2018-04-03
«Israele manderà i suoi clandestini in Italia»
Lo Stato ebraico firma un accordo con l'Onu per fermare il piano di rimpatrio degli irregolari: 16.000 africani verranno spediti in Occidente. Benjamin Netanyahu: «Reinsediamenti in Canada, Germania e nel Belpaese». Poi dopo le polemiche si tenta la retromarcia. Ma la mezza smentita non convince.Circa 16.000 dei 38.000 immigrati economici clandestini che il governo di Israele è pronto a espellere finiranno in Occidente. Canada, Germania e Italia sono le tre principali destinazioni indicate dal premier israeliano, Benjamin Netanyahu, per una parte dei migranti africani che nei prossimi cinque anni dovranno lasciare Israele in base all'intesa raggiunta con l'Alto commissariato dell'Onu. In pratica stando a Gerusalemme l'Italia (oltre a Canada e Germania) prenderebbe il posto del Ruanda che fino a poche settimane era in trattativa per accogliere i clandestini. Immediata la risposta del governo che smentendo la notizia ne fornisce quella che pare una indiretta conferma. Fonti del ministero dell'Interno hanno spiegato ieri all'Huffington post il dettaglio dell'operazione: «Israele ha raggiunto un accordo con l'Alto commissariato Onu. Sarà quest'ultimo a lanciare una chiamata a tutti i Paesi che vi vorranno aderire per quello che tecnicamente viene chiamato resettlement, una redistribuzione. Ma nessuno è obbligato a farsene carico». Quindi un accordo c'è, ma con le Nazioni Unite. E al momento non include il nostro Paese. «Né sembra», prosegue il sito online, «che lo interesserà nel prossimo futuro. Perché gli uomini di Marco Minniti fanno notare che l'Italia è già in prima linea per l'accoglienza, attraverso i canali umanitari attivati e gli sbarchi che quotidianamente arrivano sulle nostre coste. E indicano nella Libia e nel Niger eventuali Paesi indicati per un eventuale resettlement in direzione dell'Italia, preannunciando un no grazie qualora arrivasse la telefonata da Ginevra», scrive ancora l'Huffpost. Difficile però immaginare che Netanyahu abbia sparato un nome a caso riferendosi all'Italia, anche se ieri sera un portavoce di Gerusalemme ha tenuto a precisare che il nome dell'Italia era solo esplicativo. A mo' di esempio, insomma. A far propendere però per la veridicità delle dichiarazioni è l'intero background dell'operazione. Fino a gennaio lo schema delle espulsioni prevedeva per tutti i 38.000 clandestini un ritorno in Africa. Per eritrei e sudanesi (vista l'impossibilità di accordarsi con i governi d'origine) era stata prevista la dislocazione in nazioni interessate a stringere rapporti economici con Israele. Gli accordi conclusi lo scorso anno in Sudafrica alla presenza di undici capi di Stato avevano consentito di chiudere anche un patto di ferro con Paul Kagame, numero uno del Ruanda. La piccola nazione indicata per accogliere quella parte di espulsi che non avrebbe potuto essere trasferita nei Paesi di origine. Gerusalemme aveva offerto 3.500 dollari a ciascuno dei clandestini. Aveva però bisogno di un luogo fisico dopo finalizzare l'espulsione. Risultato? Israele persegue il rispetto delle leggi e gli espulsi si sarebbero trovati in condizioni concrete e di più facile reintegrazione. A fine gennaio è però partito il fuco di sbarramento da parte delle Ong. Sia quelle locali sia quelle europee. Nel 1991 la compagnia di bandiera israeliana con il supporto del Mossad organizzò l'evacuazione di circa 15.000 ebrei d'Etiopia. In 36 ore i velivoli El Al andarono avanti e indietro da Addis Abeba per portare a termine un'operazione dell'agenzia di intelligence che passò alla storia con il nome in codice Salomone. La settimana scorsa 38.000 immigrati sarebbero dovuti finire di nuovo su velivoli El Al. In direzione opposta. Ovviamente è partita la manfrina delle polemiche e la gogna mediatica che nemmeno tanto implicitamente vuole mettere in contrapposizione la spola aerea del 1991 con quella del 2018 con il chiaro intento di far passare il concetto che un tempo Israele accoglieva mentre ora deporta. Risultato? Le Ong hanno vinto la propria battaglia. La Corte suprema è intervenuta e ha bocciato le destinazioni finali, sostituendo semplicemente la controparte. Dal Ruanda si è passati all'Onu. A questo punto spetterà a quest'ultimo ridistribuire gli immigrati. E decidere quali saranno le Onlus interessate e quanto queste ultime riceveranno in cambio. In pratica, se come sostiene Netanyahu eritrei e sudanesi arriveranno in Italia a guadagnare saranno direttamente le Ong che riceveranno quei fondi destinati originariamente al Ruanda. E non ci riferiamo ai 3.500 dollari che ciascun clandestino incasserà dal governo israeliano, ma ai fondi (gli importi non sono mai stati svelati) che Gerusalemme aveva stanziato per attività economico e di microcredito da sviluppare in loco. Anche nel caso del Ruanda a incassare i fondi sarebbero state numerose Ong. Resta ancora da capire quale sia la posizione dell'Uganda e se quest'ultimo Paese entrerà a far parte della cerchia dell'Onu. Ciò che è chiaro è che Netanyahu ha comunque vinto la propria battaglia. Pare assurdo, piutosto, che la linea politica in Occidente venga dettata dalle Ong e non dai governi in carica.
(Ansa)
Il ministro Guido Crosetto in occasione dell'82°anniversario della difesa di Roma: «A me interessa che gli aiuti a Gaza possano arrivare, le medicine possano arrivare, la vita normale possa riprendere». Nonostante tutto, Crosetto ha ben chiaro come le due guerre più grandi - quella Ucraina e quella a Gaza - possano cessare rapidamente. «Io penso che la decisione di terminare i due conflitti sia nelle mani di due uomini: Putin e Netanyahu».