Leu); alle Politiche giovanili e allo Sport, Vincenzo Spadafora (M5s). Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio è Riccardo Fraccaro, (M5s). È stata proprio questa la casella più difficile da riempire per Giuseppe Conte, che avrebbe voluto al suo fianco l'attuale segretario generale di Palazzo Chigi, Roberto Chieppa, un suo fedelissimo. Il braccio di ferro con il M5s è andato avanti per tutta la notte, fino alla mattina, quando Conte è salito al Colle per sciogliere la riserva. La lista dei ministri presentata da Conte a Mattarella non aveva alcun nodo da sciogliere, se non quello del sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Alla fine, la mediazione è stata raggiunta: niente Chieppa ma Fraccaro, ministro dei Rapporti col Parlamento del governo Lega-M5s, considerato uno dei big pentastellati più vicini al Conte Rosso.«Forti di un programma che guarda al futuro», dice Conte, subito dopo aver elencato i ministri, «dedicheremo le nostre migliori energie, le nostre competenze la nostra passione a rendere l'Italia migliore nell'interesse di tutti i cittadini, da Nord a Sud». Anche Mattarella fa la sua apparizione davanti ai giornalisti. Poche parole da parte del capo dello Stato, visibilmente di buonumore: «In base alle indicazioni di una maggioranza parlamentare si è formato un governo», sottolinea il presidente della Repubblica, «che nei prossimi giorni si presenterà alle Camere per chiedere la fiducia e presentare il programma. Per me è stato di grande interesse leggere sui giornali, stampati e online, o ascoltare la sera in tv le cronache dei fatti e i diversi punti di vista. Questo confronto tra opinioni diverse è prezioso per me come per chiunque. Ancora una volta sottolinea», conclude Mattarella, «l'importanza e il valore della libera stampa».La composizione del governo delude per la scarsa presenza di donne: appena sette su 21 ministri. Un bello smacco per chi, soprattutto il Pd, costantemente insiste sulla necessità di garantire le famose «quote rosa». Se questo governo fosse una giunta comunale, paradossalmente, sarebbe a tutti gli effetti illegittimo: la legge prevede che nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%. Veniamo alle voci di dentro: i commenti nel M5s sono tutti improntati al più cupo pessimismo. Il motivo? Semplice: il Pd e anche Leu hanno tenuto i big fuori dall'esecutivo. «Quelli del Pd non credono in questo governo», spiega alla Verità una fonte del M5s informatissima sui fatti, «siamo rimasti allibiti quando abbiamo visto che gli esponenti più autorevoli, tranne Franceschini, sono rimasti tutti fuori. Nemmeno Pietro Grasso è entrato per Leu. Altro che tre anni e mezzo, sembra che l'orizzonte di questo governo, per il Pd, sia di tre mesi e mezzo». L'opinione prevalente, nel M5s, è che alla fine la squadra di governo sia frutto del lavoro e della strategia di Vincenzo Spadafora. «Sì è vero, non posso smentire anche perché lo avete riportato tutti», conferma il neoministro alle Politiche giovanili e allo Sport ai cronisti che gli chiedono se è vero che sia stato lui a trattare con il Pd la formazione del governo del Conte Rosso. Sorpresa (per non dire sconcerto) anche per la nomina a ministro per l'Innovazione tecnologica di Paola Pisano, assessore a Torino, evidentemente sponsorizzata dal sindaco Chiara Appendino. In ogni caso, il governo giallorosso è pronto a scendere in campo. La prima partita si giocherà «in casa», ovvero alla Camera, dove i numeri della neomaggioranza Pd-M5s-Leu sono più comodi rispetto a quelli, risicatissimi, del Senato. «Nei prossimi giorni», ha detto Fico, dopo aver incontrato Conte, «ci sarà il dibattito in Parlamento per il voto di fiducia al nuovo governo: il primo passaggio sarà alla Camera».
Edmondo Cirielli e Antonio Tajani (Ansa)
L’emendamento alla manovra di Fdi mira a riattivare la regolarizzazione del 2003. Così si metterebbe mano a situazioni rimaste sospese soprattutto in Campania: all’epoca, il governatore dem Bassolino non recepì la legge. E migliaia di famiglie finirono beffate.
Nella giornata di venerdì, la manovra di bilancio 2026 è stata travolta da un’ondata di emendamenti, circa 5.700, con 1.600 presentati dalla stessa maggioranza. Tra le modifiche che hanno attirato maggiore attenzione spicca quella di Fratelli d’Italia per riaprire i termini del condono edilizio del 2003.
I senatori di Fdi Matteo Gelmetti e Domenico Matera hanno proposto di riattivare, non creare ex novo, la sanatoria introdotta durante il governo Berlusconi nel 2003. Obiettivo: sanare situazioni rimaste sospese, in particolare in Campania, dove la Regione, all’epoca guidata da Antonio Bassolino (centrosinistra), decise di non recepire la norma nazionale. Così migliaia di famiglie, pur avendo versato gli oneri, sono rimaste escluse. Fdi chiarisce che si tratta di «una misura di giustizia» per cittadini rimasti intrappolati da errori amministrativi, non di un nuovo condono. L’emendamento è tra i 400 «segnalati», quindi con buone probabilità di essere discusso in commissione Bilancio.
Friedrich Merz (Ansa)
Con l’ok di Ursula, il governo tedesco approva un massiccio intervento sul settore elettrico che prevede una tariffa industriale bloccata a 50 euro al Megawattora per tre anni, a partire dal prossimo gennaio. Antonio Gozzi (Federacciai): «Si spiazza la concorrenza».
Ci risiamo. La Germania decide di giocare da sola e sussidia la propria industria energivora, mettendo in difficoltà gli altri Paesi dell’Unione. Sempre pronta a invocare l’unità di intenti quando le fa comodo, ora Berlino fa da sé e fissa un prezzo politico dell’elettricità, distorcendo la concorrenza e mettendo in difficoltà i partner che non possono permettersi sussidi. Avvantaggiata sarà l’industria energivora tedesca (acciaio, chimica, vetro, automobile).
Il governo tedesco ha approvato giovedì sera un massiccio intervento sul mercato elettrico che prevede un prezzo industriale fissato a 50 euro a Megawattora per tre anni, a partire dal prossimo gennaio, accompagnato da un nuovo programma di centrali «a capacità controllabile», cioè centrali a gas mascherate da neutralità tecnologica, da realizzare entro il 2031. Il sistema convivrebbe con l’attuale attuale meccanismo di compensazione dei prezzi dell’energia, già in vigore, come ha confermato il ministro delle finanze Lars Klingbeil. La misura dovrebbe costare attorno ai 10 miliardi di euro, anche se il governo parla di 3-5 miliardi finanziati dal Fondo per il clima e la trasformazione. Vi sono già proteste da parte delle piccole e medie imprese tedesche, che non godranno del vantaggio.
A 80 anni dall’Olocausto, Gerusalemme ha un ruolo chiave nella modernizzazione della Bundeswehr. «Ne siamo orgogliosi», dicono i funzionari di Bibi al «Telegraph». Stanziati da Merz quasi 3 miliardi.
Se buona parte della modernizzazione della Bundeswehr, le forze armate federali, è ancorata all’industria tedesca, Israele sta svolgendo un ruolo chiave nella fornitura di tecnologia di difesa. «La Germania dipende enormemente dalla tecnologia israeliana, in particolare nei settori della tecnologia dei droni, della ricognizione e della difesa aerea», riferisce Roderich Kiesewetter, membro della Cdu come il cancelliere Friedrich Merz e capo della delegazione tedesca presso l’Assemblea parlamentare euromediterranea (Apem). Il parlamentare ha aggiunto che il suo Paese «beneficia inoltre notevolmente della cooperazione in materia di intelligence, che ha già impedito molti attacchi terroristici in Germania». Al Telegraph, alti funzionari della difesa israeliani hanno dichiarato di svolgere un ruolo chiave nella nuova politica di riarmo tedesca e di esserne «orgogliosi».






