2024-09-23
«L’Ursula bis è un film già visto ma in Aula farà i conti con noi»
Isabella Tovaglieri, eurodeputata leghista
L’eurodeputata leghista Isabella Tovaglieri: «Sulle nomine buon risultato per l’Italia, però alla Transizione c’è una talebana green. Nei temi delicati in Parlamento la maggioranza non sarà solida».Isabella Tovaglieri, parlamentare europeo della Lega Nord, come reputa questa nuova Commissione Von der Leyen?«Mi sembra un film già visto. Abbiamo salutato Timmermans, e ci ritroviamo “Timmermans 2, la vendetta”». Si riferisce a Teresa Ribera Rodriguez, nuovo vicepresidente per la Transizione? Effettivamente ha già dichiarato che porterà avanti con forza il Green deal.«È una talebana dell’ambientalismo, finiremo dalla padella alla brace».Addirittura? «Sono curiosa di sapere come faranno ad applicare la ricetta Draghi, che prevede il rilancio dell’energia atomica come fonte energetica indispensabile per decarbonizzare senza perdere competitività. Vorrei capire come faranno ad accogliere questi consigli, visto che questi signori la pensano in maniera diametralmente opposta. In generale, credo che sia una Commissione in continuità con la precedente». Tuttavia, le competenze sulle materie ambientali sono state spacchettate, sembra esserci qualche bilanciamento. I popolari andranno al traino dei socialisti sui temi più caldi?«Temo che abbiano tutti fatto i conti senza l’oste. Su ogni provvedimento, soprattutto quelli più delicati, dovranno andare in Parlamento a contarsi. Di recente nell’aula di Bruxelles è stata approvata una risoluzione sul Venezuela con i soli voti di centrodestra. È un segnale di fragilità che è destinato a ripetersi. Avere la maggioranza sarà ogni volta una scommessa». Quindi la maggioranza rischia la paralisi? Verranno a bussare alla porta del gruppo dei Patrioti per chiedere appoggio?«Diciamo che i gruppi di maggioranza non potranno più fare i “marchesi del Grillo” come avvenuto in passato. Non potranno più dire “noi siamo noi, e facciamo da soli”. Mi aspetto che sui temi cruciali vengano a Canossa. L’asse che sostiene la Commissione non è così solido, e a seconda dei provvedimenti assisteremo a maggioranze variabili, non sovrapponibili a quella che ha concesso la fiducia a Von der Leyen». In realtà molti sono convinti che sarà il gruppo dei Patrioti a restare isolato… «Magari non saremo determinanti, ma sono convinta che riusciremo ad incidere più dall’opposizione che non entrando in maggioranza, dove certe scelte le avremmo subìte. Von der Leyen dovrà fare i conti con noi».Quindi il gruppo della destra a Bruxelles non voterà a favore della Commissione? «Non ne abbiamo ancora discusso, ma secondo me questa commissione è invotabile. È un’ emanazione della Von der Leyen, sul cui lavoro manteniamo un parere totalmente negativo. Poi, se all’interno delle nuove nomine ci sono persone di valore come Raffaele Fitto, ben vengano. Siamo favorevole che ci sia un uomo del centrodestra in Commissione che porti avanti anche le nostre istanze. Ma per il resto non ho motivo di immaginare che Von der Leyen rinneghi sé stessa». Ci sono speranze di ridiscutere le scadenze circa l’eliminazione dell’automobile termica? «Cito ancora Mario Draghi, che su questo è stato molto chiaro: non ha senso inseguire tecnologie su cui i nostri competitor sono avanti di 20 anni. La scelta di mantenere lo stop alle auto con motore termico nel 2035 è pura follia». Cosa rischiamo?«Sarebbe un suicidio industriale che distruggerebbe la nostra manifattura. Certe scadenze saranno impossibili da rispettare. E poi, oltre ai ragionamenti economici, c’è una pura questione di principio. Si parla sempre di libero mercato, ma imponendo per legge uno stop all’industria, finiremmo per infrangere le regole che disciplinano la sana competitività». Dunque non vede le condizioni per un ripensamento, o un rinvio delle scadenze?«Non mi pare che la nuova Commissione sia consapevole di questa situazione, anche se basterebbe mettere piede fuori dal Palazzo per averne contezza. A pochi chilometri dalla sede della Commissione, a Bruxelles, ci sono gli operai dell’Audi che protestano per i licenziamenti conseguenti alla conversione all’elettrico. Basterebbe ascoltarli, calarsi nella quotidianità delle persone, una cosa che i burocrati di Bruxelles non hanno mai voluto fare». Pensa che l’Italia sia uscita mortificata da queste nomine? «Credo che l’Italia sia riuscita ad ottenere un buon risultato, del resto siamo un Paese che sul Pnrr ha mantenuto le promesse e rispettato i tempi. Di fronte a un esempio così virtuoso penso che mortificare il nostro Paese sulle nomine sarebbe stato inaccettabile». La risoluzione approvata a Strasburgo invita gli Stati membri dell’Unione a permettere all’Ucraina di colpire «obiettivi militari legittimi in territorio russo» con le proprie armi. Il centrodestra si è opposto. «L’Ucraina ha il diritto di difendersi, però non possiamo innescare una escalation che potrebbe portare all’estensione del conflitto anche ad altri Paesi. L’Italia è il Paese che più di ogni altro sta pagando le conseguenze economiche di questa guerra, e per aiutare l’Ucraina non possiamo indebolirci troppo». La sinistra proprio su questo tema si è drammaticamente spaccata. «Trovo ipocrita da parte della sinistra chiedere il cessate il fuoco a Gaza, per poi consentire a Kiev di attaccare in territorio russo. Preferiamo la coerenza di una pace che va perseguita ovunque. Difendiamo Ucraina e Israele, ma facciamo attenzione alle fughe in avanti, affinché la situazione non sfugga di mano». All’immigrazione arriva l’austriaco Magnus Brunner, che ha la nomea di falco. «È solo sulla gestione dell’immigrazione che non mi sento di essere sovranista. Si tratta di una competenza europea, l’Europa deve sentirsi responsabile. Vedo che molti Paesi, presi dalla disperazione, vorrebbero imitare l’Olanda, che chiede deroghe sulle regole. La Svezia, uno dei modelli della sinistra, offre 34.000 dollari ad ogni migrante che volontariamente decide di partire per tornare nel proprio Paese d’origine. L’immigrazione, sia quella clandestina che regolare, è un problema serio, che non può essere affrontato in maniera ideologica». Ilaria Salis ha iniziato il suo «tour antifascista» in giro per l’Italia, patrocinata dal gruppo europeo Left. L’ha già conosciuta, nell’emiciclo di Strasburgo? «Ci siamo incrociati, ma non ho avuto il piacere di confrontarmi con lei. Credo rappresenti la summa dell’ipocrisia di sinistra, che è sempre alla disperata ricerca di eroi di passaggio. È una meteora destinata a spegnersi». Salis ha detto che il carcere è una istituzione «razzista e classista». Nessuna solidarietà per Matteo Salvini sul caso Open Arms. «La sinistra vorrebbe svuotare le carceri per metterci solo Salvini, in quanto bianco e italiano. Solo in quel momento, ai loro occhi, il carcere diventerebbe un luogo buono e giusto». Salis ha anche detto che «il problema non è Salvini in prigione, ma i 30.000 morti in mare». «Condivido, e infatti con i decreti sicurezza di Salvini sono diminuiti sia gli sbarchi che i morti. O si lavora tutti per ridurre le partenze dai porti di provenienza, oppure ci culleremo all’infinito nella falsa illusione dell’accoglienza indiscriminata. Continuo a pensare che chi promuove il principio dell’“accogliamoli tutti” abbia una significativa parte di responsabilità per i morti in mare». Il giro di vite del governo sugli occupanti di case non è un modo per aggirare il problema abitativo? Chi occupa, appoggiato da alcuni gruppi di sinistra, punta il dito contro le istituzioni che lasciano le case sfitte. «Le occupazioni abusive sono una piaga sociale. Ho assistito personalmente allo sgombero di una casa popolare che era stata occupata da una famiglia rom. Avevano diritto ad entrare in graduatoria per una collocazione regolare, eppure si sono rifiutati, perché poi sarebbero stati costretti a pagare le utenze». Ma è vero che gli occupanti prendono di mira soltanto case vuote e fatiscenti?«Non è sempre così, e in ogni caso se gli alloggi popolari non sono agibili è perché ci sono problemi di sicurezza che non consentono l’abitabilità. L’emergenza abitativa è un tema complesso che va affrontato seriamente, non possiamo consentire che diventi un Far West. A chi parla di giustizia sociale rispondo che in un Paese civile non ci si fa giustizia da soli. Lo Stato deve mantenere il pugno di ferro sulle case occupate: non possiamo far passare il messaggio che i cittadini onesti siano gli unici fessi della situazione».
Luciana Littizzetto (Getty Images)
Hartmut Rosa (Getty Images)
Luca Palamara (Getty Images)