2020-02-15
Joe Biden ormai è a fine corsa
True
L'ex vicepresidente americano è uscito con le ossa rotte dai primi due appuntamenti elettorali delle attuali primarie democratiche, tenutisi in Iowa e New Hampshire, piazzandosi - rispettivamente - al quarto e al quinto posto. Risultati a dir poco catastrofici per colui che, almeno virtualmente, dovrebbe ancora essere il front runner a livello nazionale (il condizionale è d'obbligo, visto che svariate rilevazioni lo danno ormai sorpassato da Bernie Sanders).Sia chiaro: era improbabile fin dall'inizio che Biden fosse in grado di vincere in Iowa e New Hampshire né avrebbe avuto troppo bisogno di conseguire la vittoria in questi due Stati sotto il profilo della matematica dei delegati. Tuttavia piazzamenti così scarsi hanno messo in allarme il comitato elettorale dell'ex vicepresidente che adesso teme un effetto domino, in grado di mettere definitivamente in crisi la sua corsa verso la nomination.Visti i ben magri risultati che paiono attenderlo al caucus del Nevada, Biden sta puntando adesso tutto sulle primarie del South Carolina: territorio dove spera di ottenere il fondamentale appoggio dell'elettorato afroamericano, per riuscire così a risalire la china. Ciononostante, sebbene sulla carta vada ancora forte tra le minoranze etniche, l'ex vicepresidente sta riscontrando non pochi campanelli d'allarme. Si pensi solo che, stando ad alcune rilevazioni degli ultimi giorni, molti elettori afroamericani si starebbero ormai decidendo ad abbandonarlo per passare a sostenere la candidatura di Mike Bloomberg: quel Mike Bloomberg che entrerà in gara soltanto con il Super Martedì del 3 marzo (quando voteranno numerosi Stati meridionali, che sono notoriamente ricchi di minoranze etniche). Sotto questo aspetto, l'ex vicepresidente è pienamente consapevole del problema. E infatti negli ultimi giorni ha iniziato ad attaccare duramente l'ex sindaco della Grande Mela. Non a caso, giovedì scorso, Biden ha criticato Bloomberg per il suo passato appoggio alle pratiche dello stop and frisk e del redlining: pratiche considerate da molti discriminatorie verso la comunità afroamericana.Si capisce dunque che, al centro, lo scontro tra i due verta oggi principalmente sulla questione delle minoranze etniche, laddove gli altri centristi in gara - Pete Buttigieg e Amy Klobuchar - non risultano troppo ben messi con questa quota elettorale. Si tratta di un problema non di poco conto per Biden che - dovesse perdere l'appoggio di queste galassie - potrebbe riscontrare serie difficoltà in South Carolina: un'eventualità che si rivelerebbe per lui elettoralmente fatale. Anche perché una buona parte del voto moderato bianco è già stata persa da Biden: del resto, l'exploit di Buttigieg in Iowa e New Hampshire sta lì a dimostrarlo. Senza poi trascurare l'ottimo terzo posto conquistato martedì scorso dalla Klobuchar nel Granite State. Anzi, proprio la performance della Klobuchar potrebbe rivelarsi particolarmente insidiosa per Biden. Non è infatti escludibile che gli elettori centristi che non si fidano di Buttigieg abbiano deciso di convogliare il proprio sostegno sulla senatrice del Minnesota anziché sull'ex vicepresidente. Insomma, se è ancora prematuro considerare terminata la corsa di Biden, è altrettanto vero che per lui le cose si stiano mettendo malissimo. Tanto che, sotto certi aspetti, sembra di assistere a quello che fu il declino dell'ex governatore della Florida Jeb Bush nel corso delle primarie repubblicane di quattro anni fa: anche lui candidato dell'establishment, rimediò secche sconfitte in Iowa, New Hampshire e Nevada. Puntò tutto sul South Carolina, salvo poi doversi accontentare di un magro quarto posto. Un quarto posto che lo costrinse a ritirarsi subito dopo dalla corsa.Del resto, non è un mistero che - fin qui - la candidatura di Biden non sia mai decollata. La sua stretta vicinanza all'apparato del Partito democratico e all'establishment di Washington certo non lo ha aiutato. Senza poi trascurare che non sia finora riuscito a presentare un messaggio elettorale netto e chiaro, limitandosi a un centrismo un po' vacuo, condito dall'auspicio di improbabili restaurazioni obamiane. In tutto questo, hanno pesato anche comportamenti opachi del passato (a partire dalla questione ucraina che - come prevedibile - ha finito per colpire più lui di Donald Trump). Infine, non trascuriamo che Biden abbia già alle spalle una storia fallimentare in termini di elezioni presidenziali, visto che è già stato sconfitto alle primarie democratiche del 1988 e del 2008. Lo ripetiamo: è ancora presto per dare l'ex vicepresidente per spacciato. Ma la sua candidatura è oggi seriamente a rischio. Perché, anche dovesse superare lo scoglio del South Carolina, le profonde difficoltà che sta riscontrando mettono in evidenza un fattore fondamentale: la crisi di Biden non è soltanto la crisi di un singolo candidato. È qualcosa di più profondo: è la crisi di un sistema, di un paradigma politico ed economico, che sta ormai tramontando. E che difficilmente riuscirà a tornare in auge tanto presto.
(Totaleu)
«Strumentalizzazione da parte dei giornali». Lo ha dichiarato l'europarlamentare del Carroccio durante un'intervista a margine della sessione plenaria al Parlamento europeo di Strasburgo.