L'ateneo in crescita per numero di studenti è stato penalizzato in questi anni di governi di centrosinistra. Anche l'ultimo ministro nonostante sia nato a Treviglio nella bergamasca si è allineato. In Unibg il rapporto tra docenti, personale e studenti è tra i più bassi nel sistema universitario italiano.
L'ateneo in crescita per numero di studenti è stato penalizzato in questi anni di governi di centrosinistra. Anche l'ultimo ministro nonostante sia nato a Treviglio nella bergamasca si è allineato. In Unibg il rapporto tra docenti, personale e studenti è tra i più bassi nel sistema universitario italiano. Bergamo è un ateneo in crescita. Infatti, conta più di 18.000 studenti eppure, per quanto riguarda personale tecnico e docente registra una differenza negativa del 40% rispetto alla media degli altri atenei. I numeri parlano chiaro. Nel 2016 il Miur indicava oltre 16.700 studenti per 316 docenti con 233 del settore tecnico-amministrativo. Si tratta di una cifra in controtendenza rispetto al resto d'Italia, dove a fronte di un maggior numero di iscritti è aumentato anche il corpo docente. E se nel 2013 a Bergamo per ogni professore c'erano 44 studenti, ora sono 53. È il dato peggiore nel nostro Paese, per atenei di piccole e medie dimensioni, contando che a Napoli a fronte di una diminuzione di iscrizioni il rapporto è rimasto inalterato: erano 47 nel 2013 sono adesso 40. Tutto dipende da una norma del 2010, quella che consente di assumere in base al turnover, cioè attendendo il pensionamento dei professori. Ma il problema è che da queste parti mancano le risorse. Si fanno i doppi turni. Negli ultimi giorni a sollevare il caso sui giornali locali è stato il rettore, Remo Morzenti Pellegrini, che ha spiegato come in questi anni si è dovuto «lavorare sugli orari della didattica, teniamo calmierato il numero massimo di studenti per aula e certe lezioni vengono raddoppiate o triplicate. Abbiamo retto l'urto ma non possiamo andare avanti così». Il problema come detto, risiede in una vecchia normativa che non è mai stata modificata. Come dice il rettore: «Fino a qualche anno fa le università venivano finanziate in base al numero degli studenti. Oggi si tiene conto del costo standard: ricevi più fondi se fai bene con poco. Così abbiamo recuperato i finanziamenti, e quindi i fondi per le assunzioni li avremmo. Ma non possiamo usarli per la regola del turn over: si assume quando altri vanno in pensione. E noi abbiamo un personale giovane». Negli anni passati c'erano state trattative con i ministri Valeria Fedeli e Stefania Giannini: non c'è stato nulla da fare. Ora con il nuovo governo le cose potrebbero cambiare. «La Bergamasca ha venti parlamentari, voglio invitarli al più tardi fra un mese. E con loro voglio sollevare il caso Bergamo». «Perché non chiedo una deroga per noi ma per tutte le università nelle identiche condizioni. I limiti erano stati pensati in un'altra stagione per calmierare le assunzioni. Ma la nostra situazione è un'altra e non sarà tale nemmeno in futuro». Si vuole un trattamento simile a quello degli altri atenei. Giulio Centemero, neodeputato della Lega ha subito colto l'invito: «Non ha senso che un'università giovane e in espansione debba seguire le regole di altri atenei: non si può assumere a meno di pensionamento del personale, evento raro per l'ateneo orobico». Del resto, spiega: «Va consentito all'Università di Bergamo di continuare a sostenere il proprio sviluppo sia a livello nazionale che internazionale. L'Unibg infatti non solo ha risorse da investire ma attrae studenti e docenti da altre parti d'Italia e del mondo. Quella che si affaccia ora al mondo universitario è una generazione straordinaria, dinamica e interconnessa e necessita di un'educazione di qualità per competere a livello globale; a tal fine servono più meritocrazia e più attenzione ai territori "periferici" che, ne sono un esempio la Silicon Valley o il Colorado, godono di specifici vantaggi competitivi». Ora la palla tocca al governo.
Alessia Pifferi (Ansa)
Cancellata l’aggravante dei futili motivi e concesse le attenuanti generiche ad Alessia Pifferi: condanna ridotta a soli 24 anni.
L’ergastolo? È passato di moda. Anche se una madre lascia morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo per andare a divertirsi. Lo ha gridato alla lettura della sentenza d’appello Viviana Pifferi, la prima accusatrice della sorella, Alessia Pifferi, che ieri ha schivato il carcere a vita. Di certo l’afflizione più grave, e che non l’abbandonerà finché campa, per Alessia Pifferi è se si è resa conto di quello che ha fatto: ha abbandonato la figlia di 18 mesi - a vederla nelle foto pare una bambola e il pensiero di ciò che le ha fatto la madre diventa insostenibile - lasciandola morire di fame e di sete straziata dalle piaghe del pannolino. Nel corso dei due processi - in quello di primo grado che si è svolto un anno fa la donna era stata condannata al carcere a vita - si è appurato che la bambina ha cercato di mangiare il pannolino prima di spirare.
Toga (iStock). Nel riquadro, Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.







