2020-01-10
La Carfagna fa saltare il referendum per il terrore di dover andare a casa
Quattro suoi fedelissimi ritirano le firme in modo da far saltare la consultazione sul taglio dei parlamentari, allontanare il voto e far uscire allo scoperto la Lega. Costringendola a rimediare il quorum con propri senatori. Paola De Micheli costretta al passo indietro. Però con Autostrade si tratta. E intanto una ondulina viene giù sulla A10.Un vero e proprio blitz, quello messo a segno ieri da Mara Carfagna, con due obiettivi: in primis, far saltare il referendum sul taglio dei parlamentari, e dunque allontanare la possibilità di elezioni a brevissimo termine; in subordine, far uscire allo scoperto la Lega, mettendo Matteo Salvini nella condizione di esporsi a favore del referendum stesso. La giornata politica di ieri è stata caratterizzata dal ritiro, in extremis, di quattro delle firme raccolte per chiedere il referendum confermativo sulla legge sul taglio dei parlamentari. Il termine per presentare le firme è il 12 gennaio. Ieri mattina era previsto il deposito in Cassazione delle 64 firme di altrettanti senatori raccolte nelle scorse settimane a sostegno della richiesta di referendum. Ma qualcosa va storto: «Quattro parlamentari», avverte il senatore di Fi Andrea Cangini, uno dei promotori del referendum, «hanno chiesto di ritirare la firma, mentre altri hanno chiesto di aggiungerla. Ci sembrava dunque corretto chiedere un nuovo appuntamento alla Cassazione».Delle 64 firme raccolte, lo ricordiamo, ben 41 sono di senatori di Forza Italia, 7 del Pd, 9 del gruppo misto, 2 di Italia viva, 3 del M5s e solo due della Lega, tra l'altro due fuoriusciti dal M5s, Francesco Urraro e Ugo Grassi. A loro si è aggiunto il senatore a vita Carlo Rubbia. Chi ha ritirato le firme? Quattro senatori di Forza Italia, tutti fedelissimi della Carfagna: Franco Dal Mas, Massimo Mallegni, Laura Stabile e Barbara Masini. Passano poche ore e i quattro spiegano il motivo del dietrofront: «Abbiamo preso una decisione importante», dichiarano Dal Mas, Mallegni, Stabile e Masini, «per impedire a qualcuno di farsi prendere dalla tentazione di andare a votare senza ridurre prima il numero dei parlamentari. Vogliamo sventare un giochino di palazzo».«Quando abbiamo, tra i primi, sostenuto la raccolta delle firme sul referendum», continuano, «lo abbiamo fatto perché convinti fosse necessario un coinvolgimento della gente per un passaggio così delicato e significativo per la rappresentanza parlamentare. La riforma approvata è sicuramente una “marchetta" elettorale di facciata che il M5s e la Lega hanno sostenuto in tre letture tra Camera e Senato. Paradossalmente, contrariamente a ciò che può sembrare, l'improvvisa conversione alla richiesta di referendum», aggiungono i quattro senatori, «pur contenendo in sé una buona ragione, nasconde la vera ragione che mira, proprio grazie all'avvio della procedura referendaria, ad acquisire la possibilità, in caso di elezioni anticipate, di votare con l'attuale numero di parlamentari. E questa è la vera operazione di palazzo. Se non saranno raggiunte le firme e quindi dal 12 di gennaio la modifica costituzionale sarà definitiva, dalla prossima consultazione elettorale gli italiani eleggeranno 300 parlamentari in meno. Noi auspichiamo che questo governo», concludono Dal Mas, Mallegni, Stabile e Masini, «se ne vada prima possibile, e che i cittadini possano tornare ad esprimersi senza giochetti di palazzo».Il disegno dei «carfagnani» è chiarissimo: far venire allo scoperto la Lega. Dalle parole dei quattro senatori di Fi, infatti, traspare con evidenza che, a loro parere, Matteo Salvini potrebbe «approfittare» dei mesi che ci separano dalla fine di maggio, quando dovrebbe tenersi il referendum, per convincere la maggioranza dei parlamentari a far cadere il governo, provocando lo scioglimento anticipato delle Camere e quindi il voto con l'attuale sistema (630 deputati e 315 senatori) e non con il nuovo (400 deputati e 200 senatori). Non solo: i fedelissimi della Carfagna continuano a giocare la loro partita interna a Fi. Stando a quanto riferito alla Verità da fonti molto bene informate, infatti, sarebbe stata la senatrice Licia Ronzulli, vicinissima a Salvini, a promuovere la raccolta di firme tra i senatori di Forza Italia. Il motivo? Le voci di dentro riferiscono che il leader del Carroccio non avrebbe voluto esporre la Lega nella battaglia referendaria contro la riduzione dei parlamentari (non è un caso che neanche un senatore di Fratelli d'Italia figuri tra i firmatari) e quindi avrebbe «mandato avanti» i forzisti. Oggi alle 15 è in programma, salvo imprevisti, un nuovo appuntamento in Cassazione, e a questo punto la Lega potrebbe essere costretta a compensare con le firme di propri senatori quelle che ieri mattina Mara Carfagna ha fatto mancare all'appello.Non a caso ieri sera Salvini, interpellato sul ritiro delle firme, risponde così: «Chiedetelo a quelli che hanno cambiato idea. Io ritengo che quando i cittadini si possono esprimere è sempre meglio, io farei referendum su tutto, come in Svizzera ogni mese». Duro il commento della Fondazione Einaudi, che assieme ai senatori Cangini, Tommaso Nennicini (Pd) e Nazario Pagano (Fi) ha promosso l'iniziativa delle firme tra i senatori: il ritiro delle sottoscrizioni «è una manovra di palazzo che qualifica chi la fa, che se ne assume per intero la responsabilità politica, giuridica e morale. A questo punto tutto è aperto».Una partita a scacchi: ieri si sono rincorse indiscrezioni e smentite su un probabile ritiro delle firme anche da parte di qualche senatore del Pd. Oggi alle 10.30, inoltre, il Partito radicale consegnerà in Cassazione le firme raccolte tra gli elettori per la richiesta del referendum sul taglio dei parlamentari.