2025-06-14
I Pasdaran aprono «le porte degli inferi». E sul Paese nemico piovono 150 missili
Missili iraniani su Tel Aviv (Getty Images)
Il capo delle forze armate: «Il regime sionista è criminale». Per contrastare gli attacchi multipli intervengono gli Usa.Numerose e violentissime esplosioni hanno segnato la serata di ieri a Tel Aviv, dove si è levata una gigantesca colonna di fumo in centro. I palazzi hanno tremato per le esplosioni. È stato questo il segno più evidente, ripreso dai media, della risposta iraniana all’attacco di Israele, che si è concretizzata con il lancio di oltre 150 missili su tutto il territorio nemico. Una risposta poderosa dopo la timida vendetta del pomeriggio: un centinaio di droni, tutti intercettati, e un missile dallo Yemen. Gerusalemme aveva comunque previsto tutto, come avevano detto le autorità militari alla popolazione: «Il sistema di difesa sta operando. L’Idf avvisa la popolazione di stare nei rifugi». In tarda serata è arrivato anche l’annuncio dell’abbattimento di due jet israeliani e dell’arresto di una pilota. Dettaglio poi smentito da Gerusalemme. Mentre Washington ha fatto sapere di essere al fianco dell’alleato per respingere la controffensiva, mentre era in arrivo la terza ondata dei raid dei Pasdaran.L’attacco a sorpresa di Israele d’altra parte era stata una ferita profonda per gli iraniani. Colpiti i siti nucleari, uccisi alcuni degli uomini più influenti del regime. Almeno sei scienziati del programma nucleare sono stati eliminati, fra i quali Mohammad Mehdi Tehranchi e Fereydoon Abbasi, rispettivamente fisico teorico e capo dell’Organizzazione per la proliferazione dell’energia atomica. Si tratta dei due più eminenti studiosi del Paese, sostituirli sarà molto complicato ed è possibile che si facciano arrivare elementi dall’estero, probabilmente dalla Corea del Nord. Un altro degli obiettivi primari era il generale Hossein Salami, comandante supremo dei pasdaran, un uomo che appariva molto spesso in televisione lanciando maledizioni. Il generale Mohammad Hossein Bagheri, ucciso nella sua abitazione, era l’artefice della modernizzazione delle forze armate iraniane. Con loro è stato spazzato via anche Mohammad Ali Jafari, ex comandante dei pasdaran, a lungo consigliere politico e militare di Assad in Siria. Morto in ospedale per le terribili ferite subite anche il consigliere politico della guida suprema Ali Shamkhani, colui che dettava l’agenda internazionale di Teheran. Centrato anche il comandante della Forza Quds, l’unità d’élite dei Pasdaran, il generale Esmail Qaani. L’ayatollah Ali Khamenei ha nominato subito dei sostituti, ma la vecchia guardia è stata eliminata, mettendo in crisi tutte le catene di comando. Il generale Abdolrahim Mousavi è diventato capo delle forze armate prendendo il posto di Bagheri, mentre il generale Mohammad Pakpour avrà il compito di coordinare i Pasdaran. «Il regime sionista ha commesso un crimine atroce smascherando la sua natura malvagia colpendo zone residenziali», aveva dichiarato in televisione Khamenei, livido in faccia, «ora lo attende una severa punizione e la potente mano delle forze armate iraniane non li lascerà senza risposta. Diversi nostri comandanti e scienziati sono stati uccisi, ma i loro successori proseguiranno la loro missione, Questo è un crimine contro il popolo iraniano che non potrà passare indenne, le forze armate iraniani reagiranno e renderanno infelice il regime sionista». Il presidente della Repubblica, Massoud Pezechkian, ha ricordato che gli iraniani non hanno mai iniziato una guerra negli ultimi duecento anni, ma che non esiteranno a difendere la loro terra natale. In una telefonata con il presidente russo, Vladimir Putin, il presidente iraniano ha assicurato che l’Iran «non cercherà mai di dotarsi dell’arma nucleare». Sicuramente più duro il generale Moussavi, sostituto di Bagheri, che ha dichiarato che «la bandiera issata con il sangue dei martiri non cadrà. Il sangue dei martiri non rimarrà al suolo». Mohammed Javad Zarif, negoziatore dell’accordo sul nucleare iraniano del 2015 che potrebbe tornare a lavorare al programma, fa appello all’antico passato del Paese asiatico: «L’Iran resterà orgogliosamente in piedi come ha fatto negli ultimi millenni». Intanto, nel Paese, è stato bloccato internet. La distruzione del cosiddetto asse della resistenza ha fortemente sminuito il suo prestigio internazionale, dopo la fine del regime di Assad in Siria, la decapitazione dei vertici di Hezbollah e la distruzione di Hamas, con i soli Houthi ancora attivi. Dopo il 7 ottobre, dove il regime degli ayatollah era stato di fatto il regista occulto di un’offensiva mortale, il prestigio iraniano non aveva fatto che crescere, con Teheran che si imponeva come potenza regionale a discapito di Egitto, Arabia Saudita e Turchia. «Le sconfitte militari sono spesso la rottura decisiva per i regimi totalitari», spiega Shanin Gobadi, portavoce del Consiglio nazionale della resistenza, l’ala politica dei Mujahidin del popolo, «e questa umiliazione subita da Israele dimostra che il regime oscurantista iraniano non ha la forza di difendere il popolo. Noi condanniamo con forza questo attacco vergognoso che ha colpito la popolazione civile, ma gli ayatollah sono la causa di questo, perché in realtà sono deboli e vogliono mostrarsi forti. I giovani non vogliono più sottostare alla dittatura religiosa e cominciano a disertare. Il regime tiene il Paese con il terrore, bloccando l’accesso a Internet e reprimendo ogni libertà, tutti segni che la fine è prossima». La più importante forza militare iraniana non è l’esercito regolare, ma i Pasdaran, formato da circa 200.000 uomini, che risponde direttamente all’ayatollah Ali Khamenei ed è affiancato dalla milizia religiosa basij, composta da due milioni di volontari. Dispongono di una sezione di spionaggio chiamata Forza Quds, che coordina le milizie all’estero, ma il suo comandante generale Qassem Soleimani è stato ucciso dagli Stati Uniti in un attacco di droni in Iraq nel 2020. I pasdaran hanno forze terresti, aeree e navali e l’arsenale missilistico più grande della regione. E ora, come hanno promesso, sono pronti ad aprire «le porte dell’Inferno».
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Nel libro postumo Nobody’s Girl, Virginia Giuffre descrive la rete di abusi orchestrata da Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell e ripercorre gli incontri sessuali con il principe Andrea, confermando accuse già oggetto di cause e accordi extragiudiziali.