Succede a tutti di dire qualche sciocchezza e, quando capita, la soluzione migliore è riconoscere l'errore e chiuderla lì, se occorre chiedendo scusa. Invece, dopo aver detto una stupidaggine, il presidente della Corte costituzionale Giancarlo Coraggio, nomen omen, cerca di ribaltare su di noi le castronerie che ha pronunciato in conferenza stampa e che ha pure messo per iscritto.
Succede a tutti di dire qualche sciocchezza e, quando capita, la soluzione migliore è riconoscere l'errore e chiuderla lì, se occorre chiedendo scusa. Invece, dopo aver detto una stupidaggine, il presidente della Corte costituzionale Giancarlo Coraggio, nomen omen, cerca di ribaltare su di noi le castronerie che ha pronunciato in conferenza stampa e che ha pure messo per iscritto. Riassumiamo brevemente la questione per chi si sia perso la puntata precedente. Ieri abbiamo scritto che la Consulta tifa per la legge bavaglio, ossia per il disegno di legge Zan contro l'omofobia, ovvero quel concerto di norme che intende punire penalmente e con un'aggravante chiunque manifesti opinioni ritenute discriminatorie sulle tendenze sessuali. Da che cosa abbiamo appreso la notizia di un orientamento a sinistra di un organo che dovrebbe essere imparziale e garantire semplicemente l'applicazione dei principi contenuti nella Carta della Repubblica? Dalla relazione annuale del presidente della Corte, appunto Giancarlo Coraggio. Il quale ha scritto che, quando siano in gioco i diritti delle minoranze, «è compito del legislatore farsene carico, ma in mancanza di un suo intervento, la Corte non può rimanere inerte». Che cosa significa inerte secondo il dizionario Zanichelli? Il primo aggettivo citato è «inattivo», segue «inoperoso», ma anche «immobile». Dunque, se ne deduce che sui diritti delle minoranze o interviene il Parlamento oppure interverrà la Consulta, che per l'appunto non può rimanere inerte. Ma di quali diritti parlava Coraggio? Di quelli dei pescatori? Oppure del diritto degli aborigeni? No, parlava del disegno di legge Zan, cioè della legge che vuole imbavagliare chi esprime pensieri ritenuti discriminatori a proposito delle tendenze sessuali. Prova ne sia che, richiesto di chiarimenti, durante la conferenza stampa seguita alla sua relazione, Coraggio ha esordito con un: «Non ho studiato il ddl per non essere chiamato a dare un parere concreto». Ma poi, dopo aver assicurato di non aver letto il testo, ha aggiunto: «Il problema è all'ordine del giorno del Parlamento, e dobbiamo avere fiducia che riuscirà a trovare la quadra. Sicuramente una qualche normativa è opportuna». Questo è ciò che hanno riferito i giornalisti presenti ed è ciò che hanno battuto le principali agenzie di stampa, dall'Ansa all'Agi. Quest'ultima ha titolato: «Consulta: Coraggio, su nuovi diritti non può restare inerte» e «Omofobia: Coraggio, opportuna una legge». Esattamente quello che noi abbiamo riportato con l'articolo e il titolo di ieri: «La Consulta tifa per la legge bavaglio». È vero, il bavaglio è una sintesi nostra, ma il resto è tutto farina del sacco di un presidente che dopo aver messo i piedi nel piatto, mentre il Parlamento discute di una legge, cerca di nascondere le impronte lasciate dai suoi scarponi. Infatti, colto con le mani nella marmellata, Coraggio, senza arrossire, ha fatto diramare una «smentita» negando di fare il tifo per la legge Zan e, soprattutto, di volersi sostituire all'assemblea degli eletti per introdurre una nuova fattispecie di reato. Delle due l'una: o il presidente della Consulta non sa che cosa vuol dire rimanere inerte oppure non è stato lui ieri a tenere l'annuale relazione della Corte, ma un suo sosia. Altra spiegazione non c'è. Non siamo noi ad aver capito male, ma forse è lui o la sua controfigura a essersi spiegata male. Del resto, non solo le agenzie di stampa hanno riferito ciò che noi abbiamo pubblicato, ma gli stessi concetti espressi dalla Verità sono stati ripresi da tutti i giornali e da tutti i siti Internet. Leggere per credere. Sotto il titolo «Comunicazione e trasparenza, il nuovo cambio di passo della Consulta», ieri Repubblica scriveva che Giancarlo Coraggio «non si sottrae a nessuno. Per centouno minuti. E quelle che dice sono tutt'altro che frasi di circostanza. La legge sull'omofobia? “È opportuna"». La collega Liana Milella che firma l'articolo completamente in sollucchero per ciò che ha sentito, scrive: «Coraggio, di nome e di fatto. Chapeau». Ha capito male anche lei? E leggete invece che cosa si legge sul sito gayburg.com: «Il presidente della Consulta ritiene opportuna l'introduzione di una legge contro l'omofobia». Nell'articolo si sostiene che Coraggio ha voluto affrontare il ddl Zan e spiegare che c'è bisogno di una legge come esiste in quasi tutti i Paesi del mondo. «Parole molto chiare, che smentiscono quei vari Pillon che insistono nel sostenere che il contrasto all'odio sarebbe inutile». Frasi definitive anche per Alessandro Cecchi Paone, che giovedì sera a Dritto e rovescio, su Rete 4, ha citato la Consulta proprio per dire che se perfino Coraggio vuole il ddl Zan significa che serve. Per non dire poi dei vari docenti universitari che si sono pronunciati sulle parole del presidente della Corte, da Augusto Sinagra a Daniele Trabucco. Hanno capito tutti male? Non hanno compreso che parlando di legge opportuna, Coraggio intendeva dire il contrario e dunque che non c'era bisogno di un apposito ddl? E parlando di una Consulta che non rimarrà inerte pensava che dovesse restare ferma? Beh, ci limitiamo a dire che a sostenere il contrario di ciò che si è detto e scritto, ci vuole davvero un bel coraggio. Complimenti per la coerenza a giorni alterni.
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