2024-12-09
«Non indeboliremo la figura del padre»
Giuseppe Valditara (Imagoeconomica)
Il ministro Giuseppe Valditara spiega la collaborazione con la fondazione di Gino Cecchettin: «Il patriarcato non c’entra, combatteremo il machismo insegnando in classe la cultura del rispetto. I genitori devono tornare a dire dei “no” ai loro figli».Ministro Giuseppe Valditara, in settimana ha annunciato una collaborazione con Gino Cecchettin e la sua fondazione. Dopo le tensioni iniziali sembra che abbiate trovato un accordo. «Innanzitutto voglio dire che non c’è stata mai tensione fra me e Gino Cecchettin, tant’è vero che ho apprezzato il grande equilibrio con cui lui ha commentato il mio intervento, dicendo che condivideva alcune mie affermazioni e su altre avrebbe voluto confrontarsi con me. Ci siamo visti e abbiamo individuato una comune e forte volontà di lottare insieme contro la violenza sulle donne. Il tema dei femminicidi è un tema che deve essere affrontato a 360 gradi e che richiede un impegno forte. È questo l’argomento che è stato oggetto del nostro incontro. Arriveremo ad un protocollo che sarà probabilmente firmato all’inizio del prossimo anno, quindi già a gennaio». Che tipo di azioni pensate di mettere in campo? «La violenza contro le donne - e anche Gino Cecchettin concordava pienamente - si sconfigge diffondendo innanzitutto la cultura del rispetto». E come pensate di diffonderla? «Le nuove Linee guida sull’educazione civica prevedono una importante novità: abbiamo inserito l’educazione al rispetto, e in specie l’educazione al rispetto verso le donne, tra gli obiettivi di apprendimento: come si apprende Leopardi o come si apprendono i logaritmi, all’interno dei curricula gli studenti dovranno imparare l’educazione al rispetto verso le donne. Dobbiamo arricchire queste indicazioni programmatiche, offrire ai docenti una formazione adeguata su queste tematiche, prevedere un monitoraggio di questo nuovo percorso sui risultati ottenuti. Stiamo predisponendo una serie di iniziative che saranno inserite nel protocollo che firmeremo con la Fondazione e che renderanno sempre più concreta quella forte innovazione che per la prima volta in Italia prevede obbligatoriamente, all’interno dell’educazione civica, l’educazione al rispetto e in specie al rispetto verso la donna».Possiamo dire però che sulla questione del patriarcato non ha cambiato idea rispetto al suo intervento di qualche giorno fa? «Patriarcato allude ad un regime giuridico e ad una organizzazione sociale incentrati sul riconoscimento del superiore potere di comando del padre. La riforma del 1975 ha opportunamente sostituito alla famiglia fondata sulla gerarchia la famiglia fondata sulla parità. È poi evidente a tutti che oggi la figura del padre, come ahimè anche quella della madre, è assai sbiadita. Attaccare ulteriormente la figura dei genitori, del padre come della madre, non penso sia affatto opportuno. Salvo non si voglia distruggere la famiglia. Semmai dobbiamo ridare autorevolezza ad entrambi i genitori. E i genitori devono tornare a dire dei “no” ai propri figli. I femminicidi e le violenze sessuali dipendono anche dalla grave immaturità di chi non sa sopportare i “no”. Come ho detto in più occasioni, il vero problema è il maschilismo, o meglio il “machismo” che è sinonimo di prepotenza, prevaricazione, che considera la donna un oggetto, che la considera come una persona di minore dignità. È contro questa concezione culturale che dobbiamo lottare duramente. È questa la vera grande battaglia che noi dobbiamo fare: combattere contro ogni forma di violenza sulla donna, contro ogni forma di discriminazione, a iniziare da quelle che avvengono sul posto di lavoro, combattere a 360 gradi nella consapevolezza che il femminicidio è la punta di un iceberg: dobbiamo sciogliere l’iceberg. La lotta per la sicurezza, la libertà e la dignità di ogni donna deve essere al centro delle politiche pubbliche».Visto che ha citato la dignità sul lavoro, parliamo di questo. Con la riforma del 4+2 avete immaginato un inserimento più rapido nel mondo delle professioni. Come funziona questa riforma? «Qui noi dobbiamo sfatare un pregiudizio, e cioè che la scuola non debba essere collegata con il mondo dell’impresa. È un pregiudizio che appartiene a una certa visione ideologica, e la riforma del 4+2 mira a dare all’istruzione tecnico-professionale una dignità di percorso formativo di serie A. È una riforma importante che punta sulla qualità dei nuovi programmi, piuttosto che sulla quantità, che punta sul collegamento “in filiera” fra formazione tecnico-professionale e Its, l’istruzione tecnologica superiore. È questa una novità che ci viene riconosciuta anche all’estero, che rende più moderno il nostro sistema, anche rispetto a quello tedesco e a quello svizzero, che pure sono tradizionalmente all’avanguardia sul tema dell’istruzione tecnica. E poi ci sono: il collegamento con il mondo dell’impresa, i campus, la centralità dell’alternanza scuola-lavoro, il fatto che gli imprenditori, i manager e i dirigenti possano insegnare all’interno delle scuole. E ancora l’internazionalizzazione, le cosiddette soft skills, ma anche il potenziamento di italiano, matematica, inglese, dal momento che gli istituti tecnico-professionali sono, secondo i risultati di Invalsi, penalizzati rispetto ai licei».Che risultati pensa di ottenere?«È evidente che con una riforma di questo tipo noi miriamo a ridurre quel mismatch, quel disallineamento tra la domanda di posti di lavoro da parte delle imprese e l’offerta del nostro sistema scolastico. Pensi che Unioncamere ha stimato che nel 2027 il 47% dei posti di lavoro non verrà coperto per assenza di qualifiche corrispondenti alle richieste: è evidente che dobbiamo affrontare questo problema. Altrimenti i nostri giovani perderanno offerte di lavoro importanti, fra l’altro anche molto ben retribuite, e il nostro sistema imprenditoriale perderà competitività». Prima che lei diventasse ministro, tuttavia, l’alternanza scuola-lavoro ha dato problemi. È morto un ragazzo. «Nel 2023 abbiamo approvato una legge molto importante sulla sicurezza nell’alternanza scuola-lavoro, questa legge prende spunto proprio da un fatto tragico accaduto nel gennaio 2022. La morte di Lorenzo ci ha spinto ad approvare una legge organica che introduce una serie di misure molto significative».Ad esempio? «Per esempio il fatto che per accedere ai percorsi di alternanza scuola-lavoro, le aziende oltre a dover essere inserite in un apposito registro devono ora rispettare vari requisiti piuttosto rigorosi. Il fatto che il percorso dell’alternanza scuola-lavoro deve essere coerente con il piano dell’offerta formativa e quindi con il percorso scolastico del giovane. Poi è prevista una serie di controlli e di buone pratiche. Credo che con queste norme abbiamo reso ulteriormente sicura l’alternanza scuola-lavoro. Fra l’altro abbiamo inserito nell’educazione civica la cultura della sicurezza, quindi si insegnerà anche nelle scuole. Insomma si è fatto quello che altri governi non avevano mai realizzato».Non si rischia però di mettere la scuola al servizio dell’impresa in modo eccessivo? «Ma no, qua non c’è alcuna subordinazione… Quando racconto ai miei colleghi statunitensi, tedeschi, peruviani, francesi, turchi, brasiliani che in Italia c’è ancora qualcuno che ha paura di questo rapporto fra scuola e mondo dell’impresa si mettono a ridere. Quello di cui parlo è un reciproco arricchimento. È evidente che i ragazzi e le ragazze - oltre a sviluppare un percorso di natura culturale che li porterà ad acquisire determinate competenze per diventare cittadini liberi, maturi, responsabili - avranno dalla scuola gli strumenti per un inserimento efficace e rapido nel mondo del lavoro, fondamentale soprattutto per quel che riguarda l’istruzione tecnico-professionale. Se non c’è questa contaminazione, questa collaborazione, la preparazione è teorica e quindi rende più problematico l’inserimento e il successo professionale». Nei giorni scorsi lei ha firmato un memorandum con l’Algeria. Di che si tratta? «È un memorandum che replica quelli che avevamo già fatto con Etiopia, Egitto e Tunisia. Questo memorandum fra l’altro prevede la costituzione di commissioni congiunte per studiare la nostra riforma dell’istruzione tecnico-professionale, che è stata giudicata molto interessante. Prevede anche attività di formazione, il potenziamento dell'insegnamento della lingua italiana in Algeria, e quindi la diffusione della nostra cultura. Non solo: andremo a esportare gli istituti tecnologici superiori, i cosiddetti Its, ma anche in prospettiva alcuni percorsi tecnico-professionali. Lo scopo è formare tecnici specializzati che sono particolarmente richiesti dal sistema produttivo algerino. Ma che sono anche straordinariamente richiesti dalle nostre imprese che operano in quelle realtà: si favoriscono dunque gli investimenti italiani, perché laddove c’è una manodopera specializzata, coerente con le necessità del nostro sistema imprenditoriale, l’impresa italiana rafforza la propria presenza strategica sui mercati internazionali».
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)