
Emmanuel Macron ha ordinato di silenziare le notizie di un attentato iraniano in Francia, ultimo tentativo di insabbiamenti pro Teheran. Ma sul nucleare Roma potrebbe inserirsi nel braccio di ferro tra l'asse francotedesco favorevole al regime degli ayatollah e Donald Trump.Nonostante i Pasdaran iraniani continuino a sequestrare petroliere nel Golfo Persico per alzare il livello dello scontro con le potenze occidentali, la Francia di Emmanuel Macron continua a sperare di salvare l'intesa sul nucleare con il regime degli ayatollah diventata poco più che carta straccia dopo la decisione degli Stati Uniti di Donald Trump di recedere dall'accordo. Macron è pronto a tutto. Anche a chiedere, nel corso di un Consiglio di difesa tenutosi lo scorso giugno, ai propri servizi segreti di mettere a tacere le voci di «terrorismo di Stato» iraniano su suolo francese. Obiettivo: facilitare il dialogo con la Repubblica islamica. E per raggiungerlo Macron avrebbe chiesto, secondo quanto riportato dal quotidiano francese Le Monde, di mettere sottocoperta le circostanze dell'attentato sventato sabato il 30 giugno 2018 a Villepinte, nella periferia nordorientale della capitale francese, in occasione di una conferenza organizzata dai mujaheddin del popolo iraniano, organizzazione che da anni si batte contro il regime di Teheran, che in passato ha usato anche il terrore ma che gode di buone sponde in Arabia Saudita. E pure negli Stati Uniti. Basti pensare che tra i tanti partecipanti alla manifestazione, molti dei quali dissidenti iraniani, c'era anche Rudolph Giuliani, ex sindaco di New York oggi consigliere legale del presidente Trump. L'attentato fu sventato grazie alle informazioni condivise dal Mossad, l'intelligence israeliana, che informò i colleghi francesi e belgi. Questi ultimi avevano arrestato quel 30 giugno a Bruxelles due cittadini d'origine iraniana, Amir Sadouni e Nasimeh Naami, fermati a bordo di una Mercedes con mezzo chilogrammo di Madre di Satana, un esplosivo rudimentale, e un detonatore nascosto dentro un portatrucco. La loro destinazione: Villepinte. Arrestato poco dopo dalla polizia tedesca, in Bassa Baviera, il diplomatico iraniano Assadollah Assadi, distaccato a Vienna dal 2014 e ritenuto il coordinatore della coppia. Come ha spiegato Le Monde una fonte dell'intelligence francese, «avrebbero potuto fare una carneficina».Il regime iraniano ha sempre bollato il caso come false flag per mettere in difficoltà il presidente Hassan Rouhani, atteso poche ore dopo in Austria e Svizzera. Ma lo Shin Bet, il servizio segreto interno israeliano, aveva consigliato all'ex premier Ehud Barak, in quei giorni a Parigi, di prestare particolare attenzione. E pochi giorni dopo gli arresti in Belgio e Germania, i Paesi Bassi avevano annunciato l'espulsione di due membri dello staff della rappresentanza diplomatica iraniana. Nessuna spiegazione, ma molti hanno ripensato a quanto rivelato dal Corriere della Sera pochi mesi prima: il possibile coinvolgimento degli 007 iraniani nell'eliminazione di dissidenti sul territorio olandese, casi tenuti «sotto la coperta». Lo stesso ha fatto poche settimane più tardi, e pare per le stesse ragioni, la Danimarca. A sospettare recentemente di attività delle spie khomeiniste sul proprio territorio anche Germania e Albania. Non vanno dimenticati, tuttavia, altri insabbiamenti pro Iran, quelli degli Usa ai tempi di Barack Obama e del Regno Unito di David Cameron: entrambi i governi si impegnarono per evitare la diffusione di alcune scoperte circa i traffici illeciti di Hezbollah, il gruppo terroristico libanese alleato di Teheran. Temevano di irritare l'Iran e di mandare così all'aria l'intesa sul nucleare. Ma occhio al tempismo della rilevazione di Le Monde: poche ore dopo la telefonata con cui Macron ha spiegato a Rouhani di essere contrario alle sanzioni Usa, a favore del diritto del regime degli ayatollah di proteggere lo Stretto di Hormuz. Inoltre, il presidente francese ha promesso che sarà presto a Teheran. Le manovre di Macron sull'attentato fallito nel 2018 e quelle contro la coalizione internazionale nel Golfo Persico hanno rappresentato il perfetto assist per Teheran. E ieri, proprio dopo che le autorità iraniane avevano annunciato il nuovo sequestro di una petroliera da parte dei Pasdaran nello Stretto, ha parlato il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif. Commentando le difficoltà degli Stati Uniti a formare una coalizione internazionale, il capo della diplomazia di Teheran ha sostenuto che gli alleati di Washington «hanno vergogna di partecipare». Non è servito citare Francia e Germania: il riferimento è stato chiaro a tutti.E se Parigi e Berlino continuano a rifiutare gli inviti di Londra e Washington, non si capisce, invece, cosa voglia fare Roma. La diplomazia italiana spinge per la de-escalation, convinta che sia il passaggio necessario prima che Trump si sieda al tavolo delle trattative con Rouhani per rinegoziare l'intesa trovata nel 2015 dal predecessore Obama (ritirarsi dagli accordi per riscriverli, una tecnica già utilizzata dal presidente). L'Italia potrebbe diventare l'ago della bilancia nel Golfo ma non sembra intenzionata a mettere a disposizione le sue navi. Così facendo però rischia di irritare ancora di più gli Stati Uniti, già infastiditi dalla storia, raccontata anche dalla Verità, di Mahan Air, la compagnia aerea iraniana usata anche dai Pasdaran con fini terroristici e sanzionata dagli Usa, che da inizio luglio ha aumentato i voli che collegano l'Iran all'Italia nonostante gli avvertimenti di Washington a Roma.
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