Isis, Al-Qaeda e altri gruppi sono sempre più attivi. La Nigeria per la prima volta ha superato l’Iraq per attacchi rivendicati.
Isis, Al-Qaeda e altri gruppi sono sempre più attivi. La Nigeria per la prima volta ha superato l’Iraq per attacchi rivendicati.«Annunciamo, con l’aiuto di Dio, l’inizio di una battaglia benedetta per vendicare i due sceicchi Abu Ibrahim Al-Hashimi Al-Qurayshi e Sheikh Al-Muhajir Abu Hamzah Al-Qurayshi» morti lo scorso 3 febbraio 2022. Questo, in sintesi, il messaggio audio diffuso sui canali di riferimento, lo scorso 17 aprile 2022, del nuovo portavoce dell’Isis Abu Omar Al-Muhajir che ha preso la parola dopo che lo scorso 10 marzo 2022 era stato reso noto il nome del terzo califfo dell’Isis, Abu Hasan Al-Hashemi Al-Qurashi. Durante tutto il Ramadan, le due principali organizzazioni terroristiche del pianeta, secondo prassi consolidata, hanno intensificato le loro rispettive produzioni multimediali, come ci conferma Franco Iacch analista strategico: «Il comando centrale di Al-Qaeda, ha diffuso tre messaggi video e un testo scritto di congratulazioni per Eid ul Fitr, la fine del digiuno e del mese sacro per l’Islam. Anche lo Stato islamico ha intensificato la sua produzione multimediale, pubblicando diversi album fotografici realizzati in aree dove rivendica cellule attive. Secondo l’organizzazione terroristica, le foto sarebbero state realizzate nei ribat delle province (wilayat) dell’Africa centrale, dell’Africa occidentale, della Somalia, della Libia e dell’Iraq, della Siria, del Levante, del Sinai, dell’Afghanistan e del Pakistan». Per tornare all’Isis che fino al 7 aprile 2022 ha colpito 524 volte in giro per il mondo, va registrato che la Nigeria (162 attacchi) ha superato persino l’Iraq (120), come emerge dai dati consultabili nella tabella in alto. A tal proposito, la rivista dell’Isis, Al-Naba ha recentemente pubblicato un’infografica che riassume l’attività dell’Isis nel mondo tra il 7 e il 14 aprile 2022: l’Isis ha effettuato 59 attacchi nelle sue varie province del mondo (contro i 45 della settimana precedente). Il maggior numero di attacchi è stato effettuato nella provincia irachena (24); seguono poi l’Africa centrale (14), l’Africa occidentale (11), il Khorasan (5), la Siria (3) e la Somalia (2) per un un totale di 146 persone uccise o ferite negli attacchi (rispetto ai 295 della settimana precedente). Il maggior numero di vittime si è verificato, non a caso, nella provincia dell’Africa centrale (69). Le altre vittime si sono verificate nelle seguenti province: Iraq (31); Africa occidentale (28); Khorasan (Afghanistan, Pakistan) (12); Iraq (16); Siria (4); e Somalia (2). E cosi, mentre sull’Ucraina continuano a cadere le bombe e l’attenzione mediatica è tutta rivolta al conflitto, l’Isis e Al-Qaeda si combattono per la supremazia anche nel continente africano. Se nel sub-continente indiano l’organizzazione di Ayaman Al-Zawahiri riesce a mantenere le posizioni, in Africa soffre il dinamismo delle cellule locali dell’Isis. E questo accade persino in Somalia dove gli Al-Shabaab (affiliati ad Al-Qaeda) che oltre che in Somalia colpiscono anche in Kenya, Etiopia e Uganda, e che solo ieri hanno preso d’assalto una base dell’Unione africana (Ua), devono guardarsi dall’Islamic State in Somalia (Iss, nato nel 2015), che è diventato sempre più audace. Secondo l’Africa center for strategic studies, la violenza dei gruppi militanti islamisti in Burkina Faso, Mali e Niger occidentale è aumentata del 70% nel 2021. Ciò continua un’escalation ininterrotta e la diffusione di eventi violenti nella regione dal 2015. Inizialmente concentrata in Mali, l’attività dei gruppi militanti islamisti si è gradualmente spostata in Burkina Faso, dove ora si verifica il 58% di tutti gli eventi violenti nel Sahel. Dal Burkina Faso, gruppi islamisti militanti hanno preso di mira sempre più i paesi costieri meridionali, tra i quali la Costa d’Avorio, Benin e Togo. Il Benin ha subito nove attacchi attribuiti a gruppi militanti islamici nelle sue aree di confine dal dicembre 2021. Di fatto, la resilienza dei gruppi jihadisti nell’Africa subsahariana può essere spiegata più dal loro sfruttamento delle dinamiche locali che dai tenui collegamenti operativi con il mondo arabo. Infatti, gruppi come Katiba Macina, Aqim, Eigs, Boko Haram, le Adf del Congo orientale, gli Al-Shabaab somali o quelli del Mozambico (legati all’Isis) giustificano le loro azioni a causa del malgoverno e della debolezza degli Stati della regione. In effetti, approfittano anche delle dinamiche economiche, della logica comunitaria e dei confini non presidiati per facilitare il movimento dei combattenti. Delicatissima la situazione in Mozambico e in particolare a Cabo Delgado, la provincia più settentrionale del Mozambico, che subisce attacchi jihadisti da ormai cinque anni senza che il governo centrale sia riuscito a frenare questa ondata di violenza. A proposito della situazione nel Paese, l’africanista Matteo Giusti, appena rientrato da un viaggio in Africa, ci conferma la situazione: «Il gruppo che agisce qui è l’Ahlu Al-Sunnah Wal-Jamaah (Aswj), chiamato anche Al-Shaabab, un gruppo armato di ispirazione salafita con strette connessioni con lo Stato islamico in Africa centrale (Iscap) che agisce in Congo e in tutta la regione dei Grandi laghi. Insieme ai miliziani mozambicani di fede islamica, combattono tanzaniani e ugandesi e questo gruppo colpisce al di qua e al di là del confine con la Tanzania. La marginalizzazione e l’estrema povertà del nord del Paese ha facilitato il reclutamento fra le tribù musulmane dei kimwane e dei makuwa, da sempre escluse dai posti di potere. Negli anni, questo gruppo ha aumentato il suo raggio d’azione riuscendo a conquistare città importanti come Palma o la provincia di Mocimboa do Praia, due zone ricchissime di gas liquefatto dove le compagnie straniere hanno investito molto. Il governo di Maputo, incapace di rispondere all’offensiva jihadista, ha prima ingaggiato mercenari sudafricani e poi il famigerato Wagner group che è stato sconfitto sul territorio. Solo il successivo arrivo di militari dal Ruanda e di una coalizione della Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale guidata dal Sudafrica ha arginato l’avanzata degli islamisti che restano però un pericolo costante».
Maurizio Landini
Dopo i rinnovi da 140 euro lordi in media per 3,5 milioni di lavoratori della Pa, sono in partenza le trattative per il triennio 2025-27. Stanziate già le risorse: a inizio 2026 si può chiudere. Maurizio Landini è rimasto solo ad opporsi.
Sta per finire quella che tra il serio e il faceto nelle stanze di Palazzo Vidoni, ministero della Pa, è stata definita come la settimana delle firme. Lunedì è toccato ai 430.000 dipendenti di Comuni, Regioni e Province che grazie al rinnovo del contratto di categoria vedranno le buste paga gonfiarsi con più di 150 euro lordi al mese. Mercoledì è stata la volta dei lavoratori della scuola, 1 milione e 260.000 lavoratori (850.000 sono docenti) che oltre agli aumenti di cui sopra porteranno a casa arretrati da 1.640 euro per gli insegnanti e 1.400 euro per il personale Ata (amministrativi tecnici e ausiliari). E il giorno prima, in questo caso l’accordo era stato già siglato qualche mese fa, la Uil aveva deciso di sottoscrivere un altro contratto, quello delle funzioni centrali (chi presta opera nei ministeri o nell’Agenzia delle Entrate), circa 180.000 persone, per avere poi la possibilità di sedersi al tavolo dell’integrativo.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Dopo aver predicato il rigore assoluto sulla spesa, ora l’opposizione attacca Giancarlo Giorgetti per una manovra «poco ambiziosa». Ma il ministro la riporta sulla terra: «Quadro internazionale incerto, abbiamo tutelato i redditi medi tenendo i conti in ordine».
Improvvisamente, dopo anni di governi dell’austerity, in cui stringere la cinghia era considerato buono e giusto, la sinistra scopre che il controllo del deficit, il calo dello spread e il minor costo del debito non sono un valore. Così la legge di Bilancio, orientata a un difficile equilibrio tra il superamento della procedura d’infrazione e la distribuzione delle scarse risorse disponibili nei punti nevralgici dell’economia puntando a far scendere il deficit sotto il 3% del Pil, è per l’opposizione una manovra «senza ambizioni». O una strategia per creare un tesoretto da spendere in armi o per la prossima manovra del 2027 quando in ballo ci saranno le elezioni, come rimarcato da Tino Magni di Avs.
Da sinistra, Antonio Laudati e Pasquale Striano. Sotto, Gianluca Savoini e Francesca Immacolata Chaouqui (Ansa)
Pasquale Striano e Antonio Laudati verso il processo. Assieme a tre cronisti di «Domani» risponderanno di accessi abusivi alle banche dati. Carroccio nel mirino: «attenzionati» tutti i protagonisti del Metropol, tranne uno: Gialuca Meranda.
Quando l’ex pm della Procura nazionale antimafia Antonio Laudati aveva sollevato la questione di competenza, chiedendo che l’inchiesta sulla presunta fabbrica dei dossier fosse trasferita da Perugia a Roma, probabilmente la riteneva una mossa destinata a spostare il baricentro del procedimento. Il fascicolo è infatti approdato a Piazzale Clodio, dove la pm Giulia Guccione e il procuratore aggiunto Giuseppe Falco hanno ricostruito la sequenza di accessi alle banche dati ai danni di esponenti di primo piano del mondo della politica, delle istituzioni e non solo. Il trasferimento del fascicolo, però, non ha fermato la corsa dell’inchiesta. E ieri è arrivato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari.
Angelina Jolie a Kherson (foto dai social)
La star di Hollywood visita Kherson ma il bodyguard viene spedito al fronte, fino al contrordine finale. Mosca: «Decine di soldati nemici si sono arresi a Pokrovsk».
Che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, trovi escamotage per mobilitare i cittadini ucraini è risaputo, ma il tentativo di costringere la guardia del corpo di una star hollywoodiana ad arruolarsi sembra la trama di un film. Invece è successo al bodyguard di Angelina Jolie: l’attrice, nota per il suo impegno nel contesto umanitario internazionale, si trovava a Kherson in una delle sue missioni.






