2023-06-13
Italiana Autobus svolta: lascia il cda
Finisce l’era dell’ad Antonio Liguori, ma l’obiettivo è rimediare agli errori della gestione politica con Giuseppe Conte e Luigi Di Maio al governo. Nuovo socio in entrata al posto di Invitalia. Nell’incontro al ministero il 24 maggio scorso, non erano stati solo i sindacati a mostrare dubbi sul futuro di Industria Italiana Autobus (Iia). Anche il governo aveva fatto intendere, tramite il sottosegretario al Ministero delle imprese e del made in Italy Fausta Bergamotto, come ci fosse bisogno di un intervento urgente per salvare la situazione. Dopo neppure 3 settimane la situazione sembra essersi sbloccata. Durante il fine settimana, infatti, dopo l’approvazione del bilancio, si è dimesso tutto il consiglio di amministrazione di Industria Italiana Autobus. Finisce dunque l’era del presidente e amministratore delegato Antonio Liguori che chiude così la sua esperienza al vertice dell’azienda. Che il terremoto potesse essere nell’aria lo si era capito proprio grazie alle parole del sottosegretario Bergamotto che aveva chiesto agli azionisti Leonardo e Invitalia, di «attuare ogni urgente iniziativa per raggiungere gli obiettivi prefissati dal piano industriale, fino a favorire un cambio di passo anche nel segno della discontinuità se necessario». Il forte indebitamento, unito alla difficoltà di rispettare gli ordini, sono due fattori determinanti per la sopravvivenza aziendale. I sindacati avevano più volte espresso dubbi rispetto al management. «In questa fase di annunciata espansione del trasporto pubblico sarebbe imperdonabile perdere un patrimonio industriale nazionale quale è Industria italiana Autobus», scrivevano in una nota congiunta Fim, Fiom, Uilm, Uglm. «Occorre un intervento del Governo per sventare il rischio paradossale di naufragio di una impresa in mano pubblica che lavora per il pubblico e per giunta in un comparto di pubblica utilità». Ora bisognerà attendere il prossimo 24 giugno, quando si riunirà l’assemblea e si conoscerà, oltre al nome del presidente che subentrerà a Liguori, anche il nuovo organigramma societario. A indicarli saranno gli azionisti con il ministero competente, ovvero il Mimit di Adolfo Urso. Nelle prossime settimane forse si saprà qualcosa di più sui possibili nuovi investitori. Dopo l’incontro del 24 maggio era circolata l’ipotesi di un possibile ingresso di Caetanobus, società portoghese, del gruppo Toyota Caetano Portugal e Mitsui & Co. Sarebbero loro i potenziali sostituti di Invitalia, l’azienda controllata da Mef che dopo il 2019 (durante il governo di Giuseppe Conte con Luigi Di Maio al governo) si appresta a uscire dalla compagine societaria. Caetanobus è il più importante produttore di autobus e pullman in Europa. È un’azienda che utilizza tecnologia tanto da essere nel mercato del trasporto elettrico già dagli anni Ottanta. Le sigle sindacali, oltre a rivendicare il cambio di passo più volte richiesto chiedono al più presto un confronto sul futuro dell’azienda: «L’assenza di notizie e di tempi di transizione per arrivare al nuovo assetto del cda e alla nomina del nuovo ad, aggiunge ulteriore preoccupazione ai lavoratori in una situazione già complessa dal punto di vista produttivo e finanziario». Per queste ragioni Fim, Fiom, Uilm e Uglm vogliono «l’immediata convocazione del tavolo di crisi in assenza del quale si metteranno in campo tutte le iniziative di mobilitazione necessarie». Gaetano Altieri, segretario provinciale Uilm spiega di non essere stato sorpreso dalla notizia. «Ma ora ci aspettiamo, così come era stato detto presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy che arrivi un amministratore capace e che quindi la fabbrica possa avere un gruppo dirigente all’altezza della situazione in modo da evitare tutti i ritardi accumulati fino ad ora». Giuseppe Zaolino, segretario provinciale della Fismic se la prende con il vecchio governo Conte. «Liguori ha provato in tutti i modi a rimediare negli ultimi mesi a un disastro che nasce dal passaggio in Irpinia di "Giggino" Di Maio. Credo che pezzi di responsabilità siano nate tre anni fa con una gestione tutta politica, con un marchio evidente». Quello del Movimento 5 Stelle. Ora tocca al governo Meloni rimediare.