2020-06-11
La Bellanova ha un problema con i calcoli
Il ministro affronta un inconveniente renale, ma non risolve il flop della sanatoria denunciato dalla «Verità». Anzi, rivendica come un successo le sole 9.500 domande: «Piuttosto che ai numeri, guardo al guadagno di umanità». Intanto gli stranieri restano sfruttatiLa banda attiva tra Calabria e Basilicata. Intercettazioni choc: «Fate venire le scimmie»Lo speciale contiene due articoliNon è un momento felice per Teresa Bellanova. Prima un problema di salute: «Sono costretta a fermarmi per qualche giorno», ha scritto su Facebook. «Niente di grave, si tratta di un fastidiosissimo calcolo alla colecisti: quanti di voi purtroppo hanno provato l'orrendo fastidio di questo minuscolo granello…». Adesso, purtroppo per lei, è un altro tipo di calcolo a darle problemi. Per la precisione il conto dei migranti che hanno fatto richiesta di regolarizzazione. La sanatoria che ha commosso il ministro dell'Agricoltura è partita dieci giorni fa, ma a presentare domanda sono stati appena 9.500 stranieri. Vero, fino al 15 luglio c'è ancora tempo. Però il governo si aspettava circa 220.000 irregolari desiderosi di uscire allo scoperto, e per adesso il fiasco è innegabile. Siamo stati i primi a scriverlo, la settimana scorsa. Abbiamo contattato il Viminale per chiedere lumi, e sulle prime ci è stato risposto che i dati ufficiali sarebbero stati diffusi dopo una quindicina di giorni. Nel frattempo, però, abbiamo pubblicato i numeri forniti dalle associazioni agricole. Cia e Coldiretti, nei primi giorni, hanno ricevuto in tutto circa un centinaio di richieste: praticamente nulla. E dire che l'intero provvedimento era stato presentato come un atto fondamentale per salvare le aziende agricole prive di manodopera. A quanto pare, invece, il condono per i clandestini agli agricoltori non serviva. Dopo che La Verità ha svelato l'inghippo, il Viminale si è affrettato a diffondere un dato, cioè quello delle 9.500 domande presentate dagli stranieri (a cui si aggiungono circa 60.000 richieste di informazioni online). In sostanza, il ministero ha dovuto certificare il flop. Un fallimento che non è passato inosservato nemmeno a sinistra, tanto che ieri Repubblica ha sparato un siluro contro il governo titolando in prima pagina: «La beffa della sanatoria». Il giornale di Maurizio Molinari ha elencato tutte le magagne del provvedimento, che per altro erano ampiamente prevedibili (e infatti sono state previste anche da noi). Come si diceva, è evidente che agli agricoltori la sanatoria risulta inutile. Le frontiere ora sono aperte, migliaia di lavoratori comunitari possono raggiungere le aziende per cui hanno già lavorato negli anni passati. Ma pare proprio che il provvedimento non serva nemmeno agli stranieri. Alcuni di loro continuano a essere impiegati in nero, come dimostrano le operazioni di polizia di cui scriviamo anche qui sotto. I loro datori di lavoro, spesso criminali, non hanno nessuna intenzione di metterli in regola. L'effetto collaterale più nefasto è che tutto ciò alimenta il racket. È stata di nuovo Repubblica a scrivere che il prezzo dei permessi di lavoro falsi è aumentato da 3.000 a 5.000 euro. Altri stranieri, invece, lavorano per padroni che non si sognano nemmeno di pagare 500 euro per sanarli. Dunque sono costretti a sborsare il denaro di tasca loro, togliendolo da uno stipendio già esiguo, con grande soddisfazione degli sfruttatori. La sensazione è che l'intera sanatoria, oltre che decisamente discutibile sotto vari aspetti, sia un po' fuori dal tempo. Ricorda quelle realizzate anni fa dal centrodestra, che però si riferivano a un contesto completamente diverso. Il nuovo provvedimento, ad esempio, crea problemi pure a colf e badanti. Oggi è più difficile che una collaboratrice domestica sia impiegata a tempo pieno da una sola famiglia benestante. Alcune di loro si dividono tra più famiglie a medio reddito, che non sono in grado di pagare uno stipendio pieno. Il rischio, dunque, è che alcune perdano il posto, mentre altre non sanno a chi chiedere di essere regolarizzate. Di situazioni di sfruttamento orrende come quelle dei rider, poi, la sanatoria non si occupa affatto. Insomma, con la scusa di aiutare l'agricoltura è stato fatto un gran pasticcio. Che la Bellanova, tuttavia, si ostina a difendere con dichiarazioni al limite del grottesco. «Quale che sia il risultato», ha detto a Repubblica, «non sarà mai un flop. Fosse anche una sola la persona che viene strappata all'invisibilità e a condizioni di lavoro oscene, lo considero comunque un successo». Il ministro, con grande sprezzo del ridicolo, aggiunge: «Piuttosto che a una sterile contabilità dei numeri, guardo al guadagno di umanità». Beh, forse dovrebbe guardare anche ai guadagni di chi gestisce il racket dei permessi. Perché finora l'unico risultato della sanatoria è stato che i clandestini devono pagare un sacco di soldi ai negrieri per essere messi in regola. Ma evidentemente agli esponenti del governo questo dato di realtà continua a sfuggire, visto che ieri pure il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo, si è esposto per difendere il condono dei clandestini, spiegando che si tratta di uno «strumento di tutela della collettività». Altra balla clamorosa: la regolarizzazione non offre alcuna sicurezza dal punto di vista sanitario. E comunque, se i numeri sono questi, stiamo freschi. Non sfugge, ovviamente, il giochino politico che sta dietro tutto questo caos. La Bellanova addossa la responsabilità del flop ai 5 stelle e alle «restrizioni» da loro imposte sulla platea dei regolarizzabili. La sinistra immigrazionista insiste affinché il provvedimento sia allargato ad altre categorie di lavoratori. E non è escluso che a stretto giro si provveda a semplificare ulteriormente le regole per l'ottenimento del permesso di soggiorno, che per altro viene concesso in assenza di controlli, previsti soltanto in una fase successiva. Ancora una volta, dunque, l'immigrazione diventa uno strumento di lotta politica. Un'arma da usare in una battaglia condotta sulla pelle degli italiani e persino dei migranti.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-bellanova-ha-un-problema-con-i-calcoli-2646167830.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="regolarizzati-con-finti-matrimoni-e-poi-mandati-nei-campi-come-schiavi" data-post-id="2646167830" data-published-at="1591815005" data-use-pagination="False"> Regolarizzati con finti matrimoni. E poi mandati nei campi come schiavi In Calabria sempre la solita storia. Si susseguono le inchieste che disvelano il lato B della presunta accoglienza riservata a chi arriva in Italia dall'Africa o dall'Asia in cerca di un lavoro. La procura di Castrovillari (Cosenza), ieri mattina, ha eseguito sessanta misure cautelari, nell'ambito dell'inchiesta denominata Demetra, che colpisce un giro di caporalato nel Cosentino, con connessioni pure a Matera, in Basilicata. «Ma ste c... di scimmie dove sono?». È una delle intercettazioni choc, contenute nelle carte dell'indagine. «Domani mattina là ci vogliono le scimmie», dice uno degli individui sotto controllo. «E facciamo venire le scimmie, così cerchiamo di finire» risponde un altro indagato. L'operazione scattata all'alba ha visto impegnati oltre 300 finanzieri del Comando Provinciale di Cosenza, con l'ausilio delle Fiamme gialle dei reparti di Catanzaro e Crotone. Gli indiziati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata all'intermediazione illecita, allo sfruttamento del lavoro e al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. I migranti, mentre lavoravano nei campi, a volte avrebbero pure bevuto acqua dei canali scolo per dissetarsi. «No…siccome mi ha telefonato…che ai neri gli mancano un paio di bottiglie di acqua…nel canale, gliele riempiamo nel canale». E questo è un altro dei dialoghi captati che provoca sconcerto. L'attività della Finanza è sfociata all'applicazione di 14 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 38 ordinanze di arresti domiciliari e otto ordinanze di sottoposizione all'obbligo di firma. Sono state sequestrate inoltre 14 aziende agricole, di cui ben 12 in provincia di Matera e due in provincia di Cosenza, per un valore stimato di quasi otto milioni di euro. L'inchiesta nasce da un controllo effettuato dai finanzieri della Tenenza di Montegiordano (Cosenza) al confine con la Basilicata. In un primo momento si procedeva all'identificazione di numerosi soggetti, italiani e stranieri, in particolare, di nazionalità pakistana, magrebina e di Stati dell'Europa dell'Est. Secondo la Procura, oltre 200 braccianti sarebbero stati reclutati e condotti sui campi, in condizioni di sfruttamento, costretti a lavorare in assenza di dispositivi di protezione individuale. Scendendo più nel dettaglio, sono due le presunte associazioni criminali individuate dagli investigatori. Uno dei due gruppi sarebbe stato artefice non solo d'illecito sfruttamento di manodopera, ma anche di un traffico d'immigrazione clandestina. Dietro il pagamento di cospicue somme di denaro, sarebbero stati organizzati matrimoni «di comodo» finalizzati a garantire la permanenza sul territorio italiano di diversi immigrati. I magistrati hanno scoperto che qualcuno degli indiziati, dopo essersi procurato la documentazione necessaria, avrebbe organizzato i matrimoni civili, facendo firmare testimoni ritenuti fittizi. Le unioni finivano, poi, con procedimenti di separazione e divorzio abbastanza veloci. «L'intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, cosiddetto caporalato», scrive il gip senza mezzi termini, «rappresenta una delle nuove forme di utilizzazione illecita della manodopera. In estrema sintesi, il caporale recluta lavoratori da collocare presso diverse aziende utilizzatrici e, per tale attività, percepisce una percentuale della retribuzione spettante ai lavoratori reclutati. Questi ultimi sono soggetti che versano in condizioni di particolare vulnerabilità e, quindi, di sottomissione. La combinazione di tali fattori genera la subordinazione del reclutato, in particolare di quello straniero, e la soggezione a condizioni di sfruttamento».
Jose Mourinho (Getty Images)