2021-09-25
«James Bond è uno stupratore». L’arcinemico di 007 sono i perbenisti
Il regista del nuovo capitolo della saga ritiene che in uno dei film con Sean Connery l'agente violenti un'infermiera. È l'ultima picconata al personaggio: dopo averlo dipinto «criptogay», lo trasformeranno in femmina di colore. Questa è licenza di uccidere James Bond. Non è vero che cambiando l'ordine dei fattori il prodotto non cambia; qui la rivoluzione è completa e l'eroe maschilista che ha sconfitto la Spectre, il comunismo nucleare, la barbarie guerrafondaia finanziata da Wall Street, il ciondolone dai denti d'acciaio e il perfido Scaramanga non serve più. Neppure come cascamorto lo vogliono, anche perché faceva finta. E perfino la spaziale Barbara Bach (si può ancora dire?) aveva capito che la Lotus anfibia sarebbe stata una sòla. Così in preda alla schizofrenia da cancel culture, Hollywood ha inflitto al damerino tutto caviale e papillon la picconata finale: era uno stupratore di educande.L'accusa è circostanziata ed è un esempio classico di fuoco amico. Arriva dal regista Cary Fukunaga che ha firmato l'attesissimo 25º film della serie, No time to die (mai un guizzo di fantasia nei titoli), in uscita l'8 ottobre, e in un'intervista all'Hollywood Report ha deciso di alzare il tiro del battage pubblicitario accusando il primo, indimenticabile 007: Sean Connery. «Era uno stupratore, alcune scene di vecchi film oggi sarebbero improponibili». Punta il dito soprattutto contro Agente 007, Operazione tuono del 1965 in cui Connery bacia un'infermiera contro la sua volontà e con il ricatto la seduce in una sauna. Capo d'imputazione la frase: «Immagino che il mio silenzio possa avere un prezzo». Secondo Fukunaga non ci sono equivoci di sceneggiatura e anche se non si vede niente, «fondamentalmente violenta una donna».Pur essendo in linea con i tempi della magistratura italiana, l'accusa a 56 anni di distanza manca totalmente di eleganza. Per tre motivi: 1) Connery è morto e non può difendersi, 2) nessuno si è preoccupato di chiedere a Molly Peters, l'attrice-infermiera, se era consenziente, 3) come diceva Luciano De Crescenzo, «eppure è sempre vero anche il contrario». Lette con l'ipersensibilità pelosa di oggi molte altre scene potrebbero essere messe al bando. In Agente 007, Licenza di uccidere lo spappolamento dei ragni giganti che passeggiano sulla faccia di Connery sarebbe da arresto immediato per la crudeltà nei confronti del regno animale. E in tutte le pellicole, dalla prima a quella in uscita, la reiterata richiesta di un drink alcolico «agitato non mescolato» in fondo non è altro che una bieca istigazione ad alzare il gomito. Se cambi la categoria di giudizio, automaticamente cambia la percezione del personaggio; pure Heidi fra le caprette può trasformarsi in un'assatanata ninfomane, cosa regolarmente accaduta in certi comics erotici.Dopo Cristoforo Colombo, Rhett Butler, Woody Allen, Kevin Spacey e Walt Disney, il delirio americano dei campus ha messo nel mirino anche Bond. Poiché bisogna assecondarlo per rimanere dentro la corrente del politically correct sorretta dal conformismo mediatico e da qualche Erinni dem, ecco che l'agente di sua maestà va perdendo poco alla volta i suoi caratteri dominanti da macho old England. In Skyfall ha dovuto regolare i conti con il gender fluid apparendo un criptogay: legato alla solita sedia con davanti il solito cattivo (Javier Bardem) che lo provoca accarezzandolo, il personaggio interpretato da Daniel Craig lascia intendere bollenti esperienze omosessuali e flauta: «Cosa ti fa pensare che sia la mia prima volta?». In No time to die sarà affiancato da una collega altrettanto bondiana e con identica licenza di uccidere, l'attrice di colore Lashana Lynch, lanciata come coprotagonista. Tutto questo in vista del completamento ideologico della staffetta, della chiusura del cerchio della polarizzazione razziale: poiché Craig sembra giustamente stufo del ruolo dopo cinque esibizioni, dal prossimo film Bond dovrebbe chiamarsi Jacqueline ed essere una splendida signora nera. Democrazia salva e tutti felici nel luna park dei diritti universali globali.Tornando all'accusa di stupro indotto nella sauna 56 anni fa, una parola non banale è quella di Barbara Broccoli, la produttrice principale di 007, figlia di quell'Albert che per primo individuò un filone d'oro negli adattamenti cinematografici dei romanzi di Ian Fleming. «Bond è un uomo, un personaggio maschile», ha dichiarato al Guardian. «È stato scritto come un uomo e ritengo che debba rimanere tale, questo è quanto. Non dobbiamo cambiare personaggi maschili in donne ma semplicemente creare più personaggi femminili e rendere le storie adatte a loro». Troppo semplice, troppo intelligente per un ambiente ottusamente radicale come quello della Hollywood attuale, irretita dall'impossibilità di esprimere una qualsivoglia idea critica nei confronti del pensiero unico. Laggiù, dove gli sceneggiatori hanno gli stessi diritti dei servi della gleba (l'overbooking si paga), chi non si allinea non mangia. Gli attori non sono messi meglio. L'ultimo a sollevare il sopracciglio di fronte allo sciocchezzaio è stato Johnny Depp, etichettato come «picchiatore di mogli» dai giornali e immediatamente epurato dalla Warner Bros: «La cancel culture è talmente fuori controllo», ha detto al San Sebastian Film Festival con un gioco di parole «e vi assicuro che nessuno è al sicuro». Basta un'accusa per essere condannati, il processo si celebra sul web e anche James Bond è fritto. Ai maschi etero in crisi d'identità non resta che l'ironia fuori sincrono di Woody Allen: «Certo che da giovane mi piacevano le ragazze. Cosa mi dovevano piacere, le tabelline?».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)