2020-10-17
La condanna del capo di Leonardo arma le fazioni dentro i giallorossi
I grillini chiedono la testa di Alessandro Profumo. Il Pd prima tace poi si schiera in sua difesa. In troppi nella maggioranza vorrebbero sfruttare il momento difficile del manager per fare nomine o cambiare strategie.Giovedì pomeriggio, ore 17. Il Tribunale di Milano condanna a sei anni in primo grado Alessandro Profumo. Assieme a lui giudicato Fabrizio Viola, all'epoca dei fatti amministratore delegato di Mps. Per entrambi (Profumo era presidente) una multa da 2,5 milioni di euro e l'accusa di essere stati responsabili di aggiotaggio e di false comunicazioni sociali in relazione alla semestrale del 2015. La condanna, alla luce di altri processi che hanno riguardato la banca senese, appare a una prima lettura severissima. Per capirsi, con lo stesso metro di paragone Giuseppe Mussari (che ha preso sette anni e sei mesi nel 2019) dovrebbe ricevere l'ergastolo. Il riferimento non è ovviamente fattuale, ma al periodo di competenza, visto per quanto tempo Mussari si è occupato (male) della banca. Ovviamente bisognerà aspettare il deposito delle motivazioni per capire meglio, ma il fatto di per sé sussiste non solo per il Profumo presidente di Mps ma per il Profumo amministratore delegato di Leonardo. Un ruolo strategico e osservato da vicino dalla politica. Così la giornata di ieri è iniziata in salita per il manager che già in passato si è occupato di Unicredit. «La condanna riferita al suo trascorso in Monte dei paschi di Siena, anche se di primo grado, pone una questione di opportunità», hanno scritto nero su bianco i deputati 5 stelle della commissione finanze. «Profumo dovrebbe dimettersi quanto prima dalla sua carica di amministratore delegato in una società pubblica e strategica quale è Leonardo». Diplomazia zero. Anzi un assist pure per Alessandro Di Battista che spara ancor più forte invocando imprecisati valori del Movimento. Nominato da Paolo Gentiloni e confermato meno di un anno fa da Giuseppe Conte, il manager deve aver notato il lungo silenzio da parte del Pd. Che per la mattinata e il primo pomeriggio di ieri è stato zitto. Fino a circa le 19 quando è intervenuto sul tema il viceministro Antonio Misiani. «Alessandro Profumo non deve dimettersi da Leonardo. Non c'è una condanna definitiva e non ci sono nemmeno le motivazioni della sentenza di primo grado. Tra l'altro, la Procura ne aveva chiesto l'assoluzione», ha detto il braccio destro di Roberto Gualtieri. «L'Italia si è data delle norme molto rigorose per regolare queste eventualità, stiamo a quelle per favore. Non c'è ragione perché si dimetta dalla carica di amministratore delegato». Il riferimento è alle norme Saccomanni e Severino che non impongono nel caso specifico alcuna dimissione volontaria. In effetti, una tale condanna non impatta in alcun modo nella gestione quotidiana di Piazza Monte Grappa. L'amministrazione Usa potrebbe storcere il naso perché storicamente è attenta alla forma e alla fedina penale degli ad di società della Difesa. Ma anche in questo caso c'è parecchia discrezionalità e soprattutto non va dimenticato un fatto. Leonardo ancora oggi possiede Drs (acquistata ai tempi di Guarguaglini) che è un'azienda americana da generazioni. Insomma, se la politica si scanna per e contro Profumo è per motivi politici, passateci la ripetizione. All'orizzonte ci sono molti partiti interessati a mettere le mani su Leonardo. Basti ricordare le dichiarazioni di Matteo Renzi (settembre 2019) sull'ipotesi di fondere Fincantieri e l'azienda di Piazza Monte Grappa. Al Tesoro in un cassetto c'è il progetto di far cedere le quote di Cdp e creare una nuova holding che controlli pariteticamente i due colossi. Tutti sanno che nulla potrà essere fatto senza il parere e il consenso di Giuseppe Bono, manager pubblico che non soffre il passare del tempo. Ieri il sito Dagospia ha lanciato due indiscrezioni sui nomi di Domenico Arcuri e di Giuseppe Giordo (ora in Fincantieri in qualità di direttore generale della divisione navi militari). Il primo sarebbe sponsorizzato da Conte, il secondo da Luigi Di Maio. Il posto è sempre lo stesso: quello di Profumo.Nessuno ha smentito. Probabilmente fa fede per tutti l'uscita di Misiani che segna un punto di svolta. È chiaro che al vero stratega dietro al Mef Massimo D'Alema l'attuale situazione va bene. Vedremo se, sempre da un punto di vista politico, Leonardo manterrà le scelte intraprese negli ultimi mesi o lo scombussolamento della condanna avrà qualche conseguenza nelle decisioni strategiche dei grandi progetti e nei rapporti con gli storici partner delle aerostrutture.