
Mentre Boujnah, il presidente transalpino di Euronext (controlla Milano e Parigi) chiede listini ad hoc sulla Difesa in scia all’Eliseo, Consob e Bankitalia completano un’ispezione sull’autonomia di Borsa spa. Verifiche sul rispetto del Golden power.Mentre il presidente di Euronext, Stéphane Boujnah, invocava la nascita di listini ad hoc per finanziare le società della Difesa e faceva capire che l’acronimo Esg era pronto per cambiar pelle - non più attenzione all’ambiente, al sociale e alla governance, ma ad energia, sicurezza e geostrategia - Bankitalia e Consob, come riportato dal quotidiano Milano Finanza, chiudevano un’ispezione su Piazza Affari. L’obiettivo è capire se il listino milanese, dove vengono scambiate azioni, obbligazioni, etf, certificati ecc, abbia una reale autonomia decisionale rispetto alla società che ha sede a Parigi e dalla quale è stata inglobata quattro anni fa.Le due notizie si legano perché da settimane, ma potremmo dire che la contesa non si è mai placata dal 29 aprile del 2021, il giorno in cui Borsa Italiana è entrata ufficialmente a far parte di Euronext, è in corso una polemica sui reali poteri della società italiana dei mercati. E sul fatto che nonostante Euronext (gestisce oltre a Parigi e Milano anche le Borse di Amsterdam, Bruxelles, Lisbona, Dublino, Oslo) abbia un azionariato composito con una partecipazione importante della nostra Cassa Depositi e Prestiti, poi alla fine sempre sugli interessi di Parigi (vedi la smania bellica di Macron) vada a cadere. A tenere alta l’attenzione sulla vicenda è stato soprattutto il responsabile economico di Forza Italia Maurizio Casasco che ha anche presentato un’interpellanza «per porre la questione della centralità della Borsa di Piazza Affari a sostegno dello sviluppo del Paese». Dietro questo titolo si nascondeva l’analisi del piano strategico 2025-2027 «Innovate for Growth 2027», che, secondo il deputato azzurro, potrebbe accentrare alcune funzioni fondamentali in altre piazze finanziarie europee, a discapito di quella italiana.E qui arriviamo alle ispezioni di Consob e Bankitalia che secondo le indiscrezioni riportate dal giornale finanziario sono rivolte anche ad appurare il rischio di delisting degli Etf, che generano transazioni per un valore di 85,5 miliardi di euro. La Borsa Italiana è stata e continua a essere il maggior mercato degli strumenti che replicano l’andamento di un indice azionario, obbligazionario o di un paniere di asset, ma negli ultimi anni l’incremento di costi e commissioni ha portato al delisting verso altre piazze finanziarie. E sembra che la tendenza stia continuando. Da ricordare anche che nella sua interpellanza Casasco evidenziava proprio il problema della vigilanza. «La progressiva migrazione delle funzioni lontano dai territori di riferimento sta ponendo per l’Italia anche un eventuale problema nell’esercizio dei poteri di vigilanza da parte dell’Autorità preposta». Cioè proprio l’attività di Consob e Bankitalia che probabilmente per non trovarsi tagliate fuori hanno accelerato il processo di verifica. E qui va sottolineato che anche i lavoratori di Borsa si erano fatti sentire. Al punto da arrivare al primo sciopero nel giugno del 2024. Per due ore il personale di Borsa italiana e di tutte le società del gruppo - Mts, Cassa di compensazione e garanzia, Montetitoli - aveva incrociato le braccia. Motivo? Lo svuotamento delle competenze di Borsa all’interno di Euronext. Poi la situazione è rientrata. L’accordo sindacale fissava un impegno per la tutela dell’occupazione e raccoglieva molte delle istanze sindacali (Fabi in testa) che chiedevano una struttura dettagliata degli orari di lavoro (tesa a facilitare l’equilibrio con la vita privata) e un aumento medio della retribuzione per le prestazioni svolte oltre l’orario standard. Non solo. Perché era stato concordato un bonus una tantum di 2.000 euro, suddiviso in 1.000 euro in contanti e 1.000 euro in servizi di welfare, e la conferma dell’assistenza sanitaria integrativa con gli stessi importi per i prossimi quattro anni. Placati i lavoratori è evidente però che il tema resta. Tant’è che il governo sta facendo delle verifiche per appurare se le prescrizioni del Golden power siano state rispettate. Anche se secondo il sottosegretario al Mef Sandra Savino a una prima analisi «non emergono evidenze riguardo il trasferimento di funzioni rilevanti da Milano verso altri mercati del gruppo Euronext». A maggio scadono i mandati dei due italiani nel consiglio di amministrazione della holding. Si tratta di Piero Novelli e Alessandra Ferone (ex Cdp ora Open Fiber). E Casasco spinge sul ricambio: «I prossimi nomi devono essere persone competenti e far crescere l’Italia».
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Su un testo riservato appare il nome del partito creato da Grillo. Dietro a questi finanziamenti una vera internazionale di sinistra.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Nel 1937 l’archeologo francese Fernand Benoit fece una scoperta clamorosa. Durante gli scavi archeologici nei pressi dell’acquedotto romano di Arles, la sua città, riportò alla luce un sito straordinario. Lungo un crinale ripido e roccioso, scoprì quello che probabilmente è stato il primo impianto industriale della storia, un complesso che anticipò di oltre un millennio la prima rivoluzione industriale, quella della forza idraulica.
L'articolo contiene una gallery fotografica.
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
Continua a leggereRiduci











