2023-03-18
La banca affondava, il trans manager includeva
Philip «Pippa» Bunce (Getty images)
«Pippa» Bunce, nato Philip, alto dirigente di Credit Suisse, mito della propaganda Lgbt, ama travestirsi ed è stato inserito nella lista del «Financial Times» delle prime 100 donne top manager al mondo. Un fatto che ridefinisce il significato della parola «affidabile».seppur nel disprezzo del mondo, seppur nella rovina, seppur nella disgrazia più assoluta, a Wilde mai sarebbe venuto in mente di sostenere che i concetti di «rispettabilità» o «affidabilità» non siano universali, oggettivi e necessari alla vita civile: «La società è il posto in cui si va per mentire, se ognuno dicesse ciò che pensa dove si andrebbe a finire?». Per questo motivo non si pose mai come «paladino dei diritti gay» - cosa che lo avrebbe fatto letteralmente inorridire - semmai avrebbe difeso la possibilità di amare chi si vuole senza dover per questo finire in carcere, ma sempre a condizione di rispettare le regole della convivenza civile, la quale non è «il bene superiore da preservare», come direbbe Alfredo Rocco, ma la necessaria acqua dentro la quale nuotano, respirano e vivono i pesci che si chiamano esseri umani. Ecco perché quando sei un dirigente di vertice di uno dei principali istituti bancari e celebri con tutta l’eco possibile il fatto di essere stato inserito nelle lista del Financial Times delle «prime cento donne top manager al mondo», non perché sei una donna top manager ma perché alcuni giorni vai in giro vestito da donna, sovrapponendo la realtà a Little Britain, allora forse esiste un problema. Stiamo parlando di Philip «Pippa» Bunce, Senior director di Credit Suisse, capo dei Global markets core engineering strategic programs, co-chair del Credit Suisse’s Lgbt ally program, i cui obiettivi dichiarati sono «organizzare attività di diversità e inclusione e produrre risorse educative sull’inclusività lgbt sul posto di lavoro». Non si tratta affatto di una figura di secondo piano, è in Credit Suisse da diciotto anni ed è nel top management dal 2014. Prima si occupava di informatica, sempre in Credit Suisse, con il ruolo di Technical architect. Dal 2000 al 2005 è stato in Goldman Sachs prima come Technical architect e poi come Executive director. Dal 1999 al 2001 era in Ubs, è sposato e ha due figli, esattamente come Oscar Wilde, solo che a differenza del grande scrittore irlandese, Bunce ha la passione del travestitismo ostentato: la rete è piena di sue immagini vestito da donna che ritira premi per l’inclusività, che beve qualcosa in un pub, che passeggia nel parco, che si trucca, che partecipa a conferenze a tema finanziario, sempre vestito e truccato da donna. In pratica ha fatto del suo travestitismo un vero e proprio marchio, una peculiarità, un segno di riconoscimento che gli ha consentito di mettere in pratica numerose iniziative «inclusive» all’interno di Credit Suisse proprio nel periodo in cui questa banca stava facendo investimenti talmente sbagliati da finire a un passo dal baratro, da quel baratro già visto con Lehman Brothers, quel baratro che ha costretto la Banca centrale svizzera a soccorrere Credit Suisse con un piccolo prestito emergenziale di 50 miliardi di franchi. Di certo la colpa del tracollo non è di Philip «Pippa» Bunce ma la sua istrionica figura ci consente alcune riflessioni in questo particolare momento in cui a Silicon Valley Bank negli Usa e Credit Suisse in Svizzera, istituti in procedura di salvataggio perché le perdite sono ingestibili, si va ad aggiungere in queste ore First Republic Bank. E se Silicon Valley Bank era ritenuta da tutti la «woke bank», la banca che ha sostenuto il Black lives matter, la banca che negli ultimi anni ha finanziato ogni startup che proponesse qualsiasi iniziativa riconducibile all’ideologia woke e che qualche giorno prima della procedura di salvataggio ha tenuto, alla presenza della più alta dirigenza, un interessantissimo corso sull’uso dei pronomi no-gender (per chi fosse interessato: i pronomi maggiormente inclusivi sono «ze» e «hir»), con Credit Suisse si tratta del sancta sanctorum delle banche svizzere, di quel mondo che un tempo era considerato il luogo più sicuro, affidabile e serio al mondo, del posto in cui tutti i più ricchi - e spesso anche i più discussi - correvano a depositare le proprie sostanze, certi dell’affidabilità delle banche svizzere. Ecco dunque il cuore della questione: la rispettabilità. Ogni economista ci spiegherà che rispettabilità e affidabilità sono valori determinanti, fondamentali, connessi alla finanza e alla gestione del denaro e che l’uso di soldi della banca per finalità ritenute magari ideologicamente encomiabili ma destinate a perdite economiche prende il nome di «azzardo morale». Fare un investimento non è nient’altro che una manifestazione di concreta fiducia nei confronti di chi lo propone, nei confronti di un’idea, di un progetto, in fin dei conti di una visione del mondo. Ecco, quale visione del mondo proponeva Philip «Pippa» Bunce, il banchiere travestito? Compiva qualche reato? No. Semplicemente cercava con tutte le sue forze, mettendosi in gioco in prima persona - certo magari anche divertendosi un po’ ma non stiamo troppo a sottilizzare - di educare il mondo all’inclusività, di insegnare alle persone che un uomo può benissimo, in certi giorni in cui gli va, vestirsi da donna e comportarsi da donna e ciò non lo rende meno rispettabile. Purtroppo Pippa non ha tenuto conto della spiacevole concretezza della realtà, non ha considerato che, al contrario, travestirsi in pubblico e dichiararsi «donna» quando si è uomini è un oggettivo elemento di inaffidabilità, qualcosa che magari un cantante pop può anche permettersi ma un banchiere no. Sicuramente non se lo permise mai Oscar Wilde per il quale «Il grande vantaggio del giocare col fuoco è che non ci si scotta mai. Sono solo coloro che non sanno giocarci che si bruciano del tutto».
Jose Mourinho (Getty Images)