2022-02-03
L’ossessione no vax coinvolge pure il fisco
Un medico impegnato da due anni nella lotta contro la pandemia (è tra coloro che in un grande ospedale procedono alle intubazioni di pazienti i cui polmoni sono collassati) mi ha dato una lucida definizione a proposito della campagna vaccinale. Chi si sottopone all’inoculazione anti Covid non fa un atto d’amore verso la collettività, come dicono politici e professori: compie un atto di egoismo. Tradotto: ci si vaccina per difendere sé stessi, non gli altri, perché si ritiene che con due o tre dosi non si rischi la pelle qualora si venisse contagiati. Le parole del medico che il coronavirus lo vede da vicino, non come certi presunti esperti che stanno sempre in tv, mi sembrano di stringente attualità, in un momento in cui si discute di obbligo vaccinale e di regole sempre più coercitive nei confronti di chi sceglie di non offrire il braccio alla patria. L’iniezione non è necessaria per impedire la diffusione del virus, perché come si è visto le varianti circolano a prescindere dalle percentuali di vaccinati. La famosa immunità di gregge, ormai lo hanno capito anche i colleghi dei giornaloni, è un miraggio e dunque impossibile da raggiungere. Infatti, nessuno tra coloro che fino a ieri l’avevano eletta a dogma ne parla più: sparita, come sono sparite le percentuali degli inoculati che, dopo essere state seguite con attenzione spasmodica paragonabile solo alla conta per l’elezione del capo dello Stato, adesso non interessano più. Tuttavia, nonostante siano state tolte di mezzo l’immunità di gregge, le percentuali di vaccinati e tutti gli altri obiettivi che Roberto Speranza e i suoi compagni si erano prefissi, il green pass resiste a ogni obiezione di buonsenso. Anzi, oltre a resistere raddoppia, rendendo ancora più complicata la vita dei renitenti al vaccino. Ricevo ogni giorno lettere di persone costrette a rinunciare al lavoro perché non si sono ancora sottoposte alla puntura e nonostante la minaccia di restare senza stipendio mi scrivono di non avere nessuna intenzione di assoggettarsi all’imposizione. Sbagliano, perché oltre allo stipendio rischiano la pelle? Semmai, come dice il medico che frequenta le terapie intensive, mettono a repentaglio la loro, non quella degli altri. Sono persone che hanno fatto una scelta e hanno deciso che per loro va bene così e non ci sarà multa che li convincerà a tornare sui propri passi. Non sono trogloditi, privi di istruzione, ai margini della società, come li descrivono i giornaloni e i sociologi da salotto. Sono professionisti o operai che semplicemente vogliono decidere il loro destino ed essendo cittadini di un Paese libero, per quel che mi riguarda, hanno diritto di farlo. Io sono vaccinato, ma non ho alcuna intenzione di imporre il vaccino ad altri come invece pare voler fare un Paese che si dice democratico. Sono vaccinato e non pretendo che altri lo facciano, anche perché conosco almeno una dozzina di persone vaccinate con tre dosi che si sono contagiate, a volte fra loro (il professor Massimo Galli positivo dopo una cena con sette commensali tutti «immunizzati» non è un caso isolato, anzi). Dunque, trovo assurdo che, dopo 47 milioni di italiani vaccinati, 33 milioni dei quali con il booster, ancora si vada a caccia dei no vax. Soprattutto, trovo incredibile che per combattere i pericolosi irriducibili al siero sia scesa in campo l’Agenzia delle entrate. Sì, in un Paese in cui si evadono 100 miliardi di tasse l’anno e l’erario perde 30 miliardi di Iva, con un record che non ha eguali in Europa, il fisco si preoccupa di stanare i cinquantenni che non si sono ancora vaccinati. Incrociando l’elenco delle persone residenti e quello dei vaccinati (del resto il certificato verde è gestito da Sogei, società informatica del ministero dell’Economia, non da quello della Salute), per l’Agenzia delle entrate sarà un gioco da ragazzi scoprire chi non si è adeguato all’obbligo e dunque scatterà la sanzione. La multa arriverà a casa insieme con la cartella delle imposte, perché naturalmente è più facile scovare un non vaccinato che un evasore. Per quello c’è tempo. E infatti il fisco ci sta mettendo una cinquantina d’anni, se contiamo da quando ha dichiarato guerra ai furbi che non pagano le tasse.Ciò detto, ieri a proposito di Covid il governo ha varato nuove regole e tra le tante, alcune delle quali riguardano la scuola, ne segnaliamo due, una di buonsenso e l’altra di nessun senso. La prima risponde alla denuncia del nostro giornale, che ieri in prima pagina si occupava di 10 milioni di fantasmi, ovvero degli italiani guariti dal coronavirus, ma trattati alla stregua di persone senza vaccino e dunque prive di diritti. A Palazzo Chigi qualcuno si è reso conto della stupidaggine di costringere al vaccino persone che già hanno un’immunità naturale data dalla malattia e ha deciso di correggere le norme volute da Speranza & C., concedendo il green pass. L’altro provvedimento adottato dall’esecutivo riguarda invece gli stranieri, ai quali sarà consentito ciò che non è permesso agli italiani. In pratica, con il tampone genico turisti o lavoratori in ingresso nel nostro Paese potranno accedere ai servizi negati ai comuni cittadini anche se si sono sottoposti al test anti Covid. Una palese violazione dei diritti riconosciuti dalla Costituzione, secondo la quale tutti sono uguali davanti alla legge, anche a quella di Palazzo Chigi. Una violazione di fronte alla quale, opinionisti, partiti e magistratura si volteranno dall’altra parte per fingere di non vedere. È l’Italia democratica, bellezza, dove uno straniero ha più diritti di chi paga le tasse e pure le multe anti Covid.
(Guardia di Finanza)
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
Continua a leggereRiduci