
La Procura di Brescia: Stati ritenuti a rischio hanno ricevuto, in soli tre anni, 40 milioni raccolti da presunti «centri culturali».Raccoglievano soldi dai fedeli di Allah attraverso le donazioni elargite a nove diverse associazioni culturali e, poi, li inviavano all'estero attraverso dei prestanome per finanziare gruppi terroristici legati all'Isis in azione tra Iraq e Siria. È un giro d'affari da 40 milioni di euro quello che in soli tre anni, dal 2009 al 2012, si è mosso dall'Italia verso i Paesi considerati a rischio terrorismo e una parte di questo denaro, secondo la Procura di Brescia, è finito proprio nelle tasche degli affiliati allo Stato islamico. Sono 17 gli imputati del processo che prenderà il via il prossimo 3 luglio: 13 sono stati rinviati a giudizio (gli altri risultano irreperibili), tra i quali 11 siriani, un libanese e una donna italiana che ha chiesto il rito abbreviato. Secondo gli inquirenti tutti i soggetti «in concorso tra loro raccoglievano ed erogavano denaro destinato ad essere in parte utilizzato per finalità di terrorismo», nello specifico per «finanziare gli appartenenti ed affiliati ai gruppi jihadisti salafiti armati Al Nusra e Jabhat Fateh el Sham operanti nella provincia siriana di Idlib». Il gruppo era ben organizzato: raccoglievano tra i fedeli donazioni, che poi attraverso il sistema hawala (sistema informale di trasferimento di denaro basato su una vasta rete di mediatori) arrivavano nelle mani di un collettore che si attivava per far inviare «alcune migliaia di euro per volta» nella zona del conflitto civile siriano destinandole ad un non meglio identificato «generale jihadista impegnato nell'attività militare antigovernativa». A donare erano soprattutto cittadini siriani e il denaro, cambiato in valuta e riciclato, veniva inviato, con passaggi attraverso altri Paesi europei, alle destinazioni finali con somme nel frattempo lievitate a centinaia di migliaia di euro. In particolare, sotto la lente è finito il flusso di offerte raccolte dai centri culturali di fede sunnita, seguaci dell'ideologia Tabligh Eddawa, dei quali farebbero parte nove associazioni molto attive nel territorio di Brescia e nella provincia che aderiscono alla cosiddetta Società della propaganda. Attenzionati risultano i movimenti di denaro avvenuti nell'ambito delle associazioni Al Ummah Italia e Al Noor, attive a Brescia città, l'associazione culturale Al Ummah Italia a Gardone, Al Ummah a Ghedi, Masjid Ennour Onlus a Lonato del Garda, Arahma Onlus a Carpenedolo, Annour Onlusa Montichiari, Multinazionale di Lumezzane e, infine, il Centro islamico Tabligh di Bedizzole.La Società della propaganda è una «rete mondiale di missionari itinerante impegnata nella diffusione porta a porta della fede islamica», si legge nelle carte «finalizzata a convertire i non credenti o riconvertire i cattivi musulmani» che fa proseliti «soprattutto tra la popolazione emigrata in occidente». Predicano «il vero Islam radicale e vivono imitando lo stile di vita del Profeta», cercando di «riportare verso Allah tutti i musulmani della fede affievolita».L'ipotesi di un ingente flusso di denaro destinato ai combattenti è emersa attraverso una inchiesta più ampia relativa al fenomeno dei Money transfer, attiva già da mesi. La Procura di Brescia, in sostanza, ha chiesto ai principali intermediari finanziari operanti sul territorio nazionale «copia dell'archivio unico informatico per il periodo tra il 2009 e il 2012 relativo tutti i trasferimenti effettuati dalle agenzie». E i dati sono inquietanti. Si scopre per esempio che 75.000 immigrati presenti in Italia hanno effettuato, nel periodo indicato (cioè in soli tre anni) quasi 50.000 operazioni verso il Pakistan inviando complessivamente 17 miliardi di euro. Nello stesso lasso di tempo verso la Turchia 19.000 immigrati, con 23.000 operazioni hanno inviato 12 milioni, così come sempre dall'Italia sono partiti verso il Libano quasi 3 milioni di euro. Allo stesso modo ingenti flussi di denaro sono partiti direttamente anche verso la Siria e il Libano, complessivamente oltre 2,5 milioni di euro.In tutto, dunque, i Paesi considerati a rischio hanno ricevuto, in soli tre anni, denaro in partenza dall'Italia per un totale di 40 milioni di euro. Nella maggior parte dei casi le modalità di trasferimento delle somme sono più che sospette: molte operazioni sono avvenute attraverso l'utilizzo di codici fiscali errati e inesistenti «spesso fittiziamente attribuiti a soggetti gravati da precedenti penali» anche in materia di riciclaggio. Gli inquirenti hanno verificato come in molti casi «risulta impossibile identificare con certezza l'identità dei soggetti che effettuano le operazioni di Money transfer verso i Paesi a rischio terrorismo», in quanto «numerosi soggetti risultano non identificabili» e «circa il 40% delle operazioni analizzate anche se riferite a soggetti identificabili risultano ad essi non riconducibili per la sproporzione tra le capacità economiche dei mandatari e le ingenti somme di denaro inviate». Allo stesso modo «risulta impossibile individuare i soggetti destinatari di tali rilevanti somme potenzialmente collegati con il fenomeno del terrorismo».
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.