2025-10-30
La Corte dei Conti ferma il Ponte. Meloni: ennesima invasione di campo
La magistratura contabile non dà il visto di legittimità alla delibera del Cipess che ha fatto partire i cantieri sullo Stretto. Il premier: «I giudici ignorano l’esistenza dei pc, non ci fermeranno». C’era una volta un ponte che avrebbe dovuto unire la Sicilia e la Calabria. Ma a quanto pare, gli uomini in toga preferiscono unire soprattutto scartoffie, cavilli e cervellotiche interpretazioni del diritto. La Corte dei Conti, con una delibera da thriller burocratico, ha deciso di non concedere il visto di legittimità alla delibera del Cipess che aveva dato il via ai cantieri del Ponte sullo Stretto. In pratica: soldi pronti, progetto pronto, entusiasmo pronto, ma i magistrati contabili hanno detto «stop, qui non si passa». A dispetto del lavoro delle 7.500 candidature che già erano state presentate negli uffici di Webuild per l’assunzione. Niente da fare. Tutto si ferma, almeno per ora. La presidenza del Consiglio e i ministeri interessati hanno risposto puntualmente a tutti i rilievi, con documenti voluminosi trasmessi persino via link. Ma anche questo, secondo la Corte, non è abbastanza. Incredibile: inviare atti online diventa un atto sospetto, un crimine contro la sacra burocrazia italiana, osserva sarcastica Giorgia Meloni. La premier senza giri di parole parla di «ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del governo e del parlamento». E rincara la dose: «Sul piano tecnico, tutte le risposte erano puntuali. Per avere un’idea della capziosità, una delle censure riguarda la trasmissione di atti voluminosi con link, come se i giudici contabili ignorassero l’esistenza dei computer. Questa intollerabile invadenza non fermerà l’azione del governo, sostenuta dal parlamento». Come dire: il Ponte si farà, con o senza il timbro delle toghe contabili. Il vicepremier Matteo Salvini, senza mezzi termini, parla di «decisione politica e danno al Paese» e assicura: «Andiamo avanti, non ci facciamo intimidire. Parliamo di un’opera su cui hanno lavorato esperti di tutto il mondo, decine di università e professionisti di altissimo livello. I Paesi più evoluti si interrogano su alta tecnologia e intelligenza artificiale, in Italia la Corte dei Conti vuole bloccare un ponte. È inaccettabile. Davvero incredibile». La reazione del governo è già in calendario: oggi riunione urgente con i colleghi, per ricoinvolgere tutto il Consiglio dei ministri e poi il parlamento. Tecnicamente, anche con il parere negativo della Corte dei Conti, il governo può decidere di procedere: basta una delibera del Consiglio dei ministri che confermi che l’interesse pubblico supera qualsiasi formalismo contabile. In soldoni: se c’è volontà politica, c’è il Ponte. E se c’è Ponte, ci sono 120.000 posti di lavoro e 13 miliardi di euro pronti a non arenarsi come una nave nel porto. I rilievi dei magistrati? Di tutto e di più: coperture economiche, stime di traffico, conformità alle normative ambientali e antisismiche, regole europee sul superamento del 50% del costo iniziale. Ma la chicca è la competenza del Cipess, definito «organo politico»: perché in Italia, niente fa più scandalo di un organo politico che fa politica. Così il Ponte diventa un passaggio di diritto costituzionale a tinte giallo-burocratiche, tra link sbagliati, numeri contestati e scartoffie da far impallidire un archivista medievale.Meloni non le manda a dire e mette in chiaro la posta in gioco: «La riforma costituzionale della giustizia e la riforma della Corte dei Conti, entrambe in discussione al Senato, rappresentano la risposta più adeguata a una intollerabile invadenza. Non è possibile che una magistratura contabile decida di bloccare le scelte del governo e del parlamento. La sovranità politica e le scelte del Paese non possono essere sospese per un capriccio burocratico». Tradotto con sarcasmo: cari magistrati, il Ponte non è un optional della vostra agenda, è un’opera pubblica che coinvolge economia, lavoro e futuro del Paese. Nel pomeriggio in Parlamento, Salvini rispondendo al question time aveva rincarato la dose: «Il lavoro svolto sul progetto è stato serio, articolato e trasparente nel rispetto delle norme italiane ed europee. Il Ponte farà risparmiare tempo, denaro e salute. Nessuna violazione, nessun ritiro della delibera Cipess».Ovviamente la sinistra esulta. Fermare lo sviluppo e il lavoro in nome dell’ideologia. Bonelli di Avs non ci sta, definendo il progetto «vecchio di 26 anni» e accusando il governo di sottrarre 13 miliardi di euro ai cittadini. La replica di Salvini è fulminante: «Se avessimo adottato le politiche del no, oggi andremmo ancora a cavallo». Tra selle e cemento, il governo ha scelto: costruire. E adesso? La partita non è finita. Serve attivare la delibera Cdm, poi la questione passa alle sezioni riunite della Corte dei Conti, che hanno due opzioni: registrare l’atto o registrare con riserva. In quest’ultimo caso, la Corte comunica alle Camere, e il percorso burocratico continua, tra timbri, formalismi e cabale giudiziarie. Ma una cosa è chiara: il governo non si ferma. Insomma, cari magistrati, ogni timbro negativo pesa sulle spalle di milioni di italiani. La burocrazia serve a controllare o a costruire ponti? Sullo Stretto, e forse sulla logica, la risposta è più urgente di qualsiasi delibera online. E mentre la Corte si prende il merito di una grande vittoria dello stato di diritto, il Paese si chiede: chi costruisce il futuro, se non chi osa fare ponte?Tanto più che le risorse sono disponibili. Lo ha garantito il ministro Giancarlo Giorgetti definendo «fake news» le notizie secondo cui erano stati tagliati i fondi ai nuovi metro per finanziare il Ponte.
Emanuele Fiano (Getty Images)
Emanuele Fiano (Imagoeconomica)