
Oggi verrà preso in esame un caso di Trento riguardante il riconoscimento di una maternità surrogata ottenuta all'estero. Se accolto, verrebbe legittimata una pratica fin qui vietata. E colpito il diritto di famiglia.«Sarà ancora possibile dire mamma e papà?», recitavano i manifesti affissi pochi giorni fa da Pro vita e Generazione famiglia, per denunciare l'utero in affitto e l'inseminazione eterologa. Una risposta definitiva a questo interrogativo può arrivare oggi dalla Corte di Cassazione che, per la prima volta, si riunirà a sessioni unite per decidere su un caso di trascrizione all'anagrafe di un atto di nascita di un bambino ottenuto all'estero da una coppia di uomini di Trento tramite una maternità surrogata. Si tratta di un pronunciamento spartiacque, che farà giurisprudenza, poiché a emetterlo sarà il massimo organismo della giurisdizione ordinaria. A richiedere l'intervento delle sessioni unite è stato infatti il procuratore generale, ma anche molti gruppi pro family che attendono una parola definitiva, mentre prosegue il caos contraddittorio dei pronunciamenti dei tribunali locali che, in molti casi, invitano i sindaci e le anagrafi a riconoscere come figli di «due padri» e di «due madri» i bambini ottenuti all'estero da coppie dello stesso sesso tramite gestazione per altri e fecondazione eterologa.Dunque, colpo dopo colpo, decine di pronunciamenti sembrano smantellare il diritto di famiglia. Tutto sembra spianare la strada a un'altra decisione che sarà presa il prossimo 8 gennaio, quando la Corte costituzionale si riunirà per valutare in merito al rifiuto dell'iscrizione all'anagrafe di Pisa di una bambina, richiesta da due donne, che hanno usufruito della compravendita di gameti e dell'eterologa all'estero. L'intervento della Consulta si è reso necessario dopo che lo stesso tribunale della città toscana ha sollevato la questione della legittimità costituzionale del divieto della Pma per coppie dello stesso sesso. Sul caso si è costituito in giudizio anche il senatore Simone Pillon (Lega), per conto dell'Associazione vita è, presieduta da Renzo Puccetti. Pillon ricorda che per la trascrizione di atti formati all'estero bisogna dimostrare la non contrarietà all'ordine pubblico, che nelle fattispecie esaminate viene meno, visto che si tratta di bambini ottenuti con pratiche che in Italia sono punite penalmente. Fatto sta che alcune procure si sono mosse in direzione opposta ai riconoscimenti, come quella di Roma, che ha deciso di impugnare la trascrizione di nascite avvenute all'estero mettendo sotto processo un ufficiale dell'anagrafe che aveva iscritto un bambino come figlio di due uomini. Dopo tutto, secondo molti giuristi, affermare in un'iscrizione alla anagrafe che un bambino è figlio di due padri o di due madri è un falso in atto pubblico e un'alterazione di stato, dal momento che nel formulario bisogna solo specificare le circostanze del concepimento e non definire l'adozione del figlio del partner che potrà essere stabilita da un tribunale.D'altra parte, nel nostro Paese sono anni che quello che non si riesce a ottenere per via democratica si raggiunge tramite l'attivismo giudiziario. Le sentenze della Corte costituzionale, che hanno abolito molti divieti posti dalla legge 40, dimostrano che il giudice si sostituisce al legislatore e indica la via di un sedicente progresso, che pone il desiderio di filiazione al di sopra del diritto ad avere un padre e una madre.Non conta, quindi, la sensibilità degli italiani che si riconoscono nell'antropologia umana. Un sondaggio Ixè del 2017, commissionato dalla Rete femminista 1 ottobre, indica che 3 italiani su 4 sono contrari all'utero in affitto. La contrarietà a nuove forme di ingegneria sociale lo dimostrano anche le folle che hanno animato i Family day e il fallimento del referendum abrogativo della legge 40.Insomma è evidente come in Italia, tra gli scranni parlamentari e nell'opinione pubblica, sia assente una maggioranza in grado di far approvare leggi volte a legalizzare pratiche che di fatto rendono le vite e i corpi degli esseri umani oggetto di un mercimonio. Ma se entra in gioco una «giurisprudenza creativa», il discorso cambia. Tentano di contrapporsi a questa deriva i parlamentari aderenti all'Intergruppo parlamentare su Vita e famiglia, che hanno inviato una lettera al presidente Sergio Mattarella affinché si faccia garante del rispetto del divieto dell'utero in affitto. Mentre il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha fatto sapere che il ministero dell'Economia ha dato il via libera per il ritorno sui documenti dei minori delle diciture «madre» e «padre», anziché l'espressione generica «genitori».Tornando a oggi, se i giudici della Cassazione legittimeranno il punto di arrivo, ovvero dichiarare che un bambino è figlio di due papà, automaticamente riconosceranno anche la validità del punto di partenza, cioè la pratica della maternità surrogata, che prevede la selezione di gameti femminili, scelti in base all'etnia e diversi da quelli della portatrice proprio per evitare qualsiasi relazione con nascituro; il bombardamento di ormoni alla surrogata che dovrà evitare il rigetto dell'embrione; clausole vessatorie che prevedono l'aborto in caso di malformazioni, e la «sottrazione» del neonato subito dopo il parto per scongiurare qualsiasi legame affettivo. In pratica, si darebbe per scontato che vivere nove mesi nell'utero di una donna sia un fatto indifferente per un essere umano.
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