2024-08-25
L'arresto di Durov peggiora i rapporti tra Russia e occidente
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Il fermo a Parigi del numero uno di Telegram, il canale di messaggistica criptata con 900 milioni di utenti, rischia di incrinare ancora di più le relazioni tra Parigi e Mosca. Il miliardario russo aveva lasciato il suo paese nel 2014, viveva a Dubai e sapeva di essere ricercato in Francia. L’arresto del numero uno di Telegram Pavel Durov in Francia rischia di incrinare ancora di più i già fragili rapporti tra Russia e occidente. Anche perché intorno al mandato di perquisizione da parte degli investigatori francesi, per diverse violazioni sulla piattaforma di messaggistica criptata, circola ancora il massimo riserbo da parte della procura di Parigi. Sono ancora molte le domande che attendono una risposta. Durov era ricercato in Francia, possibile che non avesse tenuto in considerazione le conseguenze di un suo passaggio a Parigi? Per di più l’impatto dell’arresto potrebbe comunque essere devastante a livello internazionale, anche perché su Telegram circolano anche comunicazioni sensibili, soprattutto in questi mesi di guerra in Medio Oriente e in Ucraina. Non a caso la diplomazia ha incominciato subito a muoversi. Nelle ultime ore l’ambasciata russa nella capitale francese ha accusato la Francia di «rifiutarsi di collaborare» dopo l'arresto di Durov, fermato ieri all'aeroporto Le Bourget. «Abbiamo immediatamente chiesto alle autorità francesi di spiegare le ragioni di questa detenzione e abbiamo chiesto che i suoi diritti siano tutelati e che gli sia concesso l'accesso consolare. Finora, la parte francese si rifiuta di collaborare su questa questione», ha affermato l'ambasciata in un comunicato. Accompagnato dalla sua guardia del corpo e dal suo assistente che lo seguono costantemente, il trentanovenne miliardario franco-russo arrivava da Baku (Azerbaijan) e contava di trascorrere una serata a Parigi. A emettere il mandato d’arresto è stata l’Ofmin l'ufficio per la lotta alla violenza sui minori. E’ una sorta di procura che coordina le indagini preliminari per reati che vanno dalla frode al traffico di droga, al cyberstalking, alla criminalità organizzata passando per l'apologia del terrorismo o frode. Durov in pratica sarebbe accusato di non aver agito contro l'uso criminale dei suoi messaggi da parte dei suoi abbonati, in particolare per mancanza di moderazione e di collaborazione con le autorità. «Basta con l'impunità di Telegram », avrebbe spiegato uno degli investigatori, come riferiscono le agenzie internazionali. A quanto pare Durov sapeva di essere ricercato in Francia ma aveva comunque deciso di passare da Parigi. Il canale di messaggistica online e lanciato nel 2013 da Durov e da suo fratello Nikolaï, dove le comunicazioni possono essere crittografate end-to-end e con sede a Dubai, è sempre stato considerato l’opposto di WhatsApp dove i dati vengono sfruttati soprattutto dal punto di vista commerciale. Il numero 1 di Telegram rischia «20 anni...» di carcere, osserva Elon Musk, patron di Ex che definisce i tempi attuali "pericolosi" e si schiera tra i sostenitori dell'hashtag #FreePavel prima di ironizzare sulla posizione della Francia in relazione ai diritti: «Liberté. Liberté! Liberté?». Quindi, risponde con un perentorio '«100%'» a chi afferma che «oggi tocca a Telegram, domani tocca a X». In Russia, dove Telegram è uno dei social network più utilizzati con canali che possono contare diverse centinaia di migliaia di iscritti, la portavoce del Ministero degli Affari Esteri Maria Zakharova ha ricordato che molte Ong internazionali avevano condannato nel 2018 la decisione di un tribunale russo di bloccare Telegram , decisione mai pienamente attuata. «Questa volta faranno appello e chiederanno il rilascio di Durov, o rimarranno in silenzio?», ha chiesto sulla sua pagina Telegram. Durov aveva dichiarato in aprile, in una rara intervista, di aver avuto l'idea di lanciare la messaggistica crittografata dopo aver subito pressioni dalle autorità russe ai tempi di VK, un social network da lui creato per poi rivenderlo. Ha lasciato la Russia nel 2014. Ha detto che ha poi provato a stabilirsi a Berlino, Londra, Singapore e San Francisco prima di scegliere Dubai, di cui ha elogiato l’ambiente imprenditoriale e la “neutralità”. «Penso che stiamo facendo un buon lavoro con Telegram , con 900 milioni di utenti che probabilmente supereranno il miliardo di utenti mensili attivi entro un anno», ha affermato. Nell’emirato del Golfo, Telegram si è sottratta alle regole di moderazione statale, in un momento in cui l’Unione Europea, come gli Stati Uniti, esercitano pressioni sulle grandi piattaforme affinché cancellino contenuti considerati illegali.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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