2019-08-12
La capriola del Bullo: «Folle il voto subito, è meglio un governo». E il Pd va in pezzi
L'ex premier si scopre: «Esecutivo istituzionale con il M5s, anche se mi hanno offeso». Nicola Zingaretti: «No ad accordicchi».Matteo Renzi è uscito allo scoperto nella caccia al governo dell'inciucio. L'intervista di ieri al Corriere della Sera è la mano tesa ai 5 stelle nel tentativo di formare una cordata per evitare di andare a votare subito. Come vorrebbe Matteo Salvini. Ma lo vorrebbe anche Nicola Zingaretti, che di Renzi è il capo. E così il Bullo con il colpo sparato dalle colonne del quotidiano di via Solferino colpisce due bersagli: spaccare il suo partito, rimettendo in discussione quanto deciso dalla direzione nazionale non più tardi di un paio di settimane fa, e dichiarando apertamente che un gruppo di interessi contrario alle urne sta stringendo le file e che Renzi si candida a esserne il catalizzatore, chiamando a raccolta tutti i parlamentari che ci stanno. «È folle votare subito»: questa è la premessa dell'ex premier che invoca una sorta di fronte nazionale contro Salvini, un dj da spiaggia che va «restituito al suo mojito». Renzi annuncia un intervento in Parlamento per ripetere quello che ha anticipato nell'intervista. La sfiducia a Giuseppe Conte è scontata. Ma il capitolo successivo della narrazione renziana non prevede lo scioglimento delle Camere e la campagna elettorale. No: ci vuole un bel governo istituzionale che eviti l'aumento dell'Iva e che garantisca il completamento della riforma costituzionale voluta dai grillini. Ovvero, il taglio di 345 parlamentari. Renzi finge di essere in disaccordo sui modi della modifica della Carta. Lui, però, tre anni fa voleva cancellare addirittura il Senato con un taglio molto più secco.Così, alla fine l'ex segretario Pd deve ammettere: «Hanno ragione loro». Loro, cioè i 5 stelle, i suoi nemici giurati, quelli con cui aveva giurato che non ci sarebbe stato nessun accordo, mai e poi mai. E invece eccolo accodarsi a Luigi Di Maio: «È assurdo fermarsi adesso, a un passo del traguardo». Bisogna consentire che la riforma faccia il suo quarto passaggio parlamentare. E poi che venga organizzato il referendum confermativo, quello che a lui è costato così caro. E dopo che i cittadini avranno ratificato la riforma Renzi-Di Maio, bisognerà mettere mano alla nuova legge elettorale. Un «cinquestellum». Di riforma in riforma, si arriverebbe alla vigilia del voto per il nuovo capo dello Stato. E vogliamo lasciare che il prossimo inquilino del Colle lo decida un Parlamento in cui Salvini abbia i «pieni poteri» richiesti? Giammai. Insomma, per Renzi, fine legislatura mai. Un «governo no tax», ha scritto ieri pomeriggio sulla sua pagina Facebook. L'ha messa anche sul personale: il Bullo racconta che sabato sera è andato con la famiglia a mangiare una pizza dai suoi genitori. «Ho pensato ai giorni in cui delle persone inqualificabili dei 5 stelle facevano i segni delle manette nei confronti di due cittadini incensurati settantenni finiti per colpa mia in vicende più grandi di loro. Se vado di pancia dico che non farò mai accordi con chi mi ha ferito e ha ferito la felicità della mia famiglia. Se penso al Paese, invece, credo che sia giusto mettere al centro l'interesse generale, non il mio orgoglio. Il bene comune, non la mia rabbia. Sì, mi hanno insultato e mi hanno denigrato. Ma si fa politica con i sentimenti, non con i risentimenti».Il percorso è diametralmente opposto a quello disegnato dal nuovo leader del Pd, perché Zingaretti e i suoi ripetono che vogliono votare subito. Ma anche da quelle parti si valuta la situazione, si lanciano segnali e forse si apre qualche disponibilità a soppesare la possibilità di un rinvio delle elezioni. Lo fa capire Goffredo Bettini, un tempo stratega romano di Francesco Rutelli e plenipotenziario di Walter Veltroni, e ora cinghia di trasmissione tra Zingaretti e il Quirinale. Sul suo blog sull'Huffington Post, Bettini scrive che dire di no a un governicchio in realtà non porta inevitabilmente alle urne. «Se cade la pregiudiziale (non il giudizio, ma il pregiudizio) verso i 5 stelle, e si apre una trattativa, allora si dovrebbe mettere in campo una operazione limpida», scrive Bettini. Cioè dare «vita a un governo di lungo respiro, con una maggioranza chiara, un programma condiviso e una ambizione di rinnovamento». Un'alleanza che «dovrebbe durare tutta la legislatura».Ed ecco che l'inciucio è servito. Un giorno Beppe Grillo dice che il suo movimento dovrebbe cambiare pelle come un serpente e piegarsi anziché spezzarsi, il che equivale ad aprire al Pd. Poi arriva Renzi a raccogliere l'assist. Tra i democratici si esamina il nuovo scenario. Si studia il «lodo Grasso», cioè l'idea di organizzare assenze strategiche al Senato al momento di votare la sfiducia salviniana a Conte in modo da fare mancare il quorum e dunque salvare il governo.Non c'è da attendere molto per verificare se questa aria d'intesa tra pentastellati e democratici abbia un fondamento. Stamattina si riuniscono i capigruppo del Senato per decidere quando votare la (s)fiducia a Conte, ma anche la mozione di sfiducia individuale a Salvini presentata dal Pd. Se il titolare del Viminale fosse impallinato prima del governo, sarebbe la prova generale del nuovo asse nascente. Di Maio ieri ha fatto appello a Sergio Mattarella perché vari un «governo del presidente»: una proposta che si sovrappone al «governo istituzionale» invocato da Renzi. Ma al Colle non c'è Giorgio Napolitano. Mattarella non è contento di portare di nuovo il Paese al voto, ma fa capire che vuole un governo vero, un accordo serio alla luce del sole. Ci vogliono leader che ci mettano la faccia. Renzi ci ha messo subito la sua. Tosta.
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